Stefy, Intrigo Generazionale
L’Autrice
La Musa
questa Porkeriola è la storia vissuta da una bella ragazza che ha voluto teneramente raccontarmela nella più sensuali delle condizioni: dopo aver gioito dell’Amore
Dell’incontro che ho avuto con Lei, potete leggerne la cronaca nello spazio che riservo alla Musa di ogni racconto. In questo caso Stefy. A cui dedico la prosa della sua narrazione, pur se sfinita dalle fantasiose girandole di godimento che ho ricevuto nel corso del suo raccontare
Vincitrice del Premio Saffo Terzo Millennio, XIX edizione, 2019, Flavia Marchetti dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard Ltd – København
©FlaviaMarchetti 2021
Che giornata pazzesca era stata per lei quel dì di festa… Per dirla come l’avrebbe verseggiata il Leopardi, poeta…
Adesso ci si metteva anche Francesca…. la sua sorellona maggiore: 4 anni più vecchia…. Con incalzante morbosità voleva sapere come s’era svolto il pomeriggio nella tana del lupo…
<È proprio vero che quando sente odore di Figa, non capisca più niente, finché non sente sbrodolarle questa nella sua bocca? La libido non le dà pace.> Questo era quanto Francesca pensava di Rina, la mamma di Milena.
Mi rendo però conto che così, il mio narrare sia incomprensibile. Faccio, allora, un po’ d’ordine:
Mi riferisco a Stefy, la mia attuale Musa, quando ebbe l’avventura di incontrare il mondo lesbico.
Lei me la racconta così:
La vicina di banco
Con Milena, più che amiche eravamo brave compagne di banco. Di Lei e di sua mamma sapevo quanto si diceva in Paese: qualche aneddoto piccante ma anche improbabile. Difficile da prendere sul serio.
Io e Lei eravamo abbastanza riservate. Non ci si confidava sulla nostra vita privata. Per cui mi aveva sorpreso che mi invitasse a pranzo, a casa sua, il giorno del suo 16° compleanno:
<Mamma è molto brava ai fornelli. Per il mio compleanno poi… Si esibisce sempre nei migliori piatti che propone al ristorante.>
È così che avevo imparato che mamma sua era lo chef del Dolce Notte, prestigioso ristorante stellato, vanto della Città.
Avevo pure imparato che Lei e mamma vivono sole e un papà non l’aveva mai avuto. Chiacchierando, le avevo chiesto se avrei conosciuto qualche ipotetico spasimante. Non rispondendo alla domanda, mi aveva fatto capire che saremmo state solo io, lei e Rina, la mamma, nella loro casa nei pressi del Caffè Meletti.
Accetto.
Appena uscita, mi ero procurata un presente per Milena. Un bouquet di fiori per mamma sua.
La casa dimostrava di essere abitata da gente a cui non mancava nulla. La stessa Milena, volendo mostrarmi il regalo di compleanno: si era intappata con il più elegante dei suoi abbigliamenti… Quello con un ridondante decolté, che, sicuramente meglio, si prestava ad esibire il prezioso collier, dono della nonna. Avevo così potuto prendere atto di avere per vicina di banco una strafiga con un apparato di culo e tette, degne di una top model.
“Chissà chi se la scopa? Che sia ancora vergine?” Sarebbe un quesito che mi frulla. Finisce che glielo chiedo. La risposta, con il volto arrossato, non soddisfa la mia curiosità:
<Più o meno.>
Sarei per approfondire, ma è il momento in cui si era presentatala mamma. La signora Rina. Per cui il pruriginoso quesito andrebbe riproposto anche per la genitrice che esprimeva, con l’ondeggiar del culo, una provocante carica di sensualità.
Avevo guardato con ammirazione questa affascinante 35enne.
A quell’età la mia malizia era esclusivamente indirizzata a quanto una ragazza poteva suscitare in un uomo.
Il pranzo era stato raffinatissimo. L’atmosfera brillante. Simpatica. Avrei potuto dire che con loro stavo proprio bene. Tanto che, quando Milena mi aveva chiesto di stare con lei quel pomeriggio, avevo detto <Sì>. Guadagnando un gioioso abbraccio e un affettuoso bacetto s’una guancia.
<Così ti faccio vedere le mie cose. Ascoltare le musiche che ho. I video…>
Il telefono di mamma Rina aveva trillato.
<Questo ristorante mi fa impazzire… Se ce la faccio, torno prima che inizi il turno della cena.> Se n’era andata.
Uscita di scena mamma, Milena mi aveva presa la mano per condurmi nella sua stanza… Le due donne vivevano in un appartamento vasto, con tante stanze.
Avevo sentito la mano di Milena calda. Glielo avevo detto.
<Calda come il mio cuore. Era tanto che volevo conoscerti un po’ più di una semplice vicina di banco. Sei simpatica. Carina.>
La vanità è il mio punto debole. Le avevo restituito il bacetto sulla guancia. Il suo volto era una vampa. Mentre la baciavo mi aveva accarezzato i capelli.
Uno spontaneo gesto che aveva generato in me un piacevole fremito.
Ero contenta di come si stava impostando quella giornata: piena di gentilezze e affettuosità. Attenzioni ricercate in quella mia adolescenza che cominciava ad indicarmi prospettive di intense emozioni.
A 13 anni avevo scoperto il piacere che poteva procurarmi anche un dito solo a vagare per la Figa. Figurati quando erano diventati due!… Figurati, un anno dopo… Quando ad infilarsi lì, mandando a Patrasso l’imene, era stato un cazzo. Solo tre giorni dopo era stata la volta del buco del culo.
Artefice di tutto ciò: Lorenzo. 18 anni. Abitava due piani sopra casa mia.
Mi pareva d’impazzire di gioia: un uccello sempre a disposizione. Pronto ad ogni tiramento di Figa. Per me era iniziata un’idilliaca estate. Fatta di più scopate ogni giorno. Nuovi orizzonti di godimento, tra cui il sesso orale con il succhio e l’ingoio.
Questo il mio Eden fino a un paio di mesi prima di quel compleanno.
È un giovedì mattina quando Lorenzo respinge la solita mia sega del Buongiorno.
Lorenzo, la sera prima era andato alla festa del liceo… Aveva conosciuto Guglielmina. Lei gliel’aveva data. Si erano giurati eterno amore. Non mi avrebbe più fumata. Lui l’avrebbe sposata solo due anni dopo.
Io ero tornata al mio self-service con una, due e, non avendo più l’intralcio del coperchino, anche tre dita.
Di rimorchiare qualche maschietto occasionale… dopo lo smacco di Lorenzo, non me la sentivo ancora.
Tutt’al più avrei preferito fare a Lorenzo un bocchino con risucchio ed ingoio. Tanto per fare un dispettuccio alla squinzia che me lo aveva fregato.
Ero ben consapevole della potenzialità delle mie pompe.
“… Dio se mi piaceva la sua calda sborrata contro l’epiglottide!…”
Quando glielo avevo succhiato fino all’ultima goccia… A detta di lui… gli avevo tolto la voglia di erigere e menare l’uccello per almeno due giorni. Di questo ne andavo fiera.
Ora che mi era venuto meno l’oggetto su cui inorgoglirmi, ero al limite della tenuta psichica.
Una giornata con il calore che Milena e sua madre mi stavano riservando, era quanto ci voleva, per me, in quel momento.
Questo era il mio stato esistenziale nel giorno del 16° compleanno di Milena. Lei aveva intuito questa mia fragilità e desiderio di momenti di gentilezza… Dolcezza… Tenerezza.
Lei non si risparmiava opportunità per dimostrarmi affetto con piccoli gesti, anche leggermente erotici: carezze. Toccate occasionali, qua e là. Bacetti spontanei ed innocenti.
iCon Lei mi sentivo proprio a mio agio. Mi stavo dimenticando completamente del recente abbandono. Mi guardavo attorno alla ricerca di qualcosa che mi facesse superare completamente il ricordo dei momenti più intensi di quel periodo. Con tutti gli amplessi, pompini, scopate, inculate che tanta gioia avevano generato in me.
Il primo episodio che andava in questa direzione si era delineato non appena eravamo entrate nella di lei camera.
Una stanza molto ampia. Tanto luminosa. Non aveva quasi arredi… oltre un ampio letto. Un grande TV appeso alla parete. Dipinti e grafica di buon gusto sulle restanti pareti. Tutto il resto nella cabina armadio.
<Siediti pure sul letto… Non ci sono seggiole qui. – Sto guardandomi attorno. Lei mi sospinge a sedere sul letto – Se ti fa piacere puoi anche sdraiarti.>
Mi lascio andare. Mi aggiusto con la testa sul cuscino.
Dopo essersi accertata che ero ben comoda mi propone di affidarmi a certe sue arti apprese a un corso da lei frequentato per dare il rilassamento fisiologico:
<Lo faccio spesso a mamma e lei è molto contenta. Ne approfitto che ci sei tu per vedere se mi riesce così bene anche con altre persone.>
<Potresti anche dire che mi vuoi usare per cavia.> Avevamo riso divertite.
Comunque, l’idea mi era piaciuta: sarei stata la sua cavia.
Il suo entusiasmo mi premia con un prolungato bacetto su ognuno dei miei occhi.
<Questo fa già parte della terapia di rilassamento fisiologico.>
Mi aveva tolto le scarpe e iniziato un delicato massaggio ai piedi:
<Hai piedi piccoli. Graziosissimi.> Le sue dita avevano preso il volo su questi. Ne accarezzavano tutta la pianta… Si intrufolavano tra le piccole dita, facendole snodare in ogni direzione.
<Senti qualche effetto sulla muscolatura?> Si preoccupava Milena, continuando a maneggiare le mie estremità.
<Mi pare un certo benessere proprio lì. Oltretutto, quelle che ho messo stamattina, sono scarpe in cui non mi sento comoda… Il tuo massaggio mi ha giovato assai… È di grande piacevolezza.>
<Se vuoi, posso manipolarti anche il polpaccio e il ginocchio… Bisogna però che togli i jeans.>
La cosiddetta terapia era tanto gradevole che avevo offerto le gambe all’arte delle sue dita.
Ci sapeva veramente fare. Mi ero lasciata completamente andare, socchiudendo gli occhi.
Mi ero tanto rilassata che non avevo fatto molto caso che le sue falangi fossero andate ben oltre le ginocchia. Palpatine in certe zone delle cosce… Nei solchi dell’inguine, avevano provocato una ventata di piacere che aveva invaso tutto il mio basso ventre. Un paio di goccette erano calate dalla figa e avevano intriso il tessuto della mutandina. Avevo sperato che quel piccolo inconveniente passasse inosservato. Invece avevo constatato che era proprio quello che Milena voleva provocare.
Le sue dita avevano mutato il loro movimenti. Le sentivo meno aleatorie, più presenti. S’erano messe ad accarezzarmi la mutanda, sopra la Figa. Senza preoccuparsi troppo se altre gocce la inzuppavano.
La mano era piacevolmente calda. Brividi scorrazzavano per tutto il corpo. Il gioco stava divenendo molto gradito. Avevo allargato le cosce. Tratto un profondo respiro. Così quando le sue labbra erano calate sul mio ventre a baciarne l’ombelico, non avevo fatto altro che accarezzarle i capelli, trattenendola in quella posizione.
Da quel mio gesto si erano susseguiti momenti uno più intenso dell’altro.
Milena aveva messo subito in campo la lingua.
Preso in mano l’elastico della mutandina, l’aveva abbassata liberando la fighetta.
La lingua se ne era impossessata, convincendola a socchiudersi. Cominciando la sua danza tra le grandi labbra e la clitoride. Una danza a cui mi ero unita con tanto entusiasmo, spronata dal godimento che provocava.
Mi ero agitata, scalciavo, mi accartocciavo le tette.
Dio mio… se mi piaceva, anche se era una mia coetanea a procurarmi quelle meravigliose sensazioni.
Per la prima volta avevo assaporato l’alto godimento che mi veniva dallo squirtare. Che avevo aggiunto all’eccitazione che ci accomunava… il suo intercettare quegli spruzzi per berli… bagnarsi il volto.
Era stata una gioia accogliere in bocca la lingua che mi aveva introdotto a quel nuovo piacere.
<Tutto questo l’hai imparato al corso di rilassamento fisiologico> Le avevo chiesto provocatoriamente. Tanto per trovare una chiave che spiegasse l’entusiasmo con cui avevo accolto quella trasgressione alla consuetudine sessuale a cui ero stata educata.
<Macché… Il Corso non è mai esistito… Avevo solo tanta voglia di te.> Intanto mi aveva slacciato la camicetta. Messo a nudo le poppe. Le leccava e succhiava con foga.
Mi ero resa conto che decisamente, la bocca di una femmina sa dare un piacereì con colori molto più intensi.
Lasciatami andare completamente alla sua voglia, Lei aveva consumato sul mio corpo, ancora una volta, tutti i capricci erotici che chissà da quando meditava.
Ero stata deliziata a lungo da dita e lingua in bocca. Figa e culo, con ben tre esplosioni orgasmiche.
Milena riportandomi alla realtà con un atterraggio morbido ricco di coccole… mi aveva indicata la strada maestra per i miei godimenti futuri.
Io però avrei voluto percorrerla in tutte le sue direzioni. Glielo avevo voluto dire.
Lei, ragazza molto perspicace, aveva subito voluto assecondare quanto desideravo. In un attimo era di fianco a me indossando solo il collier dono per il suo compleanno.
<Vedi… – aveva voluto spiegarmi perché aveva mantenuto il monile sulla sua nudità – Ora tu mi darai le cose più preziose della tua femminilità. Voglio accoglierle con il gioiello più prezioso che ho. Così tu, per le leggi della sacralità erotica, risulterai la cosa più preziosa che ho. Amore.> Alcune mosse precise e mi si era posizionata con la bocca sulla Figa e con la Figa sulla mia bocca.
Avevo così provata l’ebbrezza del mio primo 69.
Un impatto entusiasmante. L’orgasmo che mi aveva coinvolto non aveva pari con quanto mi aveva dato fino a quel momento il sesso.
Sfinita da tutte quelle fantastiche sensazioni, ero rimasta tra le cosce di Milena. Un po’ perché stordita da tutti gli assalti dettati dalla sua inesauribile libidine. Soprattutto non volevo smettere di inebriarmi degli effluvi dei nostri corpi accaldati. Delle nostre fighe ancor pregne degli umori dei godimenti. Quel profumo, per me magico, che ancor oggi, se evoco quel ricordo, potrebbe farmi bagnare.
La terza voce
Ero talmente frastornata che non mi ero accorta che in quella stanza eravamo diventate tre: Milena stava confabulando con qualcuna. Avevo alzato la testa per vedere. Attorno a me una scena surreale: Milena sta chiacchierando pacatamente… Sempre senza abbandonare il nostro 69… con sua madre che si era presentata, abbigliata solo da un elegante intimo color carne: reggiseno, slip, reggicalze, calze, taccco 12.
Mi ero tirata su mentre Milena, pensando mi fossi appisolata, le parlava di me:
<Non hai idea quanto sia dolce e appassionata nei preliminari… Calda… Disponibile… Aperta a tutto!>
Imbarazzatissima. Era la prima volta che mi capitava di parlare nuda a una sconosciuta. La quale mi aveva chiesto:
<A me un bacio lo daresti?>
Mi si era avvicinata al volto con le labbra e la punta della lingua che occhieggiava tra queste.
È una bella donna, la Rina. Una figura esile con un buon po’ di tette e un culo in perfetta armonia con il corpo. 35 anni. Labbra carnose. Occhi azzurri. Una smaccata somiglianza nei lineamenti alla figlia.
Come mai fosse lì, mi era subito parso chiaro…
Una sua mano mi si era insinuata tra le cosce. S’era messa a stringere sensualmente la prugna della mia Figa.
Molto più sottilmente… Glielo avevo appena confessato… Milena mi praticava una leggera carezza al ventre. Un’azione che generava in me lo scatenarsi di fremiti.
La Figa aveva ripreso a distillare umori.
A queste manovre non potevo resistere.
Sdraiata di nuovo mi ero messa nelle loro mani che promettevano un’altra tornata di godimenti.
Presto le dita di Rina avevano smesso di stringermi con vigore la Figa, per penetrarla con tanta delicatezza.
Subito la Figa le aveva espresso gratitudine, umettandole le dita con sincere lacrime di Figa. Lei se le era poi portate alla bocca.
Milena, da dietro il mio capo, stava calando la Figa, ben aperta, sulla mia bocca.
La macchina del godimento era in perfetto assetto. Poteva partire.
Leccavo gagliardamente la Figa di Milena… Le dita di Rina, con la sua pacata scopata, mi avevano portata sulle più alte vette del piacere.
Sia per me che per Milena, squirtare era divenuta la costante di quell’incandescente pomeriggio.
Io e Milena, poi, ci eravamo preoccupate di far vivere le sensazioni da noi provate a mamma Rina.
Erano le sei del pomeriggio, quando, dopo un’allegra doccia tutt’e tre assieme, prendevamo un caldo tea nel salotto.
Quel giorno avevo scoperto il fascino che avevo per mesi succitato nella mia vicina di banco. Lei, per tutto quel periodo, aveva finto indifferenza nei miei confronti. Forse soffrendo.
<Con Milena e sua mamma era andata avanti per circa un anno. Ci si era sempre trovate in tre e sempre i nostri incontri si svolgevano in un clima di sincera amicizia e allegria. Godevamo soprattutto del portare le altre due al godimento più raffinato… Dopodiché ci si salutava ridandoci l’appuntamento per ritrovarci>
Ripensando a quegli episodi Stefy si emoziona un tantino. La debbo rasserenare.
Un buon sorso di Calvados ripristina l’oblio del tempo che con la dimenticanza fa superare nostalgie e rimorsi.
Quanto Stefy mi ha raccontato è quello che, in tutta sincerità, aveva descritto a Francesca, la sorellona, allora 21enne, rientrando da quella ingarbugliata giornata del 1998.
Stefy mi osserva in maniera provocatoria. Conoscendola, interpreto come abbia ancora qualcosa che vorrebbe dirmi, solo se….
Io e Stefy ci conosciamo da non troppo ma ci siamo già raccontate tanti momenti della nostra intimità.
È una sua strategia quella di incuriosirmi… portarmi all’eccitazione.. raccoglierne i frutti.
Sempre ne siamo uscite o con un ditalino incrociato o con un intreccio a 69. Quello però che più l’appassiona è cavalcare sulla mia Figa in una selvaggia sforbiciata.
Le ho detto che la considero la mia Musa Puttanella, che prima o poi mi farà portare a casa il Pulitzer della Figa.
Su questo, Lei, ci marcia sopra… Si diverte a darmi aneddoti e fatterelli a spizzichi e bocconi, cercando di contrattarli con qualche improvvisato gesto sessuale. Anche un semplice ditalino… Una leccata.
Ecco… ora capisco che è proprio questo che con quel sorrisino beffardo vorrebbe contrattare. Le vado sotto:
<Per un fiocco con una prolungata strizzata di tette cosa potresti raccontarmi?>
Mi si avvicina e, come ci fosse qualcun altro nella stanza mi sussurra qualche parola. Dopo di che, con voce più alta:
<Però un ditalino lo voglio prima.>
Da sotto si fa calare lo slip. La monumentale poltrona Frau del mio studio, accoglie la mia Musa a gambe aperte. In attesa dell’anticipo per le sue intime confidenze su quella giornata novembrina del 1998.
La prima volta della sorellona
Sono stimata dalle amiche su come conduco il ditalino. Mi son fatta una nomea. Con Stefy, però, so che mi debbo impegnare. È una femmina esigente, altrimenti mica l’avrei nominata mia Musa Puttanella.
Svolgo il mio trastullo con diligente passione…Stefy apprezza. Si agita. Sobbalza. Scalcia. Esegue tutte quelle eccitanti movenze che si fanno quando il ditalino raggiunge l’obbiettivo sperato.
Squirta sulla mano santa. Mi lecca le dita. Ci baciamo.
… E… va avanti con il suo racconto.
È proprio una cara ragazza!
Quello che mi sembrava eccessivo, della mia sorellona… era la sua ansia di conoscere i dettagli sui comportamenti di Rina, la mamma.
Era ossessiva sul voler sapere se avesse pelo attorno alla Figa o se era ricorsa, pure lei, alla depilazione. La ragione di tanta curiosità:
Francesca, aveva in corso una storia con Rina.
In maniera sbruffona me lo confessa:
<Più p meno un mese fa, me la sono fatta anch’io. Nei bagni della Discoteca… – Inizia a raccontare – Ero andata a pisciare. Lei stazionava nei pressi dei cessi. Entro. Mi vien dietro e mi fa: “Devi pisciare. Posso farti qualcosa di veramente delizioso?” Non le rispondo…. Lei, forse per la regola del silenzio/assenso, mi spinge contro la parete. Subito, ho le sue dita tra le cosce. Le labbra a succhiarmi il collo. Una novità che, forse per gli intrugli che ho già bevuto, non mi dispiace… La lascio fare.
Quando mi abbassa lo slip, sto già colando. Si inginocchia. Me la lecca con passione.
Da una femmina non l’avevo mai provata. È una sensazione fantastica.
Insisto per una bevuta assieme. Passo la serata con lei. Non solo… Rina mi propone di finire la nottata nel suo letto. È qui ho l’altra rivelazione.
Finiremo la serata nel letto con la figlia Milena.
Era quasi mattina quando mi sono trovata, innanzi, nuda, l’adolescente corpo della tua compagna di classe. In preda a un’enorme carica di libidine.
A quel punto sono stata io a saltarle addosso, palpando e succhiando ogni angolo del suo corpo…
Sfinita dall’orgasmo che le avevo procurato leccandogliela, aveva sussurrato a sua madre, che aveva contribuito con la lingua sulle tette: “Che bello, Mamy, è una delle nostre!”
<Ripensandoci… Mi aveva dato la patente da lesbica che non so se merito fino in fondo.>
La confessione di mia sorella mi aveva riempita di gioia: eravamo due sorelle trasgressive e… trasgressione per trasgressione, chissà…
Le prodezze raccontate avevano acceso in me un nuovo modello di eccitazione. Non avevo fatto in tempo a rendermene conto che ero stata abbracciata da Francesca. La sua lingua tentava di farmi socchiudere la bocca.
Festa grande in famiglia
Non dobbiamo dirci molte cose. Qualche carezza… Le labbra strusciano sul collo. È così che l’una denuda l’altra.
Il resto va in crescendo. alle grida seguono squirti… Orgasmi… Sborrate. Tante coccole: felici di essere sorelle trasgressive e maiale. Francesca, quella sera, del 1998, aveva finito di appagarmi completamente.
Quella sera, mi ero addormentata senza spararmi il ditalino che abitualmente, mi conciliava il sonno.
Stefy mi racconta ancora di altri intimi momenti con la sorella. Che non sono poi tanti, anche se a tutt’oggi succedono e sono sempre un trionfo.
Stefy è meravigliosamente nuda e rilassata innanzi a me. Mi ha appena detto che finché terrà cosce e Figa aperte, avrà aneddoti da raccontare.
Le accarezzo il ventre. Sussulta. Vuole la promessa che stanotte la terrò qui a dormire con me.
Prometto.
Stefy va avanti nel racconto:
Matteo
La luna di miele con mia sorella durò, più o meno, una settimana. Lei, poi, si dedicò completamente al fidanzato. Che le somministrava prestazioni di prima qualità… Almeno a sentir lei….
Dopo un paio di anni, il mandrillo fidanzato onorò, mia sorella portandola all’altare. Conseguentemente misero al mondo un figlio.
Matteo dimostrò subito una predilezione per sua zia. Che sarei poi io.
Sin da bambino lo vedevo spesso. Mi piaceva farmi coinvolgere nei suoi giochi. Molto volentieri gli facevo il bagnetto.
A lui piaceva tanto farsi insaponare… Massaggiare.
A me, trastullargli il pisello. Che col tempo cresceva a vista d’occhio.
Ebbi così la possibilità di prendere atto dell’evoluzione di un cazzo.
Purtroppo, però, la gelosia della madre me lo sottrasse quando il pupo era attorno ai 13 anni. Con la scusa: <Matteo adesso, ha bisogno della sua intimità.> Ovvero: “Matteo ha cominciato a farsi seghe.”
Nonostante ciò, rimase sempre una grande attrazione tra di noi.
Quando andavo da loro, sempre, mi saltava in grembo baciandomi. Non mancando di accarezzarmi e palparmi le tette. Anche se era un po’ sguaiato… Come sanno essere i ragazzini… Il seno recepiva nel giusto modo, quelle smancerie: facendosi sodo. Indurendo i capezzoli.
Quando raggiunse i 15 anni… Lo ricordo perché era il giorno del suo compleanno… Dopo analoghe affettuosità, mi aveva sussurrato all’orecchio: <Ora, posso andare a spararmi una sega. Non hai idea, Zia, come venga bene dopo che ti ho toccato le tette.>
Ero arrossita. Una frase che rimase scolpita nella mia mente. Per tanto tempo la rimuginai in me.
Matteo cresceva. Si faceva sempre più robusto e aitante. Sua madre mi raccontava delle tante coetanee che gli ronzavano attorno. Sua madre non sapeva che anch’io, in un certo senso gli ronzavo attorno. Cercavo di vederlo di stare con lui. Sempre sforzandomi di non eccedere in gesti di affetto. Per non scoprire il mio reale desiderio.
Che dire? Ma quando andavo a casa sua e mi dava l’affettuoso bacetto di benvenuto chiedevo di andare in bagno. Dove potevo sfogarmi con la suscitata toccatina.
Matteo si era fatto un ragazzone. Alto. Robusto. Si era introdotto nel mondo del basket. Aveva cominciato a giocare in una squadretta che… con la sua presenza aveva cominciato a mietere vittorie su vittorie. Sicché avevano portato a casa lo scudetto di quel campionato.
Fui invitata a casa di mia sorella per un pranzo dedicato ai successi sportivi del figliuolo.
C’era tutta la famiglia riunita. Ognuno portò un piccolo regalo al festeggiato.
Io avevo deciso di giocare peso. Per regalo scelsi che quel giorno non avrei indossato gli slip. Con l’intenzione di trovare un modo di fargliela vedere.
Ero sicura che ci tenesse tanto.
A quella festa, però c’era tanta gente. Non riuscii a trovare un momento di stare sola con il festeggiato. Stavo rimuginando soluzioni al problema quando mi accorsi che Matteo… A tavola seduto di fronte a me… Di tanto in tanto, si chinava sotto al tavolo come dovesse recuperare qualcosa che gli era caduto. “Vuoi vedere che il birbante, maialescamente, si fionda sotto al tavolo per sbirciare la mia figa.” Tento la verifica: mi tiro su la gonna scoprendo il più possibile le cosce. Tengo, da seduta le gambe molto divaricate.
Un primo responso ce l’ho dopo qualche minuto. Matteo, ancora una volta, si china sotto al tavolo. Pare che da lì non abbia più intenzione di risalire. Quando esce è congestionato in volto. Mi fa un eloquente segno, girando l’indice della mano sulla propria guancia. La quadra di tutto l’aveva trovata proprio Matteo nel momento che con i miei genitori avevamo lasciato la festa.
Ai saluti, il ragazzo aveva detto a sua madre: <Non ti dispiace, vera mamma, se vado dalla zia a prendere un giornale che lei ha e che parla della nostra vittoria.> Facendosi, così, rimorchiare a casa mia.
Strada facendo, orgogliosamente al braccio di quel fusto di nipote, avevo incrociato Vanessa. La prostituta lesbica, per sole femmine, a cui mi rivolgo quando l’astinenza si fa pesante. Visto il mio accompagnatore mi aveva bisbigliato:
<Questo te lo succhi o ti succhia lui?>
A voce alta. Tanto perché Matteo sentisse:
<No cara, questo me lo chiavo!>
<Magari!> Era stato il bisbiglio uscito da Matteo.
Dalla doccia al letto
A casa la tentazione sarebbe di saltargli subito addosso, tirargli fuori l’uccello, con tutto quello che segue.
Avevo fatto il ragionamento che dovevo dominarmi e così feci.
Sapevo che con le ragazzine oltre al bacio non era ancora riuscito ad andare. Non volevo traumatizzarlo. Miravo, che… Se l’avessi fatto scopare… Farne un fedele amante a disposizione delle future pulsioni della zia.
<Ti dispiace se mi prendo una doccia? A pranzo fumavano tutti. Mi sembra di essere un posacenere.>
<Che bello… Così quando esci sei tutta profumata… Che mi piace tanto!>
Subito mi ero fiondata nel bagno. Facendomi maliziosamente notare mentre lasciavo quella porta solo accostata.
Stavo per entrare nel box doccia, quando Matteo era apparso già completamente nudo.
<Che caz…> Un minimo di forma dovevo mantenerla. Per cui un minimo di stupore lo avevo esibito:
“Non vorrai che il nipotino – una voce dentro di me mi aveva incoraggiata a simulare un minimo di ritrosia – Possa pensare di avere per sorella di sua madre, una zoccola?>
Qualche irricevibile diniego. Debbo comunque controllarmi per non sembrare troppo attratta dall’obelisco che vedevo tra le sue gambe.
Lui preso dalla sua eccitazione mi aveva sospinto nel box, regolando lui stesso la temperatura dell’acqua.
Si era, anche scusato, per l’irruzione:
<Vedi, Zia, mi son detto “Se lei si profuma e io continuo a puzzare da posacenere, finisce poi che sul serio le faccio schifo”. E io non voglio far schifo alla mia zia preferita…. Poi, abbiam fatto il bagno assieme sino all’altro giorno!>
Si era insaponato le mani per passarmele delicatamente sulle tette. Me le aveva strette. Ero invasa da brividi. Sensazioni forti. Tremavo tutta.
<Baciami, Bestia!>
Era un buon soldatino: aveva obbedito. Gli avevo succhiato la lingua. Stringendomi forte a lui. Contro il Monte di Venere avevo tutte le virtù dell’erezione. Mi ero appoggiata alla parete. Le gambe divaricate. Il respiro grosso.
Lo scroscio che ci pioveva addosso era piacevolmente caldo.
A questo punto Lui aveva preso in pugno la situazione.
Se lo gingillava tra le mani, senza lasciare intravedere mosse per andare oltre.
La temperatura in me era da altoforno. Se questo stallo si fosse ancora prolungato, sarei impazzita… Avevo afferrato il cazzo. L’avevo scappellato. La consistenza dell’erezione… i caldi colori della cappella ampliavano il mio desiderio… L’avevo puntato contro la mia fessura. ero tutta aperta. Sarebbe bastato un suo leggero colpo di reni…
Lui pare ci debba pensare ancora…
Non, ce la faccio più. bestemmio. Chiudo l’acqua. Esco dal box portandomelo dietro.
In frett’ e furia come una matta, avevo asciugato me e lui.
Non una parola di tutto ciò. Mi guardava smarrito.
Praticamente lo stavo trascinando.
In stanza mi ero gettata sul letto aperta più che mai.
Qui, Lui, si dimostra subito più a suo agio.
Subito sopra. Gagliardo come il suo carattere…
Un colpetto. Il glande era scivolato in me… Un attimo e me l’ero goduto tutto dentro.
“Wow, È immenso!”
Glielo avevo stretto con tutto quello che potevo mobilitare.
Fosse stato possibile, glielo avrei succhiato con la Figa.
Ma poi mi ero abbandonata alla sua fantasia erotica
“È talmente prestante! … Non può che farmi godere”
È l’istinto a suggerirgli come muoversi.
Dopo qualche fondata s’era messo a blaterare in maniera concitata: <Vengo… vengo… Zia, che faccio? Sborro?>
<Vieni, Amore… Vieni… Sborra tranquillo… Sono coperta>
Lo avevo stretto forte a me. Bloccato con le mie gambe sulla schiena. Le unghie piantate nelle sue natiche
Nella mia Figa, il cazzo, palpitando, m’inondava di sborra.
Non era stato un caso se ero venuta anch’io.
<È stata una gran bella scopata. > Glielo avevo voluto dire sbaciucchiandolo. Accarezzandolo.
Godendomi la sua trionfante espressione di incontenibile gioia.
Il suo bel cazzo, pur se ammosciato, è comunque un bell’uccello. Glielo avevo baciato con affetto. La mia Figa stava rigurgitando la quantità di sborra lasciata da lui.
<Stanotte, Zia mi piacerebbe dormire con te.>
<Non credo possiamo permettercelo. Anzi quello che ci è piaciuto tanto…> Matteo mi interrompe: <A te è piaciuto, Zia?> Riprendo il ragionamento:
<Volevo dire che è una cosa molto delicata. Deve rimanere un grande segreto tra noi… Esclusivamente fra noi – lo faccio anche giurare – A me la nostra scopata è piaciuta da matti… Hai la stoffa del grande scopatore… Sono sicura che lo sarai. Vorrei rifarla tante altre volte. Per questo non deve sapersi in giro>
<Per questo vorrei dormire con te. Per tornarlo a fare 2, 3, 4… 5 volte. Quante vuoi tu.>
<Con una bella leccata di Figa starei appagata fino a domani sera>
<Sapessi farla, te la darei io. Purtroppo, non saprei da dove cominciare.>
<Che nipote caro che ho! Se vuoi provare io ti guido e correggo, come deve fare ogni brava zia.>.
<Davvero, mi fai provare?… Che zia meravigliosa!… Però mi fai scopare ancora… Solo a pensarci mi è venuto duro.>
<Vien qui…> Gli prendo il capo. Lo porto sulla Figa con le labbra.
Lui si ingegna con la lingua. Pian pianino prende confidenza. Comincio a provare un certo godimento. La sua lingua guizza, curiosa, per ogni dove. Attratta, soprattutto, dalla clitoride. È tanto il fascino che questa suscita nel ragazzo che s’impegna talmente a stuzzicarla che finisce per scatenare in me un intenso orgasmo. Come potrei ricevere da lingue ben più navigate
Matteo lo fa con grande passione. Non dimostra alcuna contrarietà, quando, venendo gli riempio la bocca con la mia squirtata
Qui, baciandolo, come si deve quando ti leccano per bene la Figa, il ragazzo riesce a infilare l’uccello nella figa.
Aveva imparato benissimo. Colpetto del bacino. L’uccello ha già preso possesso di tutta la figa…
Dio, sto di nuovo volando!
Qualche mossa avanti/indietro…lui che bofonchia. Il suo cazzo prende a spruzzare. Godo. Urlo di gioia… Sono tornata a venire. Sono sfinita. Mi addormento.
È il telefono a svegliarmi. Mia sorella. Chiede se le uso la cortesia di tenere suo figlio a dormire da me, così lei e suo marito possono concedersi una serata di sesso selvaggio con tanto di grida e rincorse nudi per casa.
<Con quel mostro per casa… Ora così curioso sulle cose del sesso… Dobbiamo negarci la più ovvia intimità.>
Sono contenta per Matteo che potrà così passare la sua prima notte sul ventre di una femmina.
La reazione del ragazzo fu esuberante. Era subito diventato un festival di baci. Aveva voluto che gli dicessi quale il punto in cui le sue labbra producevano il più intenso piacere. Inutile dire che la mia palma l’avevo assegnata ai baci lasciati sul buco del culo.
La sua lingua è spessa e raccolta. Lui la governa come un muscoletto. Figuratevi il gusto che mi fece provare, percorrendo con questa, per tre volte, il bordo del culo: urlo, sobbalzo, mi contraggo di piacere. Gli chiedo il replay. Ero andata alle soglie di un vivace orgasmo di culo:
<Dai…Ancora che vengo!>
Aveva esaudito il mio desiderio.
Era stato proprio un signor godimento che mi sentii di dover ricambiare. Gli avrei fatto un pompino, una mia specialità.
Lui, aveva affidato con entusiasmo l’uccello alle mie labbra che lo avevano coccolato, prima che si aprissero a fargli provare quel che poteva donarle la mia porca bocca.
Turgido era il cazzo. Scappellatolo, riluceva di splendore, nella sensuale atmosfera della stanza.
Al primo colpo di lingua, il ragazzo aveva sussultato visibilmente.
La bellezza di quel giovane cazzo, tutto a mia disposizione, mi aveva portato ad impegnarmi assai per dargli il fior fiore dei pompini.
<Rilassati, cucciolo, che adesso tocca a te.>
Lui, si era affidato completamente ai vortici in cui la mia bocca aveva condotto il suo cazzo.
Gliel’ho succhiato e risucchiato fintanto questo non è esploso contro il palato, liberando un’enorme quantità di sperma.
La ingoio voracemente. Ma avevo continuato a ciucciare finché non gli avevo tirata fuori l’ultima goccia di seme.
Fra le labbra mi era rimasta un’inoffensiva ipotesi di cazzo. A cui, però, cominciavo a volergli bene.
Avevo cominciato, allora, a sfregarmelo sul volto, per appropriarmi di tutta la sua fanciullesca sensualità.
Il racconto di Stefy, sulla seduzione del di lei nipote si chiude così
Matteo, è ora un bel giovane di 19 anni che frequenta l’università. Molte delle sue notti trascorrono nel letto di Zia Stefy che, della trasgressiva relazione ha informato Francesca. Sorella sua, nonché mamma di Matteo. Con cui, di tanto in tanto gioca anche una partita saffica.
Son altre storie. Altri episodi che Stefy potrebbe raccontare.
Oggi si ferma qui. Adesso vuol fare all’amore. Vuole godere. Viene da me per questo.
Tornerà con tutto il suo bagaglio di sensualità vissute.
A presto.
©FlaviaMarchetti 2021