Spingi e vieni dentro
L’Autrice
La Musa
questa Porkeriola è la storia vissuta da una bella ragazza che ha voluto teneramente raccontarmela nella più sensuali delle condizioni: dopo aver gioito dell’Amore
Dell’incontro che ho avuto con Lei, potete leggerne la cronaca nello spazio che ri servo alla Musa di ogni racconto. In questo caso Stefy. A cui dedico la prosa della sua narrazione, pur se sfinita dalle fantasiose girandole di godimento che ho ricevuto nel corso del suo raccontare
Vincitrice del Premio Saffo Terzo Millennio, XIX edizione, 2019, Flavia Marchetti dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard Ltd – København
©FlaviaMarchetti 2021
Quella mattina la Stefy era al top della contentezza: al market di via Marconi aveva incrociato una bellafiga… come a lei piace definire quelle a cui la potrebbe dare volentieri. “Più o meno coetanea. Castana, non altissima, ben proporzionata. Tette e culo da guardare. Il collo bello lungo, che stimola erotiche succhiate. Se sorride diventa una calamita!”
Una casuale battuta. Fra di noi, si era aperto un dialogo che era andato oltre lo scafale dei detersivi e consolidato alla macelleria. Dove c’era un po’ di fila da fare: <…ma mi piace di più farmi chiamare Stefy.>
<Un po’come faccio io: per i maschi sono Flavia, come risulto all’anagrafe, ma per le ragazze che mi piacciono divento la Flà. Tu puoi chiamarmi così.>
Mi ero resa conto di aver colto nel segno. La Stefy era arrossita… qualche smorfietta vanitosa. Quasi balbettando. <Potremmo continuare la spesa assieme e, magari dopo, farci un caffè noi due.>
“E’ un’occasione da non, perdere – mi ero detta – soprattutto in una giornata in cui la mia Lei mi ha comunicato che il week-end lo passerà dai suoi.”
<Se ti può andare, il caffè lo possiamo prendere su da me. Abito qui vicino e ho una bella terrazza in cui è un piacere godersela in questa stagione.>
<Wow! Sento già di aver voglia del tuo caffè.> si capiva benissimo che ci sarebbe stato un bacio. Avevamo sublimato stringendoci le mani.
<È proprio una bella terrazza. Qui si può davvero prendere integralmente la tintarella.> e si era messa comoda su uno dei lettini.
Erano le undici di una bella mattina settembrina. Il sole, bello caldo.
<Io vado a fare i caffè. Se vuoi anche metterti in libertà e porgere al sole qualche parte nascosta di te, puoi farlo. La terrazza è così alta, che qui non arriva alcun sguardo indiscreto.>
Avevo fatto i caffè e cambiato il mio abbigliamento: mi ero spogliata completamente e infilata una tunichetta con spalline: “Chissà che…?”
Le tazzine col caffè, un piattino con qualche biscotto. Bicchieri e una caraffa con acqua e ghiaccio. Ero tornata in terrazza: “Mò socc’mel!” la mia ospite non si era risparmiata nulla. Distesa ad occhi chiusi. Addosso le era rimasta solo un minuscolo slip di pizzo che lasciava intravedere scorci di Figa.
<Hai visto… ti ho preso in parola. Ti dispiace?> Lei era immobile. Le cosce un po’ larghe. I capezzoli ben pronunciati. Protesi… Gli occhi socchiusi e sognanti. Sicuramente la voglia si era impadronita di lei.
Se questo non era un invito?
L’eccitazione mi aveva presa. Appoggiato il vassoio. Avevo calato il volto verso la sua bocca. Lei aveva alzato un braccio. Mi aveva accarezzato i capelli. Aveva tenuto ferma la mia testa contro le sue labbra per tutto il tempo del bacio.
Il programma della mattinata era decisamente mutato.
Il caffè dimenticato nelle tazzine e si era raffreddato. Lei mi aveva fatto posto nel lettuccio. Mi ero distesa accanto.
Non avevo dubbi: “Sapeva come sarebbe andata a finire” Neppure per un momento aveva riaperto gli occhi. Le sue labbra erano sul mio collo. Di tanto in tanto la lingua mi scatenava brividi che culminavano tutti nella mia Figa.
Con le mani le avevo brancato le tette. Gliele avevo accarezzate. accartocciate. Un gemito. Ero scesa con la bocca sui capezzoli. Li avevo titillati. Succhiati. Da lei un balbettio: <Scopami Flà… Debbo assolutamente venire.>
Una mia mano era volata fra le sue cosce. Avevo stretto la prugna del Monte di Venere. Un altro gemito di piacere. Aveva sollevato il bacino.
“Ho capito!” Avevo fatto scendere lo slip. Lasciandoglielo attaccato a un piede. Aveva allargato ancor più le cosce. Spalancata la rosea Figa: era veramente affascinante!
Mi ero tuffato in questa con entusiasmo. Prima di penetrarla con la lingua avevo voluto sfregare tutto il volto sulle grandi labbra. Giusto per impossessarmi di quel buon odore di Figa vogliosa.
<Scopami Flà… Fammi venire!>.
Era una seria implorazione.
L’avevo penetrata con la lingua. Esplorata. Stuzzicata la clitoride. Slinguazzato qua e là. Lei aveva ansimato profondamente. Scalciato. Emesso prolungati mugugni ad ogni fondata della lingua.
Questo suo godere mi aveva spinto a pretendere analoghe sensazioni. Un paio di movimenti e mi ero messa in posizione di 69.
Stefy era stata d’accordo. Subito l’avevo sentita succhiarmi la Figa.
C’è da dire che il 69 è uno strumento meraviglioso. Soprattutto per una situazione in cui ognuna di noi voleva coronare al più presto il proprio orgasmo. Una necessità divenuta impellente.
Stefy aveva puntato alla clitoride. Io avevo allargato gli interventi al perineo e al buco del culo. Culo, perineo e Figa erano i punti dell’itinerario che facevo percorrere alla mia lingua in andata e ritorno per portarla alla meta.
Non ci conoscevamo ancora ma ognuna di noi non poteva che prendere atto di aver incrociato un’altra femmina che sapeva trattare la Figa a menadito… O, se volete: a menalingua.
Gli orgasmi si erano completati tra le sonorità più astruse… le frasi più assurde. Gli epiteti più grotteschi.
Ne eravamo uscite fradice di sudore. Con addosso gli odori più genuini dei nostri corpi.
Nella terrazza, l’architetto che ne aveva curato la ristrutturazione… ovvero papà mio… aveva previsto un angolo doccia. Così… via… per mano, come fidanzatini dopo l’amore, ci eravamo rigenerati sotto lo scroscio d’acqua. Dove avevamo continuato a baciarci, stringerci. Accarezzarci. In fondo, gli orgasmi erano stati alquanto intensi e noi non eravamo ancora atterrate nella dimensione reale. Parlavamo… parlavamo. Ci raccontavamo tanto di noi.
È così che avevo imparato che Stefy che tanto ardore metteva nell’amore con le femmine, dopo aver raggiunto l’orgasmo, come era successo tra noi quel giorno, era cresciuto in lei un’incontrollabile smania di venir posseduta da un robusto cazzo.
Ragion per cui, si era rivestita in fretta e furia e se n’era andata.
Ci saremmo sicuramente ritrovate: <Ti chiamerò presto. Mi hai dato momenti che non potrò dimenticarmene.> Mi aveva detto con l’ultimo bacio.
* * * * *
La telefonata era arrivata solo un paio di mesi dopo:
<Se passo da te in tarda mattinata, pensi che ci venga da scopare?>
Non era stato l’approccio che avrei desiderato, oltretutto dopo il suo prolungato silenzio. Questa femmina in quel 69 di due mesi prima, mi si era iniettata in quella parte della mente che governa la libidine: il solo sentire la sua voce mi aveva fatto bagnare gli slip.
Mi ero spogliata di tutto quello che indossavo e avevo ricoperto la mia nudità con la sola tunichetta fantasia dell’altra volta.
Puntuale alle 11:00 Stefy era arrivata: <Dio… quanto sei bella!>
Non avevo potuto trattenermi dall’esclamare quando me l’ero trovata innanzi.
Il giorno n cui ci eravamo prese, avevo avuto la consapevolezza di aver fatto l’amore con una bella femmina ma mai bella come questa che ora era tornata: sprigionava un’energia completamente diversa da quella che avevo percepita da lei, allora. Senza parlare dell’aspetto, ora curatissimo. Con interventi giovanilisti di ottimo gusto.
Un restyling di grande effetto.
<Non sei più tu Stefy. Cos’è successo?>
<Sono venuta anche per raccontarti come è cambiata la mia vita già un’ora dopo che ero uscita da casa tua.>
<Vuoi raccontarmelo subito o dopo che…> Sono fondamentalmente una ragazza timida e sempre mi blocco quando debbo esplicitare un mio desiderio sessuale.
<Mi piacerebbe raccontartelo da nuda a nuda… Vedrai che è un argomento che tira baci e carezze.>
Niente di meglio: <E voila.> Giù le spalline. La tunichetta si era afflosciata sul pavimento. Stefy mi aveva imitato ma il suo spogliarsi aveva dovuto fare i conti con calze, reggicalze, reggiseno.
Di nuovo nude una di fronte all’altra, il lingua in bocca era venuto strepitoso. Poi, per mano a rotolarci nel lettone
* * * * *
Ecco, fin qui, come ho conosciuto la protagonista di questa storia che mi è appena stata raccontata… Tuttora in corso. Che sicuramente evolverà. Che vi aggiornerò sugli sviluppi forse tra una settimana. Un mese. Un anno.
Comunque, LA STEFY STORY comincia da qui e ce la facciamo raccontare direttamente da lei stessa.
* * * * *
Con la voglia di cazzo che mi opprime, mi lascio alle spalle i sottili piaceri ricevuti dalla lingua di Flà. Mi dirigo alla fermata dell’autobus. È l’ora in cui le scuole ridanno libertà agli allievi.
La fermata pullula di ragazzini che un domani saranno cazzi sfrontati ed ambiti. Mi sciamano attorno gioiosi. Qualcuno, mano nella mano con una coetanea dall’aria sognante e sicuramente con la mutandina già umida.
Ipoteticamente protetti da sguardi indiscreti dietro una colonna del portico una coppietta si fiocca. Sono a due passi da me: ne riesco a sentire i bisbigli tra un bacio e l’altro. L’autobus arriva. Loro si sciolgono. Lei se ne va. Lui sale. È anche il mio autobus. Salgo anch’io.
Ho avuto modo di lanciare uno sguardo alla patta dei suoi calzoni per accorgermi della ridondanza che esibisce. Lo stare a contatto con il corpo dell’amichetta e i ripetuti lingua in bocca, hanno esercitato la loro funzione naturale. È così anche per me. Con la voglia di cazzo che ho, non perdo l’occasione di fantasticare sull’uccello di questo bel ragazzino, che, non mi dispiacerebbe conoscere e… anche averne l’amicizia.
In autobus si va a mettere nella piattaforma posteriore. Gli vado dietro. Quando appoggia lo zaipnetto a terra, gli sono innanzi. Lo scruto da vicino. Avrà più o meno 16 anni. Un fisico asciutto, non palestrato. Attorno al metro e settanta, moro di capelli. Lo slumo tra le gambe… il rigonfiamento si nota ancora. Evidentemente la ragazzina gli ha lasciato un ricordo tenace. Duraturo.
Il 22 a quest’ora è sempre affollatissimo. L’autobus sobbalza. Ne approfitto per cercare di sfregare il mio ventre al suo. Purtroppo, i sobbalzi della vettura mi spingono ogni volta dalla parte opposta. Mi rassegno. Gli volto le spalle. Vorrà dire che le gioie di un cazzo le andrò a cercare da un’altra parte. O, nel solito ditalino.
Però. Si vede che oggi è proprio un giorno propizio. Sento una mano che solleva il lembo posteriore della leggera veste. Copre sì e no dieci centimetri sotto i glutei. Un rapido sguardo attorno per avere la conferma che la mano sporcacciona è proprio quella del ragazzino che vorrei concupire. Voglio dargli un segnale che ha centrato l’argomento: irrigidisco la muscolatura… contraggo alcune volte le chiappe. Qualcosa non funziona. Il ragazzino interrompe l’azione. Una brusca frenata me lo ribalta addosso. Sento la sua voce: <Mi scusi. Signora!>
È la fermata della Croce Coperta. La sua fermata. Scende. La prossima sarà la mia. “Wow! Abitiamo anche vicini”
Debbo rintracciarlo. Dirgli quanto mi abbia eccitata aver sentito le sue dita sfiorarmi le natiche. Debbo anche precisargli che non sono Signora. Sono libera di amare e darmi a chi più mi piace. Abbia l’età che ha.
Mi metto a pensare a una strategia che renda più consistente l’approccio. Un rimuginare mentale che attenua l’impellente necessità di un cazzo.
A questo punto non resta che la voglia di un partecipato self-ditalino.
Mi guardo attorno. Per un po’ fantastico su quanto diverrebbe più gioviale questo bilocale, se di tanto in tanto vedesse aggirarsi tra queste quattro mura, il bel corpo nudo e maschio di un adolescente.
Debbo staccare da questo argomento. Torna opzionabile la masturbazione.
Debbo, però, impedire che il pensiero che ho lasciato fuori dalla porta rientri dalla finestra. Cercherò un aiutino telefonico da qualche amica.
Giusy, Noemi, Luisa, con cui lo si fa spesso, hanno fra i piedi un ipotetico fidanzato. Per cui, hanno ben di meglio di un ditalino a distanza. Mi viene in mente. Flà: chissà?
Ho ancora nelle orecchie il suo balbettare amore di qualche ora prima. Tra le palpitazioni delle mie grandi labbra.
La sua accondiscendenza a unirsi a me, anche subito, in una video masturbazione, mi fa bagnare lo slip.
Sfilo la veste, calo lo slip. Mi guardo la Figa allo specchio. La apro. La trovo stupenda.
Un asciugamano sulla poltrona. Sono prontar per la videochiamata: Compongo il numero.
S’illumina lo schermo con in primo piano l’irrequieta clitoride di Flà, con quel lezioso ciuffetto di peli che ha voluto conservare un po’ più su.
Seguono le sue dita che s’infilano tra le grandi labbra. Appare il dentro-fuori che la fa agitare. Sospirare affannosamente… la clitoride ingrossata. Rigida. C’è un break di carezze alle tette. È il momento in cui tolgo le mie dita dalla fessura… me le lecco e torno a penetrarmi aggiungendone una.
Tre appaiate danno un certo godimento.
Mi scopo a tutta velocità… L’orgasmo è già qui dietro l’angolo. Si compone… Cresce… Esplode con tre squirtate contro il telefonino che mi sta mostrando la sborra che fuoriesce dalla Figa di Flà, colando e impiastricciando il suo buco del culo.
L’audio riporta la sequela di porca… troia… baldracca che lei indirizza a me nel godimento.
In particolari momenti, si perdona tutto!
Quello che fa difetto nel sesso a distanza non è tanto l’eccitazione che si genera di momento in momento… di atto in atto. È la solitudine.
Quella che suscita la bestemmia. L’imprecazione un po’ disperata del dopo orgasmo. Quando le stesse mani che ci hanno dato il godimento, dovrebbero provvedere con carezze a placare i fremiti poc’anzi suscitati. E non parliamo degli artifici della bocca… dei baci. Che non possono esercitare la loro azione.
È la mattina in cui dovrò recuperare l’approccio con colui che già definisco come il mio ragazzino, anche se scaramanticamente non mi sono sentita di sditalinarmi immaginando qualche amplesso con lui. Ligia all’antica saggezza. Non dire gatto finché non è nel sacco.
Scendo in Città e rifaccio le stesse cose che ho fatto il giorno prima. Colazione allo stesso bar… spesa allo stesso market. Mi guardo attorno per vedere se ci fosse anche Flà. Che ovviamente non c’è.
Provo pure ad attaccar discorso con una bella ragazza più o meno dell’età di Flà. ci faccio la figura del attacca-bottoni chissà con quali mire.
Decisamente non è un giorno propizio come ieri.
M’incazzo. Esco dal market senza comperare alcun che.
Vago per la Città per far venire, più o meno, l’ora in cui ieri ero al capolinea della 22. Sono pessimista sull’esito di questa seconda mia battuta di caccia.
In un bar mi faccio un paio di campari per tirarmi su. Di nuovo in strada, sento l’euforia. L’umore è migliorato. La buona sorte mi premia: dietro la stessa colonna c’è di nuovo il mio ragazzino che fiocca una diversa ragazzina. La sua indole concupiscente mi rallegra. L’autobus è puntuale.
La scena si ripete: lei se ne va.
Lui sale. Io dietro.
Lui raggiunge il fondo della vettura. Si appoggia al finestrone. Io sono davanti a lui.
Ho indossato la stessa veste. Veramente corta. Appena il mezzo s’avvia, sento la sua mano farsi strada su per la mia coscia. La sento ferma. Determinata.
Che bello! Dio, se mai facesse tanto di accarezzarmi la Figa, gli sbrodolerei in mano. Va su. Su. Inesorabilmente. Tremo tutta. Il piacere sta conquistando il mio ventre. Le dita accarezzano delicatamente la Figa arretrano un po’. Si fanno largo fra le chiappe.
Memore del suo abbandono, il giorno precedente, gli stringo quelle dita tra le chiappe. Il ragazzo ci sa fare, eccome! Con due dita mi penetra il culo. Le gira. Mi fletto leggermente in avanti per agevolargli la penetrazione. Un brivido bollente quasi mi fa piegare le ginocchia.
Mi giro. Lo guardo dritto negli occhi. Gli faccio vedere la punta della lingua. Sorride.
<Hai un pennarello?>. Gli scrivo il mio telefono sulla mano: <Tra mezz’ora sono a casa.>
Frenata robusta. Siamo a Croce Coperta: la sua fermata. Scende. Nel passare mi palpa una tetta: <Mi scusi. Signora>.
“Così giovane, è già un simpatico porco!”
All’ora che ci siam detti al telefono arriva.
Sono
eccitatissima. Lo accolgo con formale cortesia. Appena dentro, la tentazione sarebbe quella di saltargli al collo. Baciarlo. Andare a sentire se fra le gambe hai già il cazzo o ancora il pistolino. Mi controllo. Lo invito a sedere sul divano e gli chiedo se gradisce una bibita: <…ho Coca-cola, ginger. Una buona birra.> Mi guarda con aria divertita: <A quest’ora sono al bar per l’aperitivo – butta lì con un certo orgoglio – Non è che hai per fare un buon Negroni. Farebbe bene anche a te. Io, comunque, lo so fare.>
<Ho riassortito ieri il bar di casa. È tuo. – apro l’anta che mostra tutte le bottiglie. – Io tiro fuori il ghiaccio.> Sono talmente in calore che farei sciogliere un iceberg.
Non mi sono mai preparata con sì tanta cura per un incontro d’amore. Matteo… si chiama così… per le vicende che l’hanno portato fin qui, mi è entrato nel cuore. Anche se non so, ancora, se abbia il cazzo o un pistolino. Per lui sono stata a bagno in acqua ben calda e profumatissima per quasi un’ora. Mi son tonificata sotto un gelido getto della doccia. Innanzi allo specchio ho eseguito tutti quegli esercizi per la scioltezza del corpo che facevo quando andavo a lezione di danza. Comprese tre spaccate a tutto raggio. Ho indossato un leggero abito che termina un palmo sopra al ginocchio e mostra un ampio decolté che copre sì e no le aureole dei capezzoli. Slip e reggiseno: neanche a parlarne. Non ho calzato le tacco 12 perché lui è longilineo ma non troppo alto. Poi, diciamocelo: quanto siamo più sensuali muovendoci attorno a un partner a piedi nudi!
È una bellezza osservare Matteo mentre gioca a fare il barman. Un po’ pieno di sé: rimescola i liquidi con sicurezza. Distende sul fondo del bicchiere il ghiaccio. Ci versa sopra il mix che ha ottenuto. Aggiunge la decorazione di una fetta tratta da un’arancia.
Mi porge il bicchiere con il forte, rosso liquore. I vetri si toccano: “Cin cin!” E’ veramente buono! L’alcol entra subito in circolo. M’inebria: sono subito un po’ brilla. Mi faccio verso di lui e: <Oltre che porco, sei anche bravo>
<Perché porco: ho fatto solo un cocktail.>
<Ehh… Stamattina in autobus.>
Stamattina? – finge di non ricordare bene – Avrò sicuramente fatto qualcosa che volevo fare… Io faccio sempre quello che voglio fare… Vedi, adesso ho fatto il Negroni…>
“Al diavolo il bon ton… Sono brilla… la Figa mi tira… quello che voglio è tirargli fuori l’uccello… Menarglielo… Farmi scopare… Succhiarglielo mentre sborra!” dico a me stessa. A lui invece… senza lasciargli finire la frase: <Anch’io sono come te… Faccio sempre quello che voglio…> Con un colpo vuoto il bicchiere. Mi attacco alla sua bocca. Spingo il ventre contro il suo. Quello che sento sotto i Jeans di Matteo, non riuscirò mai a descriverlo. Non ci credo. Debbo vedere!
Una mia mano scende sulla patta. Fa scendere lo zip.
La fessa aperta mi intimorisce. Indugio a varcarne la soglia con la mano. Ho bisogno di essere rassicurata.
Matteo mi sta succhiando la lingua. Le sue mani hanno già messo al vento le tette. Me le sta palpando con una certa esperienza.
Tutto mi dice “Guai se ti fermi!”. Inme subentra il panico di una che teme di perdere quanto ha faticosamente conquistato. M’attacco di nuovo ai jeans. Slaccio il bottone rimasto. Un colpo secco e metto a pavimento jeans e boxer.
Innanzi a me, tra un villoso cespuglio di peli ebano, troneggia, in militare erezione, il cazzo più cazzo della mia vita.
“Altro che pistolino… il mio ragazzino!”
Di fronte a tanto splendore non posso che inginocchiarmi. E, visto che ci sono… mugugnando eccitata… lo prendo a baci fra le labbra.
Solido come marmo. Caldissimo come arroventato sul fuoco. Ha una lunghezza standard ma una grossezza stupefacente. “Chissà il piacere che mi darà quando scorrazzerà nella mia Figa.” Pregusto fra me e me.
Provo ad infilarlo in bocca. Ho la bocca piccola. Non vorrei smascellarmi. Per il momento soprassiedo. Lui mi accarezza il capo.
Glielo scappello. Tosto giganteggia innanzi alle mie labbra il suo glande. Lo assaggio con la lingua stringendolo tra le mani. Lo tengo lì, tra le labbra, sferzandolo. Muovo le ganasce. Succhio. Lui trema tutto. Mi dice disordinatamente, cose che non pensavo sentirmi dire. Aumento le evoluzioni della lingua. Si scuote tutto… Emette un suono gutturale… Ops! Solo con il primo schizzo mi inonda la bocca.
Ingoio.
Un altro schizzo lo ricevo in pieno volto. La sua linfa cola sulle tette che lui ha tirate fuori.
S’è fatto serio il ragazzino. Il mio ragazzino!
Mi sollevo. Lo bacio con un misto di passione e tenerezza. Mi accorgo che ha gli occhi umidi. Non essere riuscito a trattenersi, pensa di aver dato una brutta impressione.
<Ma no. Dai! – cerco di consolarlo – Ne avevi già ricevuti?>
<No, ma so cosa succede? Se ne fa sempre fare dalle puttane, Umberto, della quinta B… Ogni volta mi racconta tutto.>
<E cosa fa Umberto dopo che è venuto?>
<Viene al bar a raccontarci.>
<Tu, adesso, cosa vuoi fare?>
<Io?… Tu, mica sei una puttana. Tu sei una bella Signora. Se mi tieni, resterei con te.>
<Io sono una Signorina… Ma, tu una Figa l’hai mai vista da vicino?> mi viene da domandargli a bruciapelo.
<Quella della Maurizia della seconda B, sì. Lei per 5 euro la fa vedere a tutti. Quest’anno che le sono cresciuti più peli ne vuole 7.>
Preciso meglio la domanda:
<Intendevo la Figa di una donna.>
<Quella no. Non ho mai avuto la fidanzata.> È imbarazzato.
La scena che s’è venuta a creare è alquanto grottesca: Lui, appoggiato al tavolo con un atteggiamento remissivo… il volto che guarda a terra. Addosso solo una maglietta bordò, con una scritta in giapponese. Calzoni e boxer a terra. Il cazzo, anche dopo il bocchino, bello eretto.
Io, pur con il volto impiastricciato dalla sborrata e le tette scoperte, mi muovo disinvolta e in piena allegria. Mi verso un altro bicchiere del mix che ha preparato Lui.
Con la bocca piena lo bacio passandogli il liquore. Un’ottima terapia per Lui che rinfrancato, si rimette a coccolarmi i capezzoli.
Io, riacquisisco l’eccitazione. Così, sfrontatamente gli domando: <Quindi, non hai ancora ne scopato, ne leccato la Figa?>
<Sono un povero verginello> dice, canzonando sé stesso, con ritrovata allegria.
Non ci crede nessuno ma sono timida e soprattutto fatico ad elemosinare sesso con richieste esplicite. In questo caso però:
<Vuoi provare a fare il pieno di tutto in una sola sera?>
<Magari! – ci pensa un attimo – E se vengo subito appena lo metto dentro?>
<Sarebbe il suo bello! Ricominceremo da capo.>. Uno sguardo all’uccello.
È sempre eccitato.
Sfilo completamente la veste. Lui, tutto quanto ha ancora addosso.
Siamo nudi.
Lui si lascia andare a contemplare il mio basso ventre. Indugia un po’ troppo…
Grido <Prendimi!> correndo verso la stanza da letto.
Un abbraccio sul letto è tutta un’altra cosa!
Ci stringiamo. Rotoliamo. Un po’ sono sopra io. Un po’ è Lui su di me. Lingua in bocca. Ci succhiamo il collo… Le lingue dietro e dentro le orecchie. Brividi solcano la mia colonna vertebrale dall’Atlantide all’osso sacro per scaricarsi, in un tripudio di piacere nel perineo. Facendo godere all’unisono Figa e culo.
Sono sotto, gli branco le chiappe con le mani e lo tiro contro di me. Spingo il Monte di Venere contro quel monumento che ha tra le gambe e che mi pare si sia
ulteriormente rinvigorito.
La voglia di averlo dentro di me è tanta!
Cerco di trasmettergli il messaggio roteando più volte il bacino. Lo sfregamento mi fa colare la Figa. Mi allargo più che posso. Lui si posiziona. Bollente e spalancata gliela porgo innanzi al ghigno del cazzo. Lo scappella. “Madonna
s’è grosso!” <Vieni, ma piano per favore… Non mi fare male.>
Ne appoggia la punta. La sento bollente. Mi spingo verso di lui quel po’, tanto pr inghiottire la cappella. Sto già gustandola quando, prepotente, da quell’avanguardia vermiglia parte uno schizzo. Lui sussulta. Fa per ritrarsi. Dal canto mio “Costi quel che costa” faccio il contrario. Mi getto contro quel meraviglioso cazzo che per due terzi dentro di me sta sborrando a tutto spiano.
È eccitatissimo. Vorrebbe dire qualcosa. Non glielo permetto.
Vogliosa più che mai la Figa si aspetta quel po’ di scopata per venire pure lei. lo guido: <Dai… mettilo dentro tutto. Scopami! Voglio venire anch’io.> Mi ascolta. Subito mi riempie. Glielo stringo con ogni muscolo che ho da quelle parti. È una sensazione stupenda, quello di sentirlo bello caldo in fondo alla Figa. Lui è perso. Non gli viene di fare alcuna mossa. Gli debbo gridare: <Scopami !>
L’uccello, malgrado l’eiaculazione, è ben in tono. La Figa, con i suoi naturali umori, più la sborrata che ha ricevuto, è lubrificatissima: la scopata evolve come tradizione comanda. Spiana la strada ad un orgasmo di grande qualità, comprensivo di grida altisonanti.
Matteo, pur se in uno stato di confusione esistenziale, ha assolto il suo compito di maschio ben dotato. Mi ha fatto godere e ora… Mi sta sopra… l’uccello in pugno, ad inseguire, con tutta la sapienza della sua mano, la terza sborrata di questo movimentato pomeriggio
Con precisione, due schizzi di sborra, planano sulle mie tette.
Appagata e raggiante di gioia, con lingua e labbra gli pulisco l’uccello. Lui dà segnali che se procedessi in un ulteriore bocchino, lui non direbbe di no.
Mi fermo. Per la ragione di non volerlo sfinire, rischiando di incuriosire la famiglia a voler scoprire l’origine della debacle del proprio figliuolo.
Lo rifocillo con una fetta di torta salata che ho fatta io. <Sono in ritardo per la cena dei miei. Ti vengo a cercare sabato. Ti troverò?>
<Come no. Mi pare che abbiamo qualcosa ancora in sospeso.>
Mi preparo un parco pasto. Sono ancora nuda. Andrò a letto subito. Quel ragazzo mi ha sfibrato. Mi ha anche appagata. Stasera non mi darò la buona notte con il solito ditalino. Ho voglia solo di rilassarmi. Chiudere gli occhi e pensare a lui… rivedermi i momenti di quella magica giornata.
Dovesse tornarmene voglia… Lui sarà lì, nel sogno. Saprà provvedere.
La voglia torna. Eccome! Il sogno è ruffiano. Provvede facendomela leccare da lui. Godo. Godo dormendo. Godo davvero.
All’improvviso il telefono si mette a gracchiare. Bestemmio. “Perché rovinarmi quel dolce momento onirico!” Poi, arrabbiata, leggo il display. Sobbalzo. È Lui: il mio ragazzino!
<Dormivi, Amore?>. Mi chiede con tanta dolcezza
<Ti sognavo.> Mi commuovo per tutte le belle cose che mi dice. Anche per lui è
stata una giornata strepitosa. <Non vedo l’ora che venga sabato> e mi ha già detto tutto.
Indubbiamente l’attesa è sempre eccitante quanto l’incontro stesso. Con Matteo diventa la mia ossessione, anche perché, lui ha preso molto sul serio quello che è avvenuto tra di noi. Per me è la stessa cosa. Ogni mattina è una sua telefonata a darmi il Buongiorno. Io, lo sento nel pomeriggio. La Buonanotte me la dà la sua voce. In quello stacco di due giorni ho sempre le mani sulla Figa. Appena leggo il suo nome sul display le mani mi cadono lì. Esco malvolentieri. Ho sempre un’aria trasognata. Scarsa attenzione per quanto mi sta attorno.
Sabato pomeriggio non arriva mai.
Il calendario e l’orologio non fanno sconti e il sabato è qui.
Come divenuta abitudine, è la voce di Matteo a svegliarmi. Non mi tocco. Resisto. Voglio dargli il mio desiderio al completo… e non solo.
Così nella tarda mattinata decido di dare tono e splendore ad ogni angolo del corpo con gli artifici di Fabrizia.
Troia bisex, l’estetista che ha aperto un salon de beautè nei pressi di casa.
<E così hai messo su la fidanzata… e vorresti stupirla con la mia arte di bellezza?>
<Intanto non è per una lei ma per un lui…> e, visto che ci sono, gliela racconto nei più intimi particolari. Mimando, anche, la grossezza del cazzo.
<Wow! Mi sa che più intrigata di così, la cotta, non te la potevi prendere. Ti farò rilucere come una stella.> Intanto mi sto spogliando innanzi a lei.
Fabrizia dice di essere bisex. In realtà va solo con femmine. Da lei ho avuto meravigliosi orgasmi anch’io. Una lingua che ne sa una più del diavolo: sempre che il diavolo possa essere anche femmina.
Sono distesa sul suo lettuccio… mi ha massaggiato tutto il viso… Ora sta dedicandosi al collo. A dir il vero ci siamo anche lasciate andare a un partecipato lingua in bocca. Lei me l’ha infilata stando sopra di me, a rovescio della mia posizione. Ho sentito la punta della sua lingua sfiorarmi l’uvula. Le sue mani, intanto, davano gioia ai seni. La figa ha rilasciato un suo schizzo, colato sul lenzuolino sotto le chiappe.
Con un certo dispiacere l’ho bloccata. Tanto per esser ligia a quanto mi ero detta: “A Lui, nella pienezza della mia voglia”.
Fabrizia ha capito. Uscita che sono dalla sua bottega, alla vista, ho una decina di anni in meno. Passando innanzi al bar della zona, un gruppo di lavoratori in pausa mi premia con il loro <Bella Figa!>
È di corsa che percorro la strada per casa. Voglio preparare la dimora all’evento. Un riordino accurato dei tre ambienti. Cambio la biancheria al letto. Spargo profumi ovunque.
Manca un’ora all’appuntamento. Ho bisogno di una doccia, anche per togliermi dalla pelle i residui degli olii con cui Fabrizia mi ha tonificata. Lo scroscio dell’acqua calda compie il suo benefico intervento. Mi specchio. Mi piaccio. Mi debbo solo pettinare il ciuffetto che conservo sopra la Figa. Qualche goccia di profumo qua e là… Sono pronta per Lui.
Mancano cinque minuti all’appuntamento. Ho il tempo per indossare qualcosa… Poi… “No. Mi troverà già nuda. Pronta all’uso.” È così che voglio essere per Lui.
Tre minuti: è angosciante. Non reggo. Lo chiamo:
<Sono già qui sotto. Salgo le scale e sono tuo – Una frase che mi fa intuire che avrà già l’uccello nella sua meravigliosa erezione. Faccio proprio bene a farmi trovare nuda. Aggiungo… – Trovi già la porta accostata. Spingi e vieni dentro> un modo di dire che mi verrà da ripetere più volte, durante la giornata. Mi appoggio alla porta e la mia attesa è ridotta a trenta secondi.
<Madonna che Fi…>. È la mia lingua a fargli rimangiare quanto vorrebbe dire. L’abbraccio… il bacio, danno già l’idea di come sarà il nostro pomeriggio. La mano di lui mi è fra le cosce. Me l’accarezza con dolcezza.
<Mi stai pisciando in mano, Tesoro.>
<Sto solo colando il piacere che mi stai dando. – Cerco di giustificare l’antipatico inconveniente. Comunque, è solo uno schizzetto. – È la grande voglia di te.>
<Mi metto subito alla pari> si stacca. In un attimo il suo poderoso cazzo preme sul mio Monte di Venere.
Mi vengono tante idee ma la saggezza dei miei 38 anni fa che per mano lo conduca al letto.
Mi sdraio. Lui mi è sopra per dirmi.
<Dove eravamo pur rimasti la volta scorsa?>
<Io sarei per un replay…Ti va?>
<Di preciso? Sono successe tante cose l’altro giorno…> Non gli rispondo. Ce l’ho già stretto in pugno. Lo bacio. Glielo scappello. Glielo ribacio, scappellato. Lui freme. È eccitatissimo. Me lo impunto. È bollente. “Dio… S’è bello grosso!”
Apro e spingo la Figa contro quella bella testa vermiglia. “Mamma mia, che gusto mi dà!”. Non ha esitazioni, stavolta, il mio ragazzino.
Spinge e fa scivolare dentro, il cazzo… fino in fondo. Un, attimo per baciarmi e stringersi a me. Inizia la danza del suo bacino in un ritmico dentro-fuori. “Mi scopa. Mi scopa… Mi scoopaaa!”.
Mi stringo forte a lui e al suo meraviglioso cazzo. Vengo io. Viene Lui e mi colma con un’abbondante eiaculazione.
Tra le mie braccia, tiene dentro l’uccello a lungo. Ben oltre il pulsare della Figa.
Mi racconta un mare di cose della sua intrigante età: la seconda A nel più prestigioso liceo della Città. La sua famiglia. Suo padre che ha una fabbrichetta dietro casa, sua madre, avvocato, che non è mai a casa. Ha però una sorellona, 19 anni. A cui lui si sente molto legato. Lei si è accorta che in questi giorni in lui era cambiato qualcosa.
Lo tengo stretto a me. Gli accarezzo i capelli, la schiena e anche l’uccello. Che, depotenziato dalla sborrata, giace inerte. Abbandonato contro il ventre suo.
In me la voglia non è svanita. Anzi… s’è fatta pressante. Così gli sussurro:
<Tesoro, la volta scorsa Ci eravamo lasciati che avremmo ripreso con una bella leccata di Figa.>
Non faccio in tempo a dirglielo che è già ad aprirmi le cosce con decisione. Le mordicchia avvicinandosi alla meta. La lingua sta sbavando sull’inguine.
Non ha bisogno di farla socchiudere. Gliela spalanco già io. Può entrare a lingua distesa pe la gioia della clitoride. La lingua si dirige decisa su questa.
Ci sa fare… il porco! Mi arrivano godimenti sublimi. Gli stringo il volto fra le cosce… Mi branca le chiappe… graffiandomele… urlo di piacere… mi mette un dito in culo… Ne aggiunge un secondo. Sospiro. Emetto gemiti… Balbetto qualcosa perché capisca che ha colto nel segno… Si scatena.
È il momento in cui non capisco più niente.
La lingua mi fa impazzire la Figa… Le dita il culo… Volo!
L’orgasmo è una saetta che mi tramortisce.
Quando torno alla realtà trovo Matteo che sta coprendomi il volto di bacetti.
<Decisamente eri in un altro mondo. Mi hai spaventato.> Ci abbracciamo. Ci baciamo. Sono io, ora a voler sapere come mi sono comportata. In effetti, nella mia mente c’è un piccolo vuoto. Chiedo a lui.
<Ho sentito che eri in orgasmo da quanto ti agitavi. Hai scalciato. Ti sei tutta contratta. Hai inarcato la schiena. Sobbalzato alcune volte. Hai gridato il mio nome. Ti sei accasciata respirando con affanno, scuotendo qua e là la testa.>.
<Povero amore mio! Credevi di avermi ammazzata a colpi di lingua… Che tesoro! invece stavi spingendomi verso la gioia più completa.>
Quelloche non mi torna, ora che son rinsavita completamente, è l’abilità con cui mi ha portato alla tensione spasmodica dell’orgasmo. L’uso preciso della lingua nello scovare e stimolare i punti più sensibili della vagina. Per uno che mi aveva detto di non aver ancora visto una figa da vicino, mi è sembrato eccessivo.
È solo curiosità. Nulla da rimproverare. Anzi… se c’è stato una consulenza, è solo da ringraziare. Glielo chiedo premettendo tutto ciò.
Il ragazzo arrossisce… Mi chiede se sono stata contenta. Lo rassicuro, baciandolo, incrociando le gambe con lui, prendendogli tra le mani l’uccello. Si avvia in una narrazione che, così d’acchito, si presenta vera e sincera:
<Come ti ho detto, ho una sorella di 19 anni che la sera in cui ci siam trovati io e te, è venuta in camera mia per chiedermi cosa mi era successo che mi aveva trasformato. Non se n’erano accorti ne mamma ne papà, ma a lei non era sfuggita la metamorfosi. Ho tenuto botta per un po’ negando ogni ipotesi.
Va a finire che le ho raccontato tutto di noi due: il pompino. La sborrata precoce. La scopata definitiva… Mi ha giurato che non dirà niente a nessuno di quanto le ho detto ed era tornata a studiare in stanza sua. Cristina è molto affezionata a me.
Essermi confidato con lei mi ha fatto star bene. Mi aveva dato sicurezza. Così avevo trovato il coraggio di romperti le scatole alle undici della notte. Dopo di che, ti ho pensato per un po’ e mi ero fatto una sega.
Mi sto lavando e mi sovviene che quando ci ritroveremo, potresti chiedermi di leccartela. Come poi è successo. E io non avrei saputo da che parte cominciare. Chissà se Cristina mi sa dare lumi?
È sincera la mia sorellona: “Sì è molto bello riceverla – e aggiunge – a me piace anche leccarla – È un eccitantissimo gioco di lingua.” Le avevo chiesto di spiegarmi qualcosa. Lei, ragazza molto pratica, si è sfilata la camicia da notte. Sotto era già nuda. Gambe aperte, sul letto: “Se provi. Facciamo meglio. Ti guiderò io la lingua… più su, più dentro, di qua, di là… Scappellotto sulla testa se fai qualcosa che non va. Tu devi metterci solo la lingua.” Mi ero fidato e mi ero accoccolato tra le sue cosce. Mi aveva spiegato come ti avrei fatto socchiudere le labbra della figa e io, con quel nuovo forte odore nelle narici ho slinguazzato che era un piacere. Ero tanto preso da memorizzare quanto lei diceva che non mi sono neppure eccitato. Ho però imparato a conoscere bene ogni angolo della Figa. Ognuno con il suo nome. Lei invece, eccitatissima, è venuta mordendo un cuscino per insonorizzare l’orgasmo. Ho visto in Lei un’aria veramente beata, quando mi son tirato su.
“Adesso vieni qui, che ti bacio”
“Ma non è necessario” Le ho detto. Lei ha insistito. Abbiam fatto un bel lingua in bocca. Poi… E non me lo aspettavo… Mi ha ordinato: “Tira fuori il cazzo.” Me l’ha dovuto ripetere. Era eccitatissima.
Me l’ha scappellato. Poi se l’è messo in bocca. Leccato… Un po’ come hai fatto tu l’altro giorno… Non più di dieci profonde pompate con le ganasce. Sono venuto. Ha ingoiato tutto.
“Adesso però – mi aveva sussurrato – me la rilecchi. Vero? Voglio vedere se ti ricordi tutto.”
Con la seconda. Non ho ricevuto neppure uno scappellotto e nelle successive serate, Cristina ha voluto ripetere la prova per essere sicura che avevo capito bene tutto.>
Il racconto di Matteo è una sferzata all’eccitazione che si rinnova in me con tutta la sua sfrontatezza. Al bacio unisco un’affettuosa carezza. Allungo la mano e ho la sensazione che il granitico monumento che ha tra le gambe, abbia guadagnato una taglia in più. Quindi, anche lui è alla ricerca di spunti per nuovi godimenti.
Anche le sue falangi stanno muovendosi tra le chiappe per ipotetici desideri da assecondare. “Chissà, che la sorellona…Che pare buona conoscitrice dell’ars amandi… non gli abbia dato qualche altra dritta?”
<Ti ha dato qualche altra dritta la sorellona?>
Oh sì. È molto contenta che me la faccia con una come te. Della tua età. Dice che siete sempre calde. Vorrebbe anche conoscerti. Però senza di me. Ha detto.
Mi ha fatto gli auguri, raccomandandosi di farti godere molto, anche nel culo. Che alla tua età è molto gradito.>
Già. Il culo… Certo… che sarebbe gradito! Però… Uno sguardo all’uccello. Mi viene freddo, al pensiero che debba farsi largo tra le mie chiappette. Debbo riflettere! Mi abbasso glielo succhio un po’ chissà che sentirmelo contro il palato, così vicino al cervello, non mi convinca? Forse è solo un’impressione!
Mi sono convinta. Glielo dico con tutti i miei timori.
<Allora sei vergine lì – fa Lui. Poi pieno di premure – dice Cristina che con un lubrificante sparisce ogni problema.>
Vado in bagno e torno con qualcosa che fa al caso.
Glielo ungo io. Me lo unge lui.
C’è poi da decidere in quale posizione attuare la penetrazione.
La sorellona gli ha romanticamente consigliato la posizione, sulla sponda del letto… il bacino sollevato… Lui in piedi:
<Così possiamo guardarci negli occhi> Mi sussurra Lui.
Gli chiedo solo di non farmi male. L’aspetto sgrillettandomi piacevolmente la clitoride. Tanto per coinvolgere qualche altra parte di me.
Sento il calore della sua cappella farsi largo fra le chiappe… guadagnare i bordi del culo. Fin qui è piacevole. Anche l Figa gradisce: lacrima di gioia.
Una piccola spinta. Guadagna i primi centimetri dell’ambito budello. Niente dolore. Allargo più che posso l’apertura…
Il cazzo… ben lubrificato… scivola tutto dentro, riempendomi della sua carne… L’insolito piacere mi conquista.
Prende a scoparmi. I suoi testicoli sbattono contro le mie floride natiche, rilasciando un preciso rumore:
<Inculami forte… Cucciolo… Spingi… Di più… Di più… Sborrami tutta…> Avverto i suoi fiotti sgorgare in me. Mi lascio prendere dalle spasmodiche frenesie dell’orgasmo. La Figa, per solidarietà, cola. Stringo più che posso quel cazzo che schizzo dopo schizzo esaurisce la sua scorta di sborra nel più remoto del mio culo.
Mi rilasso. Lui mi libera dal suo prepuzio si accoccola di fianco a me. Un milione di pensieri sfrecciano nella mia mente.
Gli orgasmi delle inculate sono tremendi. Ti presentano tutte le connessioni a cui il godimento è ancorato, mostrandoti le sfaccettature sia favorevoli che sfavorevoli. Non ti resta che il compito di far le tue scelte.
Con questa storia appena nata, di scelte e decisioni ne dovrò prender alcune anche difficili.
Se lo facessi ora, sarei superficiale. Matteo da bravo maschietto si è addormentato. Mi faccio contro di Lui e mi addormento anch’io.
Mi sveglio che lui dorme ancora. Sono quasi le 7, non vorrei che la famiglia lo sgridasse. Lo sveglio.
Mi ringrazia <Mamma è intransigente con i ritardi – intanto si riveste. Cambia argomento – Stasera, sono sicuro che Cristina mi chiederà di te… Posso…>
<Per me puoi raccontarle tutto- Ci ripenso e modifico – No. Tu dille in generale che è andato tutto bene e che hai fatto una bella figura. Se vedi che ne vuol sapere di più telefonami che mi metto d’accordo io per incontrarla e raccontarle ogni attimo che abbiamo vissuto assieme.>
“Chissà che non condivida certe mie virtù?” penso tra me.
Le domeniche per me sono giornate faticose. Mi alzo sempre alla buonora per rassettare il mio appartamento. Spalanco le finestre e via di aspirapolvere e moccio in ogni angolo del mio piccolo nido. Un bilocale con terrazza che mi sto ancora pagando con il mutuo. Da queste ore di faticose evoluzioni, ne esco sempre sfinita. Impresentabile nell’aspetto: sudata. Scarmigliata con la veste da casa imbrattata da questo e quello.
Un lasso di tempo che non rispondo alle telefonate. Non gradisco visite.
Finito il mio tour di igienizzazione, mi soffermo ad osservare con una certa soddisfazione l’ambiente rigenerato.
“Sì, ho proprio fatto un bel lavoro – e mi sfugge una riflessione che proprio con l’gene domestico non centra per niente – Oggi sì che mi piacerebbe far vedere a Matteo quanto sia più confortevole il letto con la biancheria fresca e profumata.”
Eh, Matteo! È sempre nei miei pensieri!
Sono solo le undici… mi faccio un caffè rilassandomi in poltrona. Caldo, profumato, mi ripaga della fatica.
“Cazzo, suonano alla porta” Sarei tentata di non aprire ma ho messo la musica a tutto volume e ho le finestre aperte. Da lontano si sente che sono in casa. “Sarà qualche vicino che si lamenta della musica” Apro.
“Cazzo”, è Matteo assieme a una bella patozza:
<Lei è Cristina, passavamo qui sotto. Abbiamo sentito la musica le ho detto “Facciamole un saluto”. Così abbiam preso qualche dolcetto alla pasticceria…>
Mi porgono un pacchetto con le pasterelle. Lui fa per darmi un bacio. Mi ritraggo. Sono sudata e maleodorante. Li faccio entrare. Un altro giro di caffè. Qualche discorso di circostanza. È Matteo a tirar fuori: <Lei di noi sa tutto. Ci teneva a conoscerti.>
<Con quello che m’ha raccontato, mi sono emozionata, vedendoti. È un ragazzo fortunato, Matteo, aver trovato una nave scuola della tua bellezza. – e qui le sfugge un’anteprima anche per il fratellino – Avessi avuto io la fortuna d’aver trovato te anziché quella sgradevole befana di professoressa di greco.> sono la più vicina. Mi prende una mano e me la stringe.
Sono imbarazzatissima. Reagisco facendo capire che ho capito il gioco e che ci sto anch’io. Però a carte scoperte:
<Anch’io conosco i buoni consigli che gli hai dato e come glieli hai dati. Ricambio la stretta di mano. Lei va oltre. Accenna a una carezza sul viso.> un lungo minuto di silenzio tra di noi: Cristina, si impegna a sciogliere lo spago al pacchetto delle pasterelle… Matteo si soffia a lungo il naso… Io trovo l’escamotage per prolungare la loro presenza: <Io ragazzi, mi sento a disagio. Quando avete suonato stavo per infilarmi sotto la doccia. Ero e sono sudatissima. Se Matteo ci facesse un buon aperitivo come ha fatto a me l’altro giorno. Io mi do una sciacquata, così dopo facciamo un, brindisi al nostro incontro. Tutti d’accordo, m’infilo nel bagno.
Mai avevo fatto una doccia così veloce: acqua ben calda… bagno schiuma… acqua tiepida. Ripassata a figa e culo: non si sa mai. Anche una pettinata al ciuffo sul Monte di Venere. Gocce di profumo su inguine, tette e collo. Solo l’accappatoio. Torno ai miei ospiti: <Sette minuti… Da record> fà Matteo, guardando con ironia la sorella che sbuffa all’evidente allusione.
Leviamo i bicchieri con il mix rubino preparato da Matteo. È fortissimo!
<Ottimo! Anche se ci sbronzerà.> Commento
<Speriamo ci faccia perdere per un po’ la ragione> Cristina
<Mentre voi ritrovate la ragione io vado a riprendere la mia bicicletta dal meccanico, se no chiude…> Mi dà un bacio e se ne va.
Non ci diciamo molto inizialmente, io e la Crì: <E – Lei – se ce ne facessimo un altro goccio?>
Riempio i bicchieri
I vetri tintinnano. Dopo il primo sorso, restiamo a lungo a parlarci solo con gli occhi e un leggero sorriso. Con un secondo sorso secchiamo la razione. Le prendo il bicchiere dalla mano. L’appoggio al tavolo assieme al mio. Faccio per rimettermi nella traiettoria del suo magnetico sguardo, ma appena questi si incociano, Lei, con un guizzo mi prende il volto con le mani. Le sue labbra sono sulle mie che si aprono per succhiarne la lingua, dopo che l’ho lasciata esplorare la bocca. Nella saliva ha ancora il buon sapore dell’aperitivo. Siamo strette l’una all’altra con grande passione e tanta voglia. Distoglie le labbra dalla mia bocca per succhiarmi il collo. Sono tutta un fremito.
Mi slaccia l’accappatoio. Dal collo al seno il tragitto è breve. Un capezzolo nella sua bocca è una scarica dietro l’altra. Debbo appoggiarmi a un mobile per reggere il suo assalto. Ci sa fare con la lingua, la ragazza. E allora perché non raccogliere subito la richiesta che mi sussurra: <Portami a letto, Flà!>
È come avere tra le cosce un’anguilla. La sua bocca guizza in ogni parte del mio corpo dove presume che io provi piacere. Abbandonata le parti alte si cala sopra di me, già in posizione 69. Delicati morsi con le sole labbra sulle cosce. La lingua si organizza un tour che dalla clitoride fa tappa in ogni ambito della Figa. lasciando ovunque acrobatiche evoluzioni con ingorde leccate. Espatria poi sul perineo, dedicandogli particolare attenzione. Il mio godimento è spasmodico. Anche il buco del culo riceve le dovute delizie, in quanto capolinea. Qui il viaggio inverte la rotta, ripercorrendo all’inverso il godurioso navigare. Mi agito, sobbalzo. Urlo, la incito. La benedico. A metà Figa, prendo a squirtare come un’irroratrice meccanica per l’agricoltura. Una cremosa sborrata cola dalla Figa lambendo il buco del culo. Mi lascio andare, rilassandomi completamente. Sento la lingua di Lei ripulire tutta la parte.
Le lenzuola fantasia che avevo messo nel letto pensando a Matteo, sono un concentrato dei nostri odorosi umori. Però, è bello così!
In bagno ci ricomponiamo e ci rendiamo presentabili un attimo prima che suonino alla porta.
È Matteo che si riunisce alla sua sorellona.
Entra, ci squadra. Scoppia in una risata: <Che meravigliose porche che siete!!>
Le risponde Cristina. <Ci sarebbe stato bene anche il tuo pisello – ammiccando a me – La prossima volta impediremo che te la batta.>
Il bacio del commiato avviene a tre lingue. Lo considero una promessa.