Quando misi a rischio la mia seconda verginità
Flavia dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard del dr. Hans Stortoghårdt in Borgergade 9, 1300 København
Il cameriere ha lasciato sul tavolo la bottiglia del calvados Boulard e così, uno, due… tre, uno dopo l’altro, li ingolliamo voraci, preceduti dai dovuti prosit:
«Ai tuoi buoni affari futuri» è il primo brindisi che si intesta Oscar. Deve essere sbronzo: “a 17 anni festeggiare un successo di lavoro!”
E debbo essere sbronza anch’io, giacché, per gli altri due, abbandono il genere, e:
«Al più sano amante che una donna possa mai trovare» e gli mando un aereo bacio.
La sbronza mi ha rinnovato la voglia di lui, anche se sono trascorse solo tre ore dall’ultimo orgasmo che mi ha procurato la sua lingua. Lui legge i miei occhi e mi stringe forte la mano. È come se mi avesse stretto una tetta: vengo invasa da una follata di piacere. Con il terzo brindisi rendo ancor più esplicito il mio desiderio aggiungendovi un tocco poetico:
«Al meraviglioso uccello che è volato oggi in me» Oscar arrossisce. Non è da lui! L’austerità dell’ambiente l’ha intimorito: parla sommessamente. Non attinge più cazzo dal dizionario degli intercalari. È più simile a un coniuge dopo il settimo anno di matrimonio che al focoso amante che da qualche mese si è presa la briga di appagarmi quasi ogni giorno.
La bramosia sta crescendo in me. Aumento la qualità delle provocazioni: libero un piede dalla scarpa e lo spingo in esplorazione fra le gambe di lui. Il gesto lo sconvolge, non sa come reagire. Se fossimo a casa un minuto dopo mi sarei trovata sdraiata sul tavolo, già con gli slip calati. Qui, si alza di scatto e si dimostra confuso. Il mio piede ha saggiato il pacco: conferma che promette bene: lo voglio!
Il cameriere restituisce la carta di credito e intasca la mancia. Fuori, una pioggia incerta.
A Bologna, città in cui la vendita degli ombrelli è bassa, la pioggia non spaventa: ci sono i portici con le loro colonne che in particolari situazioni creano angoli riparati dagli sguardi dei passanti. Una manna per innamorati ed amanti. Mi torna in mente il mio Prevert del liceo. Scelsi la sezione con il francese solo per i suoi versi: “Les enfants qui s’aiment s’embrassent debout / Contre les portes de la nuit / Et les passants qui passent les désignent du doigt”.
È bello sentirsi spingere dal lui del momento contro una granitica colonna, mentre la sua lingua si attorciglia alla tua. Sentire contro il proprio ventre la sua erezione! Beh, quella di Oscar, così come la sto sentendo in questo anfratto è notevole! Non mi resta che prenderlo per mano e via di corsa verso il nostro hotel. Solo cento metri!
Debbo proprio essere sbronza… Mi dirigo alla reception – il portiere di notte è una graziosa ragazza bionda che sotto un’allacciatissima giacca, professionale, da portiere d’hotel, non ha indossato ne camicia ne, tanto meno, reggiseno. Si nota la forma dei capezzoli che premono contro la leggera grisaglia di quell’orrenda divisa da maitre d’hotel. Cerca di ammiccare con il mio Óscar lanciandogli bordate dai suoi occhi verdi da gatta. Non sono gelosa, sono solo ubriaca e quindi iper attiva: non riesco a contenere la voglia di attaccar discorso con chiunque incroci e così mi invento un qualche cosa che riguarda la stanza che occupiamo:
«Scusa, non è che da quel monumento di monitor che sta in camera, riusciamo a goderci come trombano in altre parti del mondo?»
La ragazza mi guarda strana, poi capisce: «Oh sì, certo. Ci sono le istruzioni con le password per il collegamento proprio sotto il piedistallo del monitor. Purtroppo però non sono molto chiare. Se crede posso venire io a sintonizzarlo. Metto il portiere automatico e salgo con voi» e appoggia sul banco un mastodontico pulsante. Debbo proprio essere sbronza se l’apostrofo con: «Dai mò, Cocca. Così cominciamo subito le danze.» E appena le porte dell’ascensore si richiudono non manco di darle una bella pacca su una natica. Lei mi sorride divertita. Oscar si dimostra silenzioso e imbarazzato dalla mia sfrontatezza. Sono imprecisa nel parlare: mi striscia la lingua e forse il passo a volte si fa incerto. Ma siamo già alla meta. Decisamente sono ubriaca.
Con poche e sicure manovre sintonizza l’apparecchiatura su Porno Hub «Avete qualche preferenza per un canale in particolare?»
«Oh, certo. Mettilo sul canale lesbo. Così un po’ diversifico.» e mi avvicino a lei con la lingua che spunta mentre struscia fra le mie labbra. Lei sorride sempre.
Ci sta. La sua bocca è profumata e calda. Le stringo le poppe e lei emette un profondo sospiro. Palpa le mie e si stringe a me. Oscar si è messo in poltrona e sono sicura che appena riesco a tirarle fuori le tette, lui darà aria al suo gingillo e prenderà a masturbarsi. Fa sempre così quando faccio gli assalti a Simon.
La Portinaia, però mi blocca e si stacca da me con fare molto professionale: «L’utilizzo del collegamento ha un costo di 12 € per notte.»
«E se tu resti qui con noi quanto ti dovremmo?»
«Non posso restare. Anche se mi piacerebbe molto. Alle quattro del mattino cessa il mio turno e potrei salire, allora, qui con voi. Se mi dedicherò solo a te – e la mette subito sul confidenziale – Bel Gnocchino! Ti faccio bene perché mi piaci. Sono 150. Se in gioco entra anche il ganzo che hai a mano, il tutto diventa 250. Come vedi conviene. Tenete presente che sono prezzi molto speciali. Me la state facendo tirare e mi piacete. Ci terrei tanto fare qualche volo assieme a voi. Volerei col cuore e la passione.» Decisamente ci sapeva fare.
«Che ne dici Oscar, l’aspettiamo alle quattro?»
«Cerchiamo solo di non sfinirci prima.»
«In questo caso il collegamento è gratuito. Dimenticavo, io mi chiamo Letizia.» Mi dà un ultimo bacio che replica con Oscar, a cui aggiunge una vibrata palpata al suo pacco rilasciando un’espressione di gradimento.
Mi ha colpito la puttanella della reception. Me la sarei fatta seduta stante. Mi sfogo nel mobile bar da cui aggiungo allo champagne e ai calvados un mignon di cognac, messo lì apposta perché la ciucca esploda in tutto il suo potenziale. E così è. Debbo sedermi sul letto perché qui tutto gira e si ribalta. Cerco con gli occhi Oscar… Dove è finito, sto mandrillo del cazzo?… Cazzo!… È lì in poltrona già tutto nudo che sta menandosi il bigolo. Merda!… Ce l’ha moscio… E io che ho tanta… e tanta voglia di trombare…
Trombare?… E chi si regge in piedi?… Va bene che per essere trombata è meglio stare sdraiata. Si può fare: «Oscar dove sei? »
«Sono qui, amore mio» anche la sua voce è quella di un ubriaco.
Mi si para innanzi con quel disgustoso cazzo pendulo. Mi spinge e mi costringe a sdraiarmi. È sopra di me. Pesa! Lui è bollente, io ho un gran freddo.… Ho ancora tutti i vestiti addosso: «Come faccio a farmi trombare?» Mi lamento.
«Ci penso io.» Sbottona, slaccia, sgancia: con poche mosse mi rende come mamma mi ha fatta. E dire che è visibilmente sbronzo. Subito le sue dita vanno fra le mie cosce. Annaspano disordinatamente fra le pieghe delle grandi labbra. Ne ho voglia ma stento a provare quei piccoli fremiti con cui inizio sempre a godere. M’incazzo e gli sposto la mano. Si incazza anche lui e mi molla due sganassoni. Non sento dolore, ma forse è proprio quello che ci vuole. Mi metto a piangere. Mi stringo a lui. Adesso il suo cazzo è in perfetta erezione. Lo voglio! Gli infilo la lingua in bocca. Tanto per cominciare.
L’ultima cosa che ricordo è di avergli messo la lingua in bocca. Poi il sonno mi ha sopraffatto. Altro che chiavata!
Oscar dorme su un fianco con un’espressione fanciullesca sul volto. L’uccello ce l’ha duro. Sicuramente sta sognandomi.
Ho un gran mal di testa e mi è rimasta la voglia di trombare. Ci vorrebbe un’aspirina. Faccio il numero della reception. Sento la voce di Letizia. La dolce Letizia: «Sono solo le tre. Devi aspettare ancora un’ora e sarò tua.» Mi prende in giro.
«L’aspirina te la mando su immediatamente da un bel giovane.»
«Di cazzo qui ne ho in abbondanza… Voglio te.» Un po’ sbronza lo sono ancora.
Sono nuda quando le apro la porta. Mi porge la bustina con qualche compressa. Nello stesso tempo mi spinge… Mi spinge verso il letto dove sta dormendo Oscar. Con poco riguardo mi sdraia ed è su di me. Le sue dita invadono la mia figa. Ci sa fare la dolce Letizia. Sono subito piena di fremiti. Mi masturba e mi bacia con tanta passione… Vengo!
Con grande professionalità si leva, scioglie l’aspirina in un bicchiere e me la porge: «Me l’avevi già fatto passare tu.»
«Ci vediamo fra un’ora» Mi sorride e torna al suo posto di lavoro.
Ho freddo… tanto freddo. Mi sdraio contro il mio maschiaccio che non si è svegliato neppure quando Letizia mi ha improvvisato il ditalino proprio lì, di fianco a lui. Ha continuato a sognare sbandierando il suo bel cazzo duro che adesso ho carpito e mi godo fra le cosce. È sempre duro e ben caldo. Tiro su le coperte. Adesso siamo tutti al caldo: io, Oscar e il suo uccello. Comincio a star bene e do più importanza alla voglia che sta crescendo in me. Oltretutto ho l’impressione che lui stia fingendo di dormire. Ed è proprio così. Fa tutte quelle mosse che si fanno al risveglio e fa pure l’espressione meravigliata di trovarmi sdraiata al suo fianco ma non sa fingere e mi trovo già la sua lingua in bocca. Aggiusta la posizione, spinge sui testicoli e, finalmente, me lo infila. È una gioia! Me lo tengo caro, dentro. Non faccio una mossa. Resto così ad assaporare quel suo caldo naturale. Lui sta al gioco: piccolissimi suoi movimenti del bacino iniziano a portarmi nel piacere: brividi, fremiti e tutto quello che ci vuole. Me la sguazzo proprio! Stringo il cazzo con tutto quello che può stringere una figa in calore e premo contro il suo pube perché entri in me il più possibile. Insomma: me lo sto succhiando con la figa!
Adesso si è messo a sbattermi sempre più velocemente. Con la voglia che ho non resisterò molto a questi forti stimoli. Sto per venire. Glielo sussurrò quasi con un rantolo. È sincero nella risposta: «Aspettami, non fare l’ingorda troia. – E il suo ritmo diventa frenetico. Grugnisce. Mi dice un mare di porcate e si svuota in me dicendo – Stanotte però il culo me lo dai. Vero?» Sono anch’io impegnata in quel maxi godimento che bramo da ore e non riesco che a promettergli:
«Sì… sì, che te lo do. Stanotte te lo stai proprio meritando.» e prendo il volo anch’io.
Svanito l’orgasmo sono tornata con i piedi sulla terra e mi rendo conto di aver promesso qualcosa che proprio non sono pronta a mantenere. Cominciamo a discuterne. Oscar fa il broncio:
«Io ti sto dando il meglio della mia gioventù e tu non vuoi darmi l’accesso a quell’insignificante buchetto….»
Prima lo canzono: «Da quando hai rotto quello di Milly non ti si va più alla testa. Pensi che tutti i culi del mondo siano lì pronti a farsi sfondare da te. -Faccio l’offesa – Intanto il mio è un signor culo e non quell’insignificante buchetto come hai detto tu. E se vuoi continuare ad essere il favorito della mia passeretta devi avere rispetto anche per il mio buco del culo.» L’unica porta che avevo da sbattere per dimostrare la mia incazzatura era quella del bagno. Mi ci infilo ed eseguo platealmente.
Non più di tre minuti e il mostro e lì che vuole scusarsi. Riattivo l’espressione incazzata e seduta sul cesso gli dico di entrare:
«Non volevo certo offendere il più bel culo che sia mai passato innanzi ai miei occhi. Che debbo sempre ringraziare per l’onore che mi ha fatto di accettare di lasciarsi accarezzare dalla mia lingua. Ti chiedo scusa se ho insistito, ho solo pensato che volesti essere alla pari delle altre ragazze della famiglia. Se hai presente, Simon, che ha voluto subito seguire l’esempio di Milly, ne ha provato un gran godimento…. Così mi ha detto, dopo, lei. E questo mi piacerebbe farlo provare anche a te… ma se non vuoi…»
Addolcisco l’espressione e provo a spiegargli l’importanza che ha per me quell’ultimo brandello di verginità che porto addosso. E lì per lì mi invento che quel brandello è sì riservato a lui ma che vorrei darglielo nell’ambito della nostra nuova famiglia: con Simon e Milly come madrine.
Mi sembra di averlo convinto: «Mi perdoni anche per aver offeso il tuo dolce culetto.»
«Se me la lecchi il nostro primo bisticcio non è mai iniziato.»
E, che non era rimasta in me alcuna ombra di rancore glielo dimostro con la classica posa per il cunnilingio, che assumo nello sdraiarmi…. E lui si tuffa fra le mie cosce con tanta passione.
Fra un brivido e l’altro percepisco un leggero rumore: è Letizia che grazie ad una carta magnetica passe-partout, si è materializzata di fianco al letto. Non è più vestita da generale dei portieri d’albergo, porta solo un leggero abito primaverile che, vista la situazione, sfila con una sola mossa.
«Forse sono arrivata un po’ inopportuna, ma così posso partecipare. E’ un repertorio che ben conosco e vista la perizia del duo, se mi aggiungo dovrebbe diventare un bel trio»
Oscar non ha smesso un solo istante di stuzzicarmi il grilletto. Le grido di succhiarmi le tette e la giostra inizia a girare. Adesso sono due le lingue che si muovono su di me regalandomi indomabili sensazioni che si traducono in ripetuti squirt sul volto del povero Óscar che non ha cessato un attimo di meritarsi il mio perdono. Mi sento ingrata verso questi due dispensatori di piacere. E mi assesto in modo che Letizia possa mettersi in posa 69 e la mia bocca si incolla alla sua figa. Non penso più a niente. Mi lascio andare e aspetto che quanto mi stanno offrendo quelle due bocche colmino il paniere del godimento. E mi avvio all’orgasmo. Non debbo aspettare molto: eccolo! Dalla contrazione dei miei muscoli del ventre, Letizia capisce che sto per… e sposta le sue labbra sulle mie, evito così di urlare… – Lei ci tiene al buon nome dell’Hotel –. È un godimento da urlo e lingua contro lingua m’involo verso l’acme.
Non c’è tregua. Oscar con sorprendente velocità, sostituisce la bocca con il suo uccello. Sono ancora nel cuore dell’orgasmo. Quel cazzo sprofonda in me e prende a martellare le più recondite profondità della passera. Vorrei contorcermi ma i due corpi sopra di me, lo impediscono così come la bocca di Letizia mi impedisce di gridare il mio piacere. Oscar invece bestemmia per la gioia: ha cominciato a spruzzare il suo seme sulla mia pancia. Sento caldi i suoi schizzi. È decisamente un trionfo, questo godimento!
Letizia sta complimentandosi con Oscar per la bella performance. Soprattutto è attratta dal suo uccello. Gliela accarezza partendo dai genitali. Glielo scappella per conoscere il glande che in posizione di riposo si è rifugiato nel prepuzio.
Poi l’attrazione diventa una calamita. I due sono in ginocchio sul letto uno di fronte all’altra. Si prendono, si stringono e vedo una mano del ragazzaccio che agisce sul proprio fallo per riportarlo alla consistenza dovuta per un giro turistico nella figa di Lei.
Ha una figa veramente bella, la ragazza. Molto curata, al centro di un batuffolo di peli lucidi e sinceramente biondi, sapientemente sagomati a forma di cuore. Certamente una figa da mostrare. E sicuramente, quando avrà concluso le smancerie con il mio Oscar, le chiederò di farmela leccare. Adesso però non c’è speranza. Oscar ha ripristinato tutto il suo vigore. Lei gli si è fiondata contro e allargata la crepa con una mano, con l’altra l’ha spinto dentro. Soffiano come due bisce in amore. Non oso intromettermi.
Mi metto comoda, spettatrice di un live hard-core di notevole forza. Letizia è una sex–enciclopedia… un Kama Sutra portatile. Se lo sta pappando nelle più disparate posizioni: in verticale, missionaria, galoppando sopra di lui, alla pecorina e adesso… che sicuramente sta concludendo, è tornata alla classica missionaria. Dal respiro accelerato e dallo sguardo obnubilato, la porca! direi che è in procinto di venire. Il mio cinno, non ha sbagliato una mossa. Ha fatto fronte ad ogni figura come che l’avesse già praticata decine di volte. “Dio che amante mi sono trovata! Sono proprio orgogliosa di lui. Se penso che neppure una settimana fa non l’aveva mai neppure annusata” e intanto la stringe forte mentre Questa si agita concludendo il suo giro di piacere. E non è finita: lui lo estrae e subito parte uno schizzo «Ma no… – fa lei – lo volevo in faccia. Te lo avevo anche chiesto.»
«Non è un problema.» Stringe la cuspide del membro. Le si fa più vicino e molla la presa. Partono tre corposi schizzi che planano fra gli occhi, il naso e la bocca di Letizia.
Applaudo, un sex–kolossal!
Non sono state molte le parole che ci siamo scambiati da quando lei è comparsa: molti i sospiri e i rumorosi afflati. Fra di noi comincia un dialogo. Si parte dal compiacimento per le prestazioni ricevute e si passa a soddisfare le reciproche curiosità: “sei sposata”, “non sei di qui. Da dove vieni?”, “È da molto che siete assieme” e così via. Letizia fa la portiera di hotel quale riempitivo per poter mandare a casa un po’ di denaro alla sua famiglia, molto numerosa e con fratelli, sette, tutti in giovane età. Viene da Belluno ed è qui quale aggiunto, violoncello, nell’orchestra del teatro comunale. È escort solo se dall’altra parte c’è gente che le piace. Ed essendo che le piace anche darla via: «… molto anche alle ‘lei’» Perché darla gratis, quando tenerla in forma e ben allestita costa una certa cifra.
Mi piace la ragazza e come ho pensato appena me la sono vista innanzi nuda, adesso la voglio assaggiare. Spalanco la bocca sopra al suo ciuffo dorato e con la lingua vado a cercare l’accesso. Ci pensa lei con le mani. È un crogiolo di umori e sapori. Individuo in lei odore di Oscar e il sapore di lei. Speziato. Così come lei si presenta, un sapore un po’ esotico. E io sono ghiotta di immagini orientaleggianti:
«Te la mangerei tutta…» e affondo la lingua fra le sue carni più vive. Lei si bea della mia lussuria. Ci scherza sopra: «Non è che sono finita in una setta di antropofagi? Quando sono entrata lui sta assaggiando te. Adesso tu vuoi divorarmi. È difficile non pensarlo. Però, ho tanta voglia di essere divorata da te.» e si apre tutta più che può, anche con un cuscino sotto la schiena per mettere sul piatto e in bellavista, anche quel fiorellino del suo buco del culo.
Comincio proprio da lì il mio spuntino. A colpi di punta di lingua, glielo faccio aprire più che può e ci infilo il pollice. Sento che non soffre. Le piace. Gode. Aggiungo un secondo dito. Mugola di piacere. Sussurra: «Ancora!» e le dita diventano tre. L’elasticità di questo foro mi sorprende e mi fa sorgere un’idea: faccio felice Oscar. E così fra lingua e dita mi impegno a portarla all’orgasmo agendo solo sul buco del culo. Impazzisce platealmente ma poi il godimento ha ragione di lei e si lascia andare esausta. Sono incomprensibili le poche parole che sussurra. Fingo di averle comprese e la bacio. Me le ripete:
«Sono anni che bramavo tanto godimento. A te lo posso dire: come godo per il culo non avviene in altre parti.»
Esploro l’argomento: «Quindi se puoi la tua attività sessuale, quella di piacere – preciso – l’affidi al culo?»
«Neanche per sogno. Vedi, tu sei stata di una delicatezza inimmaginabile. Ho provato subito piacere e mi sono rilassata e tu avresti potuto entrare con tutto quello che volevi. Invece hai voluto essere ancora più delicata e me l’hai violato con le dita una dopo l’altra. Una grande classe!»
«E come fai con i maschi?»
«A loro non lo do. E devo spesso difenderlo. Perché a dire il vero, anche esteriormente, ho un bel culo. Per ora l’unico maschio che lascio sguazzarci dentro è Enrico, il mio moroso di Belluno. Che purtroppo è molto cattolico e dice che si fa cosa contro natura. Quindi non lo facciamo mai.»
«E al mio dolce Oscar lo daresti? Hai visto che è molto rispettoso e tanto delicato nell’approccio.»
«Dopo quello che c’è stato or ora fra di noi due e mi garantisci che è uno che incula e non sfonda,
potrei anche darglielo. Certo è che ha un aggeggio che al mio culetto sta in abbondanza.»
«Vai tranquilla lui sa come muoversi. È un sogno! – e qui senza pudore, uso la menzogna – ho visto che nello stipetto del bagno c’è anche una confezione di lubrificante. Se lasci che io prepari il tuo culo vedrai che comincerai a godere proprio da quel momento.»
«Quasi quasi mi lascia tentare – cercacon lo sguardoOscarche è in poltrona… – Ma è lì che dorme!»
«Ci penso io. Va preparato anche lui, no?»
Mi ci butto sopra e gli prendo in mano l’uccello che mi risulta moscio. “Cazzo! Che figura ci faccio adesso?” Gli parlo sommessamente rispettando quell’intima atmosfera delle quattro del mattino: «Amo… Ti va di inculare Letizia?» Apre gli occhi di scatto e contemporaneamente il suo gingillo si ingrossa ed erige. La semplice parola culo ha compiuto il suo piccolo miracolo. Gli faccio tutte le raccomandazioni del caso: amabilità e garbo, «Come fosti una ragazzina che incula una giovane donna di cui ha soggezione.»
«Ma le ragazzine non hanno il cazzo che gli pulsa fra le gambe.»
«Non mi fare incazzare, Oscar. Hai capito benissimo che ti devi comportare da gentleman. Più lo sei, più ci divertiamo tutti.» E vado in bagno a caccia del lubrificante. Dall’altro lato, sul letto, Letizia, ha già messo in posa le dolci colline del suo didietro, in attesa della preparazione e del ghigno di Oscar. Lui, la osserva dalla poltrona accarezzandosi il membro con sensuale lentezza: su la pelle, giù la pelle. Un’antica danza delle mani. Glielo ungo con cura e mi dedico a lei, e ho già le dita lubrificate e vado direttamente con due all’interno del pertugio. «Che bello! Comincio già a fremere.» Estraggo, aggiungo il pollice e reintroduco. Il godimento in lei va crescendo. Massaggio un po’ il condotto e anche il solco fra le chiappe e anche sul perineo. E questo le mette in moto il piacere nella figa che prende a distillare goccette che pencolano dai peli.
Letizia è già in sollucchero e sta sgrillettandosi sospirando rumorosamente.
Con decisione una mano mi sposta da quella attività. È Oscar che brandisce con tracotanza il suo fallo che più erto e grosso di così, ahimè! non potrebbe essere. Il suo sguardo lancia dardi di concupiscenza verso quel culo.
Ormai è fatta: Oscar appoggia fra le natiche della ragazza la punta dell’uccello. Da un momento all’altro mi aspetto da lei l’urlo per lo sfondamento del suo delicato culo con tutto quello che ne consegue: improperi, minaccia di querele e tutto quello che può passare per la testa di una donna stuprata e offesa. Non so che fare. Vedo l’iPhone di Oscar e istintivamente riprendo la scena. Non si sa mai.
Invece ogni tanto le cose vanno proprio come devono andare.
Óscar accarezza con la punta del pene, l’orifizio. Letizia mugola e gli spinge il bacino contro. Lo sente ben caldo e questo le dà piacere e voglia di continuare. Oscar non infierisce e lascia a lei l’iniziativa:
«Quando vuoi spingitici contro. Io non mi sposto. Resto come una roccia qui.» Letizia si stacca, si gira. Da carponi si mette supina, tenendo il bacino sollevato e le gambe per aria. Il foro in primo piano e ben dilatato: «Quando me lo infili voglio il tuo sguardo sui miei occhi.»
Stavolta Oscar trova il varco talmente dilatato che può mettere dentro la punta del glande per curiosare. Letizia viene trafitta da un lungo brivido che va dall’osso sacro al cervello e ritorno. Non vuole più aspettare. Lo incita. In quella posizione però è lui che deve agire. E lo fa con grande lentezza. Centimetro su centimetro. Il lubrificante agevola la marcia.
Letizia percepisce quei movimenti come tanti stimoli al piacere. Ormai è in preda a quello che lei chiama il godimento più vero.
Un più vibrato colpo di reni e anche l’ultima porzione di cazzo è dentro al carnoso budello:
«Trombami Oscar… sborrami dentro… Voglio venire assieme a te.»
Neanche dirlo. Oscar mette le mani sui lombi della ragazza e imprime un dentro e fuori misurato e in progressione.
Quando sta per venire lo fa con grande compostezza ed eleganza, premendo con forza il bacino contro quello di Letizia. Ha un lieve sussulto ripetuto tre volte per poi inondare del suo humus lo sfintere di lei. E proprio a questo si aggancia lei per far partire una vibrata performance orgasmatica che si conclude con un tripudio di calorosi ringraziamenti anche con benedizioni e la chiamata in causa di santi e madonne.
Le venete, quando godono, per tradizione fanno così.
Ci si ritrova tutti in bagno ognuno con i propri bisogni. Letizia dopo un prolungato bidet mi mostra l’effetto della scampagnata del cazzo di Oscar nel suo culo. È visibilmente provato. Con un complicato giro di specchi faccio in modo che anche lei lo veda. Irride la mia preoccupazione: «Non hai idea delle gioie che mi ha procurato. Anche se adesso brucia un po’, ne valeva la pena. Non ti dispiace vero se di tanto in tanto vi cercherò per proporvi di ripetere questo emozionante incontro. Naturalmente non avrà alcun costo. E per quello di oggi basterà una semplice mancia.»
Oscar mi guarda con l’espressione di: “Visto cos’hai perso?” Gli restituisco una linguaccia.
Letizia se ne va. La stanza mi sembra vuota. Sono le sette. Forse, un sonnellino ristoratore ci sta. Mi infilo sotto le coperte. Oscar mi viene accanto e mi prende fra le braccia: «Sei gelata. Amo.»
«Tu stai ancora bruciando.»
«Di passione per te Amo.»
«Non mi sembra che la pensi così il tuo pistolino.»
«Gelosa?»
«No. Contenta solo d’averla scampata bella.»
Abbracciati ci addormentiamo. Non vedo l’ora di avere innanzi la tastiera del mio pc: adesso sì che ho tanto da raccontare!
[©Flavia Marchetti 2019]