Le porkeriole di Flavia

diario e fantasie di una scrittrice di bella presenza

Più larga di così… la famiglia !

Flavia dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard
del dr.Hans Stortoghårdt in Borgergade 9, 1300 København

Tutti i personaggi che avete incontrato in queste righe sono personaggi veri che però hanno nomi di fantasia, così come i luoghi citati


Si muovono fra queste righe

Garruti Marchetti Ines, mamma
Oscar Balducci, apprendista fotografo diciassettenne. Amante della narratrice
Simona Zinani, trentenne, medico, Se la fa da più di un anno con me. Continueremo imperterrite.
Arch. Sergio Marchetti, papà
Dr.ssa Malvina Bonaccorsi, psicoanalista. via Santo Stefano 21, scala A, secondo piano”. Le piace la figa.
ing. Zambon, un buon cliente del nostro studio
Mather and Daughter, comunication Srl
Comm. Sergio Belpane , 38 anni, AD della Caravella Touring Spa. Marito di Simone
Enstooghard, Borgergade 9, 1300 København, i mio editore – Il deus ex machina è Hans Stortoghårdt
Don Raffaele, il parroco di San Gregorio
Mary’s Bar, qui è di casa Oscar
Arturo, cooproprietario di Mary’s Bar
Maria, Mary, cooproprietaria  di Mary’s Bar. Come a tanti le piace la figa
Milly, collega di Oscar. Lui avrebbe voluto trombarla già da tempo
Jimmy – il fidanzato americano di Milly
Grunt Bar, famoso per i Moscow Mule
Studio Baccolini di via Testoni 7. Qui sono colleghi Milly e Oscar
Caio Giulio Baldrati, nato sul Rubicone, è l’indiscusso Re del tondino di Romagna
Dimenticavo: tra i personaggi ci sono anch’io, Flavia Marchetti, scrittrice di bella presenza. Ho solo 31 anni.


Colazione con mamma

«Secondo me non sei mai stata bene come adesso. Lo si vede dalla serenità del volto. Se penso a com’eri messa negli ultimi tempi di quello sciagurato fidanzamento…»

«Ma mamma… Due giornate di godimenti sessuali ininterrottamente, senza aver la minima voglia di smettere… Non è normale… C’è qualcosa di psicotico sotto.»

«L’hai detto alla tua dottoressa del cuore?»

«Come no. Dopo aver trascorso tutto sabato a letto con Oscar, è con lei che ho passato tutta domenica e anche un po’ di oggi che è lunedì»

«E lei cosa ne pensa?» Mi ero messa a piangere. Mamma diceva le stesse identiche cose di Simone.

Io e mamma abbiamo una grande confidenza intima. Di me sa quanti centimetri ne prendo ogni settimana e quante volte Simone mi lecca la figa. E io la stessa cosa dei fatti suoi.

«Simone dice che in gran parte sono le fantasie che metto nei racconti a farmene sempre aver voglia. Potrei provare a smettere per un trimestre di scriverne. Ma non è detto. Secondo lei non sono ninfomane. Tant’è che i nostri amplessi sono un rincorrersi di romantiche frasi d’amore che mettono in secondo piano gli atti veri e propri. Quegli orgasmi che fanno urlare… Comunque – e avevo tratto dalla borsetta un foglietto con un telefono – ha telefonato a una sua collega psicologa e mi ha preso un appuntamento dicendomi: Mi sono raccomandata di curati… ma non del tutto Mica sono scema! Un po’ ninfomane deve rimanere. Almeno per me.»

«Vorrei avere io, Cinna[1] mia, ancora la tua voglia, soprattutto per fare felice tuo padre che non si rassegna ad essere un po’ più vicino ai sessant’anni»

«Io però non voglio passare per ninfomane e non voglio neppure fermarmi con i racconti proprio adesso che sto avendo successo.»

Ci eravamo alzate dal tavolo dove avevamo fatto la prima colazione assieme. Rito del lunedì.

Giunte in studio non si era più toccato l’argomento. Alle 11 con un affettuoso bacio l’avevo salutata per andare dalla dottoressa Malvina Bonaccorsi, psicoanalista.

Simone

La mia storia sentimentale al momento di quella confidenziale colazione con mamma non è complessa. E’ praticamente caotica.

Da un anno tengo ben viva una di quelle storie impossibili. Ed è con Simon Zinani, rampolla di una delle più ricche famiglie della città, mia coetanea:

… Agli aperitivi dell’ingegner Zambon, uno dei migliori clienti del mio studio, passano tutti i personaggi più in vista dell’imprenditoria bolognese. Io e mamma non ne scagliamo uno. E’ uno dei più proficui investimenti che mamma ha attivato e che segue mettendoci anche del suo. Qualcuno sussurra che lei sia una discreta amante dello Zambon.

Lì, più o meno un annetto or sono, io e mamma siamo state presentate al commendator Sergio Belpane: il più giovane commendatore di Italia. Trentotto anni, AD della Caravella Touring, importante azienda del settore turistico. Una spa tutta nelle mani della famiglia Zinani. I genitori di Simone.

E’ una sera in cui io non sono particolarmente in forma – Avevo trascorso una infuocata notte di bagordi: sesso, Maria e rock’n’roll – e perdo il conto dei Martini seccati. Inciampo in un piccolo malore: mi accascio mentre racconto alla nuova entry, Simone, la signora Belpane, la cerimonia di premiazione del mio più recente libro ad un concorso in terra elvetica.

«Vado subito domani a comprarmene una copia»

«Mi farebbe piacere fargliela avere io. Così posso aggiungerci una dedica. Mi piace sempre tanto scriverle! Dove posso fargliela recapitare?»

Non  avevo fatto in tempo a ricevere il suo biglietto da visita che sono crollata.

Polso, lingua, palpebra… per scoprire che Simone è un medico. Ogni colpa va ai Martini e il consiglio è, una boccata d’aria fresca.

Esprimo il desiderio di abbandonare la festa. Sarebbe comunque rimasta mamma.

Simone che è premurosamente al mio fianco, si propone di accompagnarmi: «Se le può far piacere» ci si da del ‘lei‘

«Direi che è un onore. Così posso darle la copia che le dedico all’istante.»

Aveva detto qualcosa a suo marito impegnatissimo a colloquiare con alcuni pesci cani del mondo bancario e ce ne andiamo …

Galeotto Carlo-Carlo

 Prendo una copia del mio Chi sarà mai questo Carlo-Carlo? E mi metto a pensare cosa scrivere in prima di copertina. Simone gironzola per ogni angolo di casa, che poi è un grande open-space con camera, bagni e terrazza, undici scalini al piano di sopra.

«Debbo dire che ha scelto di vivere in un paradiso… Questa terrazza poi… con vista due torri… – Dice quando le mostro il panorama che si gode dalla terrazza – Noi stiamo in una villa, su a Gaibola. Bello, sa: alberi, prati, fresco d’estate, ma vuole mettere… l’ombra dell’Asinelli[2]? … Non è che mi permette qualche selfie con lei, appunto, all’ombra dell’Asinelli?» Siamo sempre sul ‘lei’. Ha già l’iPhone in mano. Accosto il mio viso al suo, clic-clic. Due scatti.

Per ridiscendere aversiamo la stanza da letto che lei, trova molto sensuale e chiede un selfie anche in questa.

Nell’avvicinare il volto al suo, intercetto un suo sguardo intrigante e così spingo il mio viso contro il suo, tanto che le estremità delle bocche quasi si toccan e: «Da qui, però Simone, potremmo anche darci del ‘tu’.»

Che la proposta è accettata, a dirmelo è la sua lingua contro il mio palato, le sue mani che tengono il mio volto, fermo contro la sua bocca e un suo ginocchio che insinuatosi fra le mie cosce preme in alto contro gli slip.

Nulla da smentire: sono bagnati.

«C’è in questa stanza una sensualità a cui è difficile sfuggire. – E io, interpretato il messaggio a modo mio mi libero della giacca e prendo a sbottonare la camicetta – Con quello che sta scritto in quel libro – ne aveva sfogliato qualche pagina – sembrerebbe che mamma ti abbia detto tutto. Quindi è inutile che aggiunga qualcosa io.»

Via tutto quello non utile e si attacca al mio orecchio per scivolare poi con le labbra sul collo. Le mie labbra, invece, tagliate fuori dall’amplesso traducono in suono il piacere che mi viene dalla sua lingua…

La passione fra di noi monta poi giorno dopo giorno. Tant’è che arriva al punto che le segnalo che si sta liberando un appartamento nel palazzo in cui abito. A lei piace, lo acquista, trasferendosi lì con il coniuge. Sempre più vicine… Sempre più appassionate. Un amore condotto nella più rigorosa discrezione senza dare adito ad alcun sospetto.

Simone è maritata con un parvenu intrufolatosi nel jet set bolognese. A lui ha consegnato la direzione di un’importante azienda di famiglia. Lei tiene d’occhio da lontano i bilanci dell’azienda.

***

Oscar

Il caos dei miei affetti va oltre Simone.

Da tre mesi ho iniziato un’altra storia difficile. Un amore sbocciato con un adolescente che vive con mamma e babbo nello stesso mio palazzo. Un’altra storia che non può essere mostrata in pubblico e neppure in privato perché tanti sono i suoi strenui oppositori. Anche con codice penale alla mano.

Oscar, il baldo giovane è minorenne. Noi però non vogliamo sentire ragione. Ci amiamo e vogliamo frequentarci come, quanto e quando ci piace. Anche perché fra noi c’è una grandissima intesa sessuale. Per me, che dagli anni del liceo coltivo il vizio di concupire coetanee con cui fornicare, Oscar è ora l’unico trait d’union con il sesso maschile a cui non voglio e non so rinunciare. E Oscar, con i suoi diciassette anni… di sesso ne ha da strascinare. Me ne dà che me ne dà!

Con lui tutto comincia un uggioso mattino di marzo. Non è più freddo ma è grigio. Tutta la notte ho scritto la sceneggiatura di un video hard-core che mi aveva commissionato una trasgressiva babbiona dell’alta società bolognese – fior di quattrini! – Era per un porno ricordo fra lei e il suo amante. C’è un buon guadagno, perché non farlo?

Sono le 8:30 quando mi tiro su dal pc e avevo faccio un po’ di stretching. Il caffè è bello caldo nella moka. Sono ancora una delle poche che rifiuta quegli aggeggi per il caffè espresso domestico. A parte tutto questo, hanno suonato alla porta.

Ohibò… è quel meraviglioso adolescente che abita nell’altra scala, Oscar: più o meno 16–17 anni, alto – da sua madre so che gioca in una squadra amatoriale di basket – ben piantato. Ricciuto e moro nei capelli, il volto quasi sempre sorridente. Educato e gentile nell’approccio. Gli sorrido e, intanto mi aggiusto la vestaglia che ho indossato frettolosamente. Non vorrei che lo scorcio di una mia rigogliosa tetta gli sconvolgesse la giornata…

Si, ho due belle tette!

«Mi scusi signorina Flavia. Quel coglione del portinaio ha messo della sua posta nella nostra cassetta» e mi porge una busta a me indirizzata:

«Cazzo! l’editore Enstooghard, proprio quella che aspettavo. Grazie. Sei un tesoro. Posso offrirti un caffè… L’ho appena fatto.»

«Sarei ben contento di prenderlo ma sto andando al lavoro… – Ci pensa un attimo, poi… – Magari in un altro momento, volentieri.»

«I momenti per un caffè non sono molti in una giornata. Facciamo che potrebbe essere anche un aperitivo. Che ne so, stasera quando esci dal lavoro?»

«O sì, stasera va benissimo. Anziché farmelo con i ragazzacci della balla, vengo a prenderlo con lei. – e aggiunge… – Che sicuramente è molto meglio.»

Un’affermazione che, ahimè, mi fa crescere di un chilo. Tanto che anziché salutarlo dandogli la mano, lo abbraccio e bacio come un vecchio amico.

Per tutti i momenti che seguirono, l’immagine di quel ragazzo, gentile e spigliato sono rimasti nei miei occhi: “Sarà un futuro bel maschio!

Sorbisco il mio caffè pensierosa per poi buttarmi sotto la doccia.

Le lubriche righe che ho sfornato nella notte e quel buongiorno insolito da parte del giovane coinquilino, non possono che portarmi alla masturbazione. L’acqua calda mi saltella sull’epidermide e la mano vola dietro certi languori del mio basso ventre: l’ombelico, la leggera striscia di sottili peli che conducono l’eventuale visitatore al boschetto. Proprio quello che cela la figa. Sì, lei! Quella che con due dita penetro. La mano sa benissimo cosa fare…. Debbo sedermi. Mi ero accovaccio sulla pedana antisdrucciolo. Cosce ben larghe… e …

Non può certo venir male… con tutte le oscene fantasie che vorticano in me riguardo all’inaspettato vicino di casa. Pure se frutto di erotica solitudine, l’orgasmo è stato coinvolgente.

La giornata poteva cominciare.

Quel giorno pranzo da mamma, così le racconto l’eccitazione che mi pervade da quella visita.

«Mo è un cinno, Flavia! Lo conosco anch’io, Cocca. È sempre molto gentile anche con me. È bello, robusto, forse dimostra anche qualche anno in più. Ha già anche un po’ di barba! Ma quando lo ascolti ti accorgi che è un cinno. E ai cinni le imbarcate durano sì e no un mese e mezzo. Tu sei già una donna fatta. E forse anche un po’ zitella.»

Fingo di accondiscendere ai suoi consigli ma appena rientro in casa faccio tutto quello che si deve per fare bella figura con l’ospite: mi tiro nel fisico come non mai, e accentuo quelle caratteristiche della casa che possono aumentarne la sensualità. Passo molto tempo innanzi allo specchio controllando che con determinati movimenti l’abbigliamento scopra qualche scorcio lezioso del mio corpo.

Sono intenta a queste manovre che il campanello suona. E’ già lui.

Porta con sé una rosa gialla e un libro: «Questa per il grande onore che mi ha fatto ad invitarmi ad un aperitivo in questa bella casa – La rosa– Il libro, invece, glielo lascio volentieri perché ci tengo a farmi conoscere come fotografo. È il catalogo della prima mostra di miei lavori»

«Grazie, sono due ottimi pensieri però è meglio se mi dai del tu.» L’ho abbracciato testando con le labbra la sua guancia. Quel fugace contatto provoca una vampa in tutto il mio corpo. Ho subito ricoverato il fiore in un elegante vaso e mi dirigo verso la cucina avendo cura di prendere il mio ospite per mano: «Vieni, così mentre preparo un paio di Negroni, mi racconti qualcosa di Oscar fotografo.… Va bene il Negroni?»

«Come no. Fuori si è fatta una serata un po’ fredda, niente di meglio che un alcool forte» e comincia a raccontare le sue giornate allo studio di uno dei più importanti fotoreporter della città e il suo sogno di diventare anch’egli un artista della fotografia. Lui sa della mia attività di comunicazione, assieme a mamma. Qualcuno gli ha anche parlato dei racconti peccaminosi che ho pubblicato. Non ne ha mai avuto uno fra le mani:

«Mi piacerebbe, sai, leggerne qualcuno. Ai miei non ne lo potrei dire. Sono un po’ bacchettoni.»

«Aspetta un attimo» ed sono andata nello studio a prendere una coppia di una recente pubblicazione che ne contiene ben dodici. Sul divano abbiamo brindato mentre lui la sfoglia.

«Mi piacerebbe un giorno illustrarne le pagine con miei scatti.»

«Perché pensi di fare anche foto osé.» Gli avevo domandato.

«Perché no. L’arte non è mai osé. Oppure, lo è sempre… Anche quello che è scritto qui diventa osé, solo se vuoi o come lo impacchetti. Qui è impacchettato come una storia di vita vissuta e la si deve prendere come tale. Io qualche scatto ho già fatto e mi sembra che siano venuti bene. Guarda… ce n’è una anche nel catalogo che t’ho portato.» E me lo apre ad una pagina in cui c’è un bianco e nero con uno specchio che riflette un’adolescente discinta, abbracciata da dietro con un giovane che inequivocabilmente sta spogliandola. Guardo attentamente l’immagine e: «Dico bene che l’autore è anche interprete? – arrossisce e io, da troia, l’incalzo – E’ la tua ragazza?»

«No, no… non ho ragazze fisse. Sono un po’ un fringuello… Svolazzo qua e là.» Dice con un sorriso da trionfatore. Un’occhiata alla patta dei calzoni e lì la stoffa è tesa. Accavallo le gambe e la gonna va su, oltre la metà della coscia. Lui ha lo sguardo li puntato e la patta si è gonfiata di più: “Bisogna accelerare!” Ho pensato di rimando.

Lui è attratto dalla lettura dei miei testi:«Prima di andar via però una dedica me la fai?»

«Come no… Guarda…- gli prendo la pubblicazione dalle mani e nella prima di copertina vi stampo l’impronta del rossetto delle mie labbra – Le parole ce le scrivo dopo.»

«Dopo cosa?» Dice ansimando e mi infila la lingua in bocca.

Mi stringo a lui per gustare la pressione del suo rigonfiamento. Quando le bocche potrebbero tornare a parlare non dico nulla. Gli prendfo il volto fra le mani e mi riattacco alla sua bocca. Sono poi state le sue mani a salire per le cosce fino a stringermi con vigore la figa. Un suo imperioso cenno e la lingua in un orecchio mi hanno suggerito di calarmi gonna e perizoma, mentre lui si è tolto scarpe e jeans. Sono rimasti solo un paio di boxer ad impedirmi la vista di quella massa che sento rigogliosa contro il ventre. Mi tolgo la maglia e gli metto a disposizione anche le tette. La sua lingua si scatena su queste. Le sue dita oltre le grandi labbra: «Sei fradicia» aveva detto.

«Ti fa schifo?»

«Mo no, vè… Te la leccherei fino a domattina.»

«E fallo!» e gli apro le cosce più che posso.

Sento la lingua esplorare timidamente i contorni delle grandi labbra. Poi si solleva e mi guarda. Lo porto alla mia bocca e lo bacio con passione. Questo lo affranca da ogni remora e si rituffa con il volto fra i peli del boschetto. La lingua penetra e va pure a scovare l’irrequieta clitoride, nume del piacere.

Gli accarezzo la ricciuta testa mentre il suo frenetico leccare mi colma di brividi. Al momento non ho compagnie fisse maschili. Niente fidanzati, niente amanti.

Leccata dopo leccata la lingua di Oscar acquista determinazione mantenendo tutta la sua giovanile spontaneità… ed è cominciato il balletto dell’orgasmo a cui il bel giovane è andato incontro con due affusolate dita.

«E’ stata la prima leccata, vero?»

«O sì, ma è stata un’esperienza stupenda. Potrei ricominciare subito… Prima però avrei bisogno quantomeno di una sega. Altrimenti mi esplodono i coglioni» e avvicina la cappella alle mie labbra.

«Non penserai di ricevere un bocchino già la prima volta. – Comunque un vigoroso succhione al glande con leccata alla sua attaccatura me la sono concessa – Il resto se mi fai urlare di godimento.» e mi sdraio sul Buchara della sala porgendogliela.

«Flavia, debbo dirti che… – con l’uccello in pugno, innanzi alla gocciolante figa, tergiversa – è la prima volta anche per la scopata. La Milly, che lavora con me, me la fa toccare, pistolare … mi fa qualche sega, ma non me lo lascia mettere dentro… E‘ fidanzata.»

“Che cretine certe ragazze!” Oscar ha un uccello che ogni femmina, solo che lo veda capisce quante emozioni può darle. E questo sta dimostrandomelo conducendo con grinta maschia anche quella sua prima volta:

Quando il cazzo tocca il fondo non regge ai sottili artifizi che sa mettere in campo la mia golosa figa ed era viene con alcuni potenti schizzi. Niente di drammatico. Il cazzo non perde prestanza. E lui pur con entusiastica magniloquenza non interrompe un attimo il ritmo della trombata portandomi ad eccelse vette di piacere.

«E’ bollente e sugosa…» ha voluto baciarmela ricevendo nella bocca anche parte di quanto lui stesso vi ha lasciato.

«Sei un cinno meraviglioso» Mi ha guardato con aria di sfida:

«Vuoi farne un’altra?»

«Perché no» e l’ho avviato alla pecorina, che è sempre un bel chiavare. Non ha sbagliato una mossa.

Ancora un Negroni. E lui è stato d’accordo anche per un abbondante piatto di spaghetti che abbiamo divorato in un sensuale silenzio ricco di tanti gesti d’affetto.

Eh, sì, trombare mette appetito!

Ripulito i piatti ho notato nel mio stallone, un membro ancora in ebollizione. E’ una questione di orgoglio. Mi sono inginocchiata innanzi alla sua sedia e: «Ogni promessa è debito.»

«Allora me lo sono meritato?»

«Proprio così» e gliel’ho scappellato. Non ho mai messo tanto impegno in un bocchino. Ma quello a tutt’oggi è stato il bocchino più importante della mia vita.

Il fiotto mi è arrivato direttamente in gola con tutti i suoi sapori genuini mentre lui non ha smsso di dichiarare e giurarmi eterno amore.

Gliel’ho asciugato con un tovagliolo ricamato.

Sono sfinita e lo porto in camera da letto: «Dormi con me?»

«Stanotte no. Devo sempre preparare i miei se non rientro. Mi organizzo per domani sera. Contaci.»

Un bacio dolcissimo.

«Flavia, un marito, anche divorziato ce l’hai? Un fidanzato? Un amante fisso?»

«No. Non ho niente di tutto questo.»

«Bene, allora da questo momento io sono il tuo amante.» Se ne va sono addormentata.

«Mamma ho un amante!» ho gridato al telefono appena sveglia raccontandole l’accaduto.

***

Óscar il giorno dopo

E’ stata una notte di tutto riposo. Un sonno profondo e ristoratore. Merito di Oscar e dell’appagamento che mi ha dato. Per cui non posso che maledire chi osa scampanellare con tanta insistenza alla porta. “Sono le 8 ed è anche sabato. Merda!”

«Ma tu devi essere scemo!» Non vado oltre: mi sta offrendo due rose identiche a quella con cui si è presentato solo ieri sera.

«Scusa Amo. Non ce la facevo più a stare senza di te.» Con una frase del genere mica lo si può scacciare.

«Dai vieni dentro che metto su la macchina del caffè – bacioimbronciato – Spero non diventi un disagio avere l’amante che soffre di insonnia nello stesso palazzo.» Strizzata d’occhio, tanto per non farlo sembrare un rimprovero.

Siamo sulla soglia di casa, quindi in bellavista sul pianerottolo. Qui ci conoscono tutti. Meglio entrare prima che si scateni la sua euforia passionale. La notte insonne, come dice lui «Passata a ricordare il fortunato incontro con te voluto dal caso» o “l’angoscia generata da un triste pensiero del tipo: ‘e se non me la dovesse dare più?” secondo me. Gli hanno cancellato quella furba e gioviale espressione del viso con cui l’ho gustato il giorno prima. Il suo sguardo non ha neppure colto che oltre la vestaglia, semi abbottonata, c’è solo carne. Carne viva. Che ben desta come è sta già sussultando. Proprio perché lui, solo poche ore prima si è proposto quale mio amante ufficiale. E la carne lo sa!

La telepatia fra innamorati forse funziona. Lo sostiene la mia mamma. Infatti lui a un certo punto muta improvvisamente comportamento. Come avesse percepito quello che frulla nella mia mente. Il suo abbraccio diventa deciso, tanto che la vestaglia non regge l’urto e si adagia a terra. Ce la lascio.

È bello di primo mattino sentire il proprio corpo solcato da mani piene di passione. In un momento mi sono trovato distesa sul divano con la sua testa fra le cosce: lecca… succhia… stuzzica… dialoga con la clitoride. Si stacca. Risale. Su, per il ventre. Qualche colpo di lingua all’ombelico e un tuffo sui capezzoli che non aspettano altro. Spalanca più che può la bocca sulle mie poppe che inviano una miriade di brividi a tutto il corpo. Poi quella bocca è sulla mia. Con tutto l’odore della figa che ha appena leccato. Mentre con le mani prova di spingere il cazzo in me: «Abbi pazienza, Amo. Quando hai suonato stavo ancora dormendo e debbo anche pisciare. – ci conoscevamo solo da un giorno ma rompo ogni imbarazzoe… – dai vieni a pisciare con me.»

Si toglie scarpe e calzini e con la mano nella mia facciamo quei quattro passi che ci separano dal cesso. Decisamente la giornata promette bene. La figa tira più che mai!

La parete del bagno in faccia alla porta è tutta un grande specchio, Oscar, pavoneggiandosi, commenta: «Nudi siamo una bella coppia.»

«Avevi dubbi?» Siamo fra il cesso e il bidet. Bello e duro è il suo uccello. Mi viene una porca idea

«Perché prima di pisciare non facciamo la doccia assieme così lì possiamo anche pisciarci addosso – e gli sorrido come solo una porca sa fare – Sarebbe uno sguazzino pisciarti fra le mani!»

«Perché no. Anch’io ho qualche fantasia da mettere in pratica.» E mi segue nel box. L’acqua, subito calda riscalda ancor più i nostri corpi. Gli scappello l’uccello. La mossa successiva avrebbe dovuto essere quella di prenderglielo in bocca. «Non dovevamo pisciare, per prima cosa?» E lo trovo dietro con il cazzo infilato fra le mie cosce. Sotto e contro la figa il mio cespuglio di peli che lo specchio del box ne restituisce quale immagine di una Flavia ermafrodita. Ridiamo a crepapelle anche perché lui molla un getto con una spinta tale da attraversare tutto il box. Mollo anch’io e finisce che praticamente gli piscio sul membro.

Lo scroscio ci aveva dato il via e dopo che abbiamo svuotato le vesciche ci attacchiamo con le lingue. Non solo. Lui mi solleva quel tanto per farmi calare sull’eretta cappella. E mi sono felicemente riempita di lui. Ma non c’èra ragione per non concluderla in tutta comodità. Chiuso il getto, lo faccio uscire, anche se a malincuore, dalla figa. Carinissimo lui, mi  avvolge in un telo da bagno e, via di corsa verso il letto. Si e no mezzo minuto e sono nuovamente piena di lui con le caviglie sulle sue spalle.

La voglia che ho è tanta. Avrei voluto che il suo cazzo si moltiplicasse in tanti esemplari identici e ognuno di questi esplorasse tutti gli anfratti del mio corpo… Sì, anche fra le dita dei piedi! che proprio in questo momento si stann agitando spasmodicamente per il piacere. Oscar è un mantice. Ci mette l’anima: «Sembri un’anguilla. Non stai ferma un attimo.» E giù… Con una vigorosa fondata me lo spinge nel più profondo della figa:

«Dio, quanto è grosso – mi metto a gridare – Bello!… Bello!… Bello! » Lui crede che io stia per venire e smolla. Sento il calore della sua sborra che mi annega la figa. Non mi perdo d’animo, in un attimo sono nelle sue stesse condizioni a ripetere i medesimi sospiri, urletti e frasi sconclusionate. Ancora qualche sussulto mentre lui mi sussurra sceme frasi da adolescente. Sono inerte. Immobile per un buon po’ di tempo.

«Vado a fare il caffè – lui mi guarda in maniera perplessa – Ho dimenticato forse qualcosa?» E Lui ne mimato il gesto.

«Lascia stare lo prendo al bar sotto l’ufficio.»

«Oh, povero Amo!»

Mi tuffo a prenderglielo in bocca. Già appagata come sono, non eccello nell’arte del bocchino. Sono svogliata, per niente eccitata. Ne esce una mezza sega con qualche colpo di lingua. Oscar non sembra soffrirne. Torna a schizzare e questo lo rende gioioso. Tanto euforico che mentre viene fra le mie labbra, blatera qualcosa in cui mi pare di udire con orrore la parola ‘matrimonio’.

Decisamente un caffè forte non ci farebbe male: «Mi vesto e vengo a far colazione con te.» Avrei dovuto scrivere ma tanta è la voglia distare con questo meraviglioso ‘cinno’.

Mi rivesto in faccia a lui facendo l’eccitante gioco di farmi aiutare:

«Bianco, nero o color carne, il perizoma?»

«Se è per me puoi anche non metterlo.»

«Ti accontento subito – e chiudo il cassetto – Per le autoreggenti hai preferenze?»

«O sì. Quelle con il bordo color tabacco»

«Come fai a sapere che ne ho un paio così? Quelle che hai potuto vedere ieri hanno il bordo nero.»

«Le ho notate l’altra settimana quando ti ho vista per caso al Mocambo. Eri su uno di quegli sgabelli alti con le gambe accavallate e…»

«Ah, mi tenevi d’occhio da un po’!» Era arrossito.

«Sì Amo, è da tempo che mi faccio seghe pensandoti.»

«Che caro! Mi metterò proprio quelle che hanno fatto colpo su di te.»

Ed è la volta del reggiseno.

«Anche questo se è per me…»

Non mi resta che indossare una tunichetta che si ferma al ginocchio. Un po’ colorata. Primaverile. Lui è un buon po’ più alto di me e allora il tacco bisogna che mi avvicini alla sua statura.

«Io poi, Flà, debbo fare un lavoretto per la mia collega. Starò in studio si e no un’oretta poi sono tutto per te. Pensa a una giornata esplosiva.»

E’ un bel po’ che non mi faccio vedere al braccio di un bel giovane in giro per le vie di Bologna. Una Città che ha conservato molte abitudini più paesane che cittadine. Qui tutti si conoscono e non sfuggono le frequentazioni, le relazioni e, soprattutto, gli intrecci amorosi. Così, percorrere quei 500 metri che ci separano dal Mary’s Bar, accanto ad Oscar mi sono sentita come sul red carpet di un festival cinematografico. Lui mi ha per mano come una fidanzatina. Questo mi eccita e inorgogliosisce tanto. Mi si sono irrigiditi i capezzoli e ho l’impressione che fra la folla, tutti mi guardini pensando “Mo sóccia[3] che stornello che ha messo su la figlia dell’architetto Marchetti. Adesso capisco dove tira fuori le porcellose storie che pubblica qua e là.

«Buongiorno signorina Flavia – è Don Raffaele, il nostro parroco – Volevo passare da sua madre per ringraziarla per l’offerta che ci ha fatto. Tanto importante per le nostre opere – Mamma non è praticante ma la Parrocchia è sempre nel cuore del suo portafogli – Venite bene qualche volta alle nostre funzioni, almeno così potrei contraccambiare con un po’ di benedizioni. Anzi, proprio perché vedo che ha uno splendido aspetto e un aitante accompagnatore…» Dovevointerromperlo.

«Lui è Oscar, il mio fidanzato» Scherzo da prete che però Oscar incassa meravigliato ma con orgoglio.

«Dicevo… che alla funzione di stasera aggiungerò la preghiera che per voi due si prospetti un futuro di amore, salute e prosperità. Lei giovanotto di che parrocchia è?» Quel casuale incontro rischiava di far saltar fuori qualche particolare scomodo alla nostra neonatatresca. Meglio interromperlo subito con una banale scusa.

«Una di queste sere la veniamo a trovare in Parrocchia così la benedizione la prendiamo dal vivo. Sia lodato Gesù Cristo Don Raffaele.»

«Sempre sia lodato e che la Santa Vergine sia sempre con voi»

Oscar aveva sogghignato.

«Ma i tuoi sono praticanti?»

«Non c’è dubbio. Sono dei mangiapreti.»

«Bene, così non andrà in giro la storia del fidanzato»

Di nuovo mano nella mano e noto una stretta più sostenuta. Comincio a pensare che lui ci tenga proprio ad essere il mio moroso e questo mi spaventa.

Mary’s Bar

Mary’s Bar è un bar per niente speciale. Fa buoni caffè e ha paste e brioches del tutto normali. Qui Oscar è di casa. Lo vedo da come viene accolto: la cassiera-proprietaria lo bacia e il barista-proprietario, marito, della-cassiera-proprietaria lo accoglie con deferente sarcasmo: «Oh. Oscar, almeno tu, oggi che è sabato e non si batte un chiodo, ci porti qualche bella ragazza. Ciao, io sono Arturo. Lei è Maria ed è mia moglie. Purtroppo l’ho sposata anche in chiesa.» sto per rispondere quando lui, Oscar, mi sgambetta: «Lei è Flavia ed è la mia fidanzata. Mi ha appena presentato il suo parroco. – e rivolto a me – Vieni Amo. Ci mettiamo laggiù in quel tavolino così possiamo dirci le nostre cose senza che questi curiosoni…»

La lesbichina

I caffè e le brioches li porta al tavolo Mary che non avendo avventori oltre noi si accende una sigaretta e seduta al nostro tavolo. Tanto per spettegolare.

«E così, bravo il nostro Oscar che si è fatto anche lui una bella morosa. – E guardando me – magari con un paio d’anni più di lui e questo non guasta, però, molto… molto carina. Dico bene?»

“Brutta stronza!” Le sorrido con tanta simpatia e: «Secondo te quanti di più?»

«Non più di un paio.»

«Ci hai quasi preso. Uno e mezzo, tanto per essere precisi.» Cazzo! Fondotinta e trucco accurato hanno fatto miracoli!

La Mary procede nella raccolta di pettegolezzi: «Com’è Oscar che sei da queste parti di sabato che lo studio è chiuso?»

«Debbo vedermi con Milly la nostra impiegata. Devo aiutarla in un lavoro privato. Tutto nostro.»

«Milly, la lesbichina?»

«Lesbichina? Ma se ha a mano uno stornello americano che non finisce più.»

«Sì ma che non le dà quasi niente. … Comunque è una che le piacce la gnocca più del pane fresco. Posso assicurartelo io a ragion veduta – si guarda intorno e dal momento che il marito è intento ai conti di cassa… Sottovoce – L’ha leccata pure a me. – Oscarsussulta. Io mi incuriosisco e voglio sapere – È successo solo questo lunedì. Era quasi l’ora di chiusura e Milly è venuta a bere qualcosa. Arturo era a pulire la saletta e a fare rifornimenti in cantina e lei mi è parsa subito un po’ depressa. Mi ha confidato qualche défaillance del suo moroso e mi ha chiesto consiglio, così come si fa fra femmine. Cosa volete che vi dica le ho consigliato di abbandonarsi tra le braccia di un amante. Si è divertita molto all’idea e mi è parso anche di averla tirata un po’ su. Rimettevo in ordine il locale e mi spostavo qua e là. Lei sempre incollata a me e sempre sull’argomento ‘amante’. Intanto mi ero infilata nei bagni per controllare che tutto fosse in ordine. E lei dietro. Qui mi fa: “E se l’amante fosse femmina?” Chissà perché in quel momento la prima frase che mi è venuta fuori è stata: “Ancora meglio”. A quel punto non ho avuto più scampo. Mi ha abbracciato e subito ho sentito la sua lingua sulle labbra. Devo dirvi che anch’io che non sono digiuna da queste esperienze, ho gradito e l’ho lasciata fare: dal bacio siamo passate alla lingua sul collo e sulle orecchie. Poi le tette: ha liberato le sue e ha cominciato ad armeggiare per tirar fuori le mie. Gliele ho messe in mano io stessa. E lei ci ha fatto un lavoro di prima qualità. A quel punto: vuoi non darle la figa? Come ho detto prima: “Non sono un coperchino in questo genere. È roba che con le amiche si fa abbastanza spesso.” E debbo dire che con la lingua mi ha fatto star bene… Poi non appena ha sentito che ero venuta si è ricomposta alla meglio ed è fuggita.»

«Non ho mai avuto segnali per sospettare che le piacesse… – aveva detto Oscar – E anche tu. Avrei detto che sei una mangiatrice d’uomini.»

«Ma lo sono. Se non ci fosse qui la tua morosa e laggiù mio marito, padre di nostro figlio, sarei già dietro a sbocchinarti – Mary si alza e con mossa fulminea gli caccia una decisa palpata fra le gambe – Complimenti, ragazza, qui hai da divertirti! Beata te.»

Vedo Oscar pensieroso e perplesso: «Turbato?»

«Ma no, vè. Ognuna può usarla come crede. Vengo però a spiegarmi alcuni comportamenti. Fra cui l’appuntamento di questa mattina…»

«E sarebbe?»

«Proprio lunedì pomeriggio… Eravamo soli in studio e io avevo voglia di farmi menare il pisello. Allora non avevo ancora te e in qualche modo dovevo pur provvedere – Come per scusarsi. Mi bacia – Lei è al pc che sta facendo il suo lavoro e io le vado dietro e come altre volte la bacio sul collo… dietro le orecchie. Insomma tutto quello che ho fatto altre volte e tutto mi dice che qualcosa si fa. Lo tiro fuori e l’appoggio sulla tastiera: “Trombiamo?” le dico alla bruta anche se so che sarà il solito… “Quello no, però se vieni incontro ad un’esigenza che ho, ti sego. Ricordo benissimo che le ho detto: “Incontro? Io ti ho chiesto di venirti dentro.” Come non avessi parlato. E mi dice: “Jimmy – il suo fidanzato americano – torna per un mese al suo paese. Vorrei dargli un ricordo pregnante di me. Mi faresti qualche scatto alla figa e magari, il più bello, me lo stampi su uno di quei supporti metallici così si impreziosisce di più. “Hai una bella faccia tosta. Un servizio così vale quantomeno una pecorina.” Contrattiamo “Allora, una sega prima e un’altra dopo mentre ti masturbo anch’io.” L’accordo è fatto “Sborrate nel fazzoletto.” Aggiunge lei.

Facciamo tutto: i cinque scatti, uno più bello dell’altro, le due seghe, il ditalino. Ma in studio non c’era alcun supporto né di alluminio nédi forex. E la stampa è rimandata a questa mattina.»

«Non capisco. Tutto questo non è in relazione a tendenze saffiche. Anzi…»

«Sì ma non è finita. Giovedì, Milly ha preso un giorno di ferie e io mi alloggio nel suo posto di lavoro. Apro Google e mi accorgo che ha un indirizzo Instagram. Vado a curiosare e trovo la mia foto con diversi like da femmine. Ho pensato che era molto strano pubblicare lì una foto che doveva essere un intimo pegno d’amore al fidanzato. Però non ho malignato oltre.»

«Adesso mi sa che devi raggiungerla.»

«Oh sì. A questo punto potresti venire anche tu. Sei sicuramente più scafata di me nell’intuire messaggi trasgressivi.»

«Beh, vedo che stai abbandonando il mondo dei ‘coperchini’… Mi stuzzica.»

Milly

«Milly, Lei è Flavia ed è la mia fidanzata.»

Milly ha un fisico della Madonna. Culo e tette ridondanti sotto un volto non bellissimo ma soprattutto trascurato, così come la capigliatura e il vestiario. Sapere che ama i giochi saffici per me è una calamita. Le sorrido e cerco di dimostrarle tanta simpatia. In parole povere sto pensando che non mi dispiacerebbe scoparmela.

«Sei molto bella Flavia.» È un complimento sincero che percepisco e notato anche un marcato interesse per il mio corpo. I suoi occhi ne stanno accarezzando ogni scorcio.

Óscar si è fatto sfrontato nel dialogo: «Le ho detto, sai, perché ci troviamo qui, questa mattina però non le ho fatto vedere le fotografie. Se ti fa piacere puoi mostrargliele tu.»

«Non c’è problema» mi prende per mano e mi mette di fronte a un monitor dove campeggia la sua bella ‘bernarda’. Castana nel colore dei folti peli con le grandi labbra rigonfie che sprizzano desiderio.

«Complimenti. È un’immagine che prende.» e le faccio una lieve carezza a una guancia. Ma è evidente che me la sarei succhiata tutta.

L’atmosfera si sta surriscaldando. Sempre più spesso vedo le mani di Oscar ma anche di Milly, portarsi sempre più spesso in zona basso ventre. E visibilmente sui loro volti noto segnali dell’eccitazione che sta pervadendo in tutti noi.

«Scatti del genere mi piacerebbe farli anche a Flà.»

«Perché no. Anche subito. Visto che siamo in uno studio fotografico.»

«È vero, siamo in uno studio fotografico. E allora?» Anche Milly sembra d’accordo.

«Che faccio, mi spoglio?» e mi sfilo la tunichetta primaverile. La patonza è già in bellavista.

«Sei una strafiga.» commenta Milly.

«Autoreggenti e scarpe bordó tienle – Oscar col piglio del regista. Poi… – Per ricreare l’atmosfera che si era creata con Milly dovrei spogliarmi anch’io, ma poi si vede se mi viene duro.»

«Dai, che nudi è più bello.» Milly. E inizia lei a spogliarsi. Lo fa anche Oscar che, in effetti, ce l’ha già duro.

Eccome!

Milly, per i suoi diciott’anni, ha due rigogliose poppe. Però la vera delizia sono le chiappe. Marmoree e armoniose con gli esili fianchi. Dal suo intenso sguardo capisco che è attratta dal mio seno. «Vuoi confrontarle da vicino?» e lei con un balzo arriva. Sento un suo capezzolo sfiorarmi la tetta di sinistra. Il suo sguardo è pura bramosia. Oscar, con una mano stringe la sua bella verga, con l’altra impugna una camera professionale e fa scatti di prova qua e là, compreso su quel turbamento che ha preso me e la sua collega.

Rompo ogni indugio e,… una mano fra le cosce e la lingua in bocca. Lei non solo si abbandona alle mie intrusioni. Ci mette del suo. Replica il mio gesto e anch’io, adesso, ho due sue dita che si facevano largo fra le mie grandi labbra. Mugoliamo entrambe.

Oscar, con una mano si masturba, con l’altra scatta su di noi.

Milly stringeva forte le cosce attorno alla mia mano. Sussulta alcune volte. Sta venendo. Ha la bocca attaccata al mio orecchio e sussurra: «Me la fai leccare dopo?»

«Lo pretendo.» e aumento la dinamica delle dita: fremeva, si accartoccia tutta su di me e sulla mia mano gustando fino in fondo l’orgasmo che le procuro.

«Sei fantastica!» e io continuo con le carezze fintanto che non la sento nuovamente con la testa nel premiato Studio Baccolini di via Testoni 7. La spingo sul divano e l‘ultima immagine di lei è quella delle sue palpebre che le si stanno chiudendo.

«Vi ho seguito momento dopo momento…», Oscar.

Non lo lascio concludere.

«Mi baceresti ancora?… Ti faccio schifo?»

«E’ una delle cose più belle e sensuali…» continuo a non lasciargli concludere i ragionamenti:

«Scopami Oscar!»

E Oscar viene in me proprio di fianco alla dolce Milly che sta sonnecchiando sull’orgasmo appena goduto: «Oh Amo, hai una fighetta così stretta che ho paura di farti male.»

«È sempre quella che hai scopato qualche ora fa. Non ti preoccupare, ragazzo mio. Tu tromba. Spingilo fin in fondo. Come hai fatto stamattina e ieri – e urlando – Fammi godere. Bestia!» Niente da dire come stallone. È un portento: asseconda ogni mio movimento. Ogni desiderio. La sua bocca entra in funzione sulla mia ad ogni richiesta.

«Vengo… Amo… Dammi tutto quello che puoi…» Lo stringo con ogni muscolo che può manovrare la figa e di conseguenza si allargano le chiappe. E lui coglie l’attimo per infilare il pollice nel culo. Che bella sensazione! L’orgasmo si libera sia in me che in lui.

«Posso sborrarti sulla pancia?» e mi inonda il ventre.

Con tutta quell’agitazione Milly si era tirata su e aveva seguito tutta la conclusione dell’amplesso a un palmo dal suo naso.

«Una chiavata da invidiare.»

«Te la consiglio… Ce l’ha ancora duro.»

«Non è poi che ti dispiace.»

«Tranquilla! Dopo però me la lecchi. Come promesso.»

«Contaci… Non ne vedo l’ora.»

«Stai qui ferma a gambe aperte. Vado a dargli la buona novella.»

Quando esce dal bagno l’oca di Oscar è ancora piacevolmente desiderabile. Appena gliela prendo in mano diventa inesorabilmente desiderabile: eretta in tutta la sua prestanza, con il glande che occhieggia allegramente dal bordo del prepuzio. Non posso resistere a tale fascino. Mi prostro lui innanzi e glielo prendo amorevolmente fra le labbra.

«È già il momento del bocchino finale?» lui speranzoso.

«Non ancora. Ma contaci… Devo darti una notizia bellissima… Milly vuole dartela.»

Siamo nell’antibagno. Glielo prendo in mano e così lo conduco al cospetto dell’offerente che in questo preciso momento si sta trastullando il grilletto. È lei stessa che lo instrada verso i bordi della fessura: «Quanto è bello e grosso! Oscar.»

«È così da sempre. Scema! E non l’hai mai voluto prendere in considerazione.» E’ un po’ risentito il ragazzo ma non abusa della sua prestanza e delicatamente aveva alloggia tutto il suo pezzo nella vagina della collega, che evidentemente, dall’entusiasmo che dimostra, non deve aver avuto mai occasione di assaporare un siffatto gingillo.

Oscar si da un certo contegno. Molto professionale nei movimenti. Si contiene pure nella dimostrazione del godimento ma stando ai gemiti di lei, sicuramente le sta dando il meglio di sé. A questo punto mi intrometto sulla tetta sinistra impossessandomi del capezzolo e, stando a fremiti, contrazioni e sospiri, divenuti molto più intensi, mi pare di amplificarle l’orgasmo.

Sull’onda del piacere fra loro era nasce un dialogo e la voglia di conoscersi intimamente… Assaggiarsi.

Oscar, come aveva fatto precedentemente con me, riversa il suo seme sul ventre di lei. E lei intinge le dita in quelle gocce per leccarle con gioia. Dal canto suo, Oscar, le mostra orgogliosamente quanto aveva avuto modo di apprendere nel suo primo cunnilingio sperimentato sulla mia figa solo la sera prima… Le lingue poi uniscono quelle bocche.

Non voglio interferire, nei loro slanci affettivi.

In quello studio c’è un bar rifornitissimo e avevo decido di prepararmi un forte viatico a future follie. Metto a punto tre intrugli: “Smetteranno bene, quei due, di darsi i bacetti, cinguettando paroline dolci”.

Gin, Martini, ghiaccio e Bitter Campari. Rimescolo. Seltz e una fetta di arancio. In quel frigo c’è di tutto. Pure snack per aperitivi e mi impegno ad apparecchiare un tavolino frivolo per il nostro brindisi. I due piccioncini, sazi della loro passione, sono alle mie spalle con i volti rilassati e l’aria da innocenti verginelli, anche se completamente nudi.

Sento le dita di lei che da dietro vengono ad accarezzarmi le poppe:

«Abbiamo fatto qualche progetto dopo che abbiamo scoperto di amarci e che vorremmo dirti – mi viene di fronte e per rassicurarmi usa un largo sorriso – Dopo averti leccata la figa. Ovviamente.» La bacio. Oscar la tiene per mano. Sul volto, un’espressione raggiante

Mi sa che ho perso un amante… o?…

I bicchieri si toccano. Il forte liquore scende nelle gole e le e bocche si cercano. Con Oscar è travolgente: lungo e circostanziato nei movimenti delle lingue. Una sua mano dà piacere alla figa. In piena euforia immerge l’uccello nel bicchiere, lo sciacqua con la bibita e me lo fa assaggiare. Non male come sapore! Milly non vuole essere da meno. Apprezza. Mi guarda con una certa aria di sfida: «Adesso?»

Sul divano mi metto in quella plateale posa in cui tutte si posizionano per farsi leccare la figa.

Milly non accoglie il mio invito e mi si sdraia sopra. Sento il suo villoso pube combaciare con il mio e vi preme contro con libidinoso vigore. Mi bacia acquattandosi fra le mie braccia e inizia a parlarmi con un tono che possiamo udire solo noi due.

Óscar a quella nostra posa così sensuale non resiste e da solerte reporter comincia a riprenderci dalle più svariate angolazioni.

«Non sono lesbica. Avrei solo voluto esserlo. Oggi è la prima vera occasione che mi si presenta per dimostrare a me stessa se lo voglio proprio essere. E mi sa che potrei anche trovare l’amore. Quale amore forse lo scoprirò solo dopo avertela leccata. Sì, Flà, non ci crederai ma è la prima volta che mi trovo a diretto contatto con il sesso femminile. Tolta una brutta avventura di solo qualche giorno fa quando ho tentato di farmi la barista del bar qui sotto. Di cui mi sono tanto vergognata da non mettere in pericolo più piede in quel locale.» La bacio e lei aveva ricomincia lo sfregamento della sua figa contro la mia.

«Poi hai scoperto Oscar e questo ti sta cambiando le aspirazioni – Le dico tutto questo non solo per l’effetto dei due drink scolati ma perché questa ragazzetta sta facendo breccia anche nel mio cuore. Non mi dispiacerà trovarmela spesso attorno, anche assieme ad Oscar – Non credere che una tendenza escluda l’altra. Nel nostro cuore deve esserci spazio per tutte e due. Il discorso stimola la sua libido e oltre al prolungato sfregamento contro la figa scatena la sua bocca in ogni dove del mio corpo – Vuoi vedere se il ragionamento può avere un futuro?» Oscar, smesso di scattare foto stava riprendendo il nostro abbraccio con la videocamera.

«Come no. È proprio quello che vorrei: sapere se posso amare contemporaneamente Óscar e…»

«Su, Milly, dillo pure… Non reprimerti…»

«Sì Flà… Sono due colpi di fulmine in un sol colpo… Oscar e te.»

«Ci siamo, ragazza mia! Possiamo cominciare con un bel 69 fra noi due.»

Lei si dimostra un po’ imbranata nel posizionarsi ma un po’ di esperienza io ce l’ho e me la prendo sopra nella giusta maniera.

Óscar esulta. Si piazza con la videocamera proprio a pochi centimetri dai nostri corpi per primi piani di grande effetto.

Cominciamo il rito di lingua-figa figa-lingua. Io, per mie precedenti esperienze, riesco a mettere in campo anche un lingua-culo di grande effetto.

Il sonoro delle evoluzioni fra cosce e natiche a cui si aggiunge la voce di Oscar che ci incita ad essere sempre più porche.

Ne usciamo esauste. Abbiamo lingua e guance provate quando abbandoniamo il gioco. Ci baciamo. Oscar si unisce a noi. E’ un abbraccio collettivo fra tre corpi grondanti di sudore.

E qui mi viene l’idea per far quadrare il cerchio.

«Quante volte sei venuta Cocca?»

«Me ne sono accorta di tre. Ma forse sono state di più. Da un certo momento gli orgasmi si sono concatenati.»

«Quanti potresti ancora provarne?»

«Quelli che vuoi darmi… E’ troppo bello il gioco!»

«E se lo facesti con Oscar?»

«Sarebbe sicuramente meraviglioso. Non posso crederci!»

Oscar, non prevedendo più azioni sta scaricando il girato sul suo pc.

Lo chiamo. Cinge con un braccio le spalle di Milly: «E’ venuta una ripresa bellissima.»

«Lo rifaresti con me? – La ragazza rompe ogni indugio – Flavia potrebbe riprenderci. Diventerebbe un bel ricordo per tutti e tre.»

«Non l’ho mai fatto ma se è per il nostro amore, perché no.»

«Diciamo per il nostro godimento» ed ero andata a recuperare la videocamera.

Loro si s ono già posizionati. Il ballo sta per iniziare. Milly è sopra e le mani di lui sono aggrappate spasmodicamente alle chiappette di lei.

La danza diventa frenetica ed è Oscar a concluderla per primo «Ci sono… Ci sono… Milly, vengo!» E’ un avvertimento che però Milly non vuole cogliere. Contro il palato si ferma il caldo getto dell’essenza di lui. Deglutisce. E intanto prende il volo il suo quarto… quinto… sesto che fosse, orgasmo. Il loro abbraccio si fa più forte e quando le bocche si liberano esplodono in gioiose risate. A Milly cola qualche residuo dalla bocca mentre: «Non avrei mai creduto di poter godere così intensamente.» lascioche le naturali effusioni si plachino e lancio la mia proposta: «Stiamo assieme oggi?»

Per Óscar è già così che deve andare: «Ho già avvertito i miei che non rientro ne stanotte, ne domani notte – e guardandomi per essere rassicurato – Non è vero Flà?»

Per Milly è un po’ più complicato: «I miei oggi e domani sono nella nostra casa di Marina Romea – siamo romagnoli –. Dovrei pranzare con Jimmy. Ci dovremmo trovare alla Traviata all’una. Potrei spegnere il telefono e tirargli il bidone. Se a questo ne aggiungerò un altro paio, sono sicura che me lo tolgo di torno… Che faccio?»

«Potrei fare una bella spesa al Mercato e cucinare per voi, sia oggi che domani. E ci diamo dentro finché ne abbiamo voglia.»

«Due giorni nudi a casa tu. Che bello!» Oscar

«Wow» Milly. E spegne l’iPhone.

Via Ugo Bassi. Stiamo per entrare al Mercato delle Erbe. E’ quasi mezzogiorno. Le strade brulicano di folla. Bologna pulsa. Sono fra Milly e Oscar e mi sembrano ancora più belli, ora che si sono detti di amarsi . E il mio desiderio è quello di fornicare nel loro amore!

A proposito di fornicazione: «Oh, ci si rivede…»

«Sia lodato Gesù Cristo, don Raffaele.»

«Sempre sia lodato, ragazzi. Vedo che siete cresciuti in famiglia…» E io noto che il suo sguardo si blocca sul generoso giro-manica della maglietta di Milly, da cui si gode la quasi totale veduta della sua tetta destra. Non una cosa indifferente per un atletico sacerdote più o meno cinquantenne – Come si chiama la signorina che avete reclutato?»

«Io sono Milly, padre.»

«Benissimo! Allora io stasera, al rosario invocherò la protezione della Vergine per Flavia, Oscar e Milly. Ciao ragazzi. Che Dio vi benedica.» E si districa fra la folla con spedito passo sacerdotale.

«Anche la benedizione! Ne salteranno fuori guzzate della Madonna!»

***

Psicoanalisi con intrigo

Non è possibile! Una va fiduciosa da una rinomata psicoterapeuta perché si sente sempre più spesso in preda ad attacchi di ipersessualità e raccontandole la sua attività bisex di ogni giorno questa perde il controllo di sé stessa e si spinge su di lei con smanacciamenti triviali. Tant’è, che scatta in me una sorta di repulsione verso costei. La respingo decisamente e me ne vado in malo modo.

Nell’immediato giorno ricevo una sua telefonata per quel suo «… gesto involontario che ha potuto essere male interpretato.» Scuse nelle più svariate forme e sempre col cuore in mano. Per farsi perdonare, infine, un invito a cena assieme al fidanzato.

Con la presenza di Óscar – appunto, il fidanzato – non ho ragione di temere situazioni imbarazzanti e soprattutto per la conoscenza che questa ha con Simone, accetto. Sarebbe il sabato successivo. Ore venti a casa della professoressa in via Santo Stefano 21. “Suonare Bonaccorsi, scala A, secondo piano”.

Poi succede che il giorno prima, Oscar mi dice di essere in squadra per la partita finale del torneo contro il Cesena che si tiene proprio là, il giorno dopo.

Comunico tempestivamente il problema all’ospite che insiste a non far saltare l’appuntamento. Non ero riusco a convincerla. Sarei andata sola, costasse quel che sarebbe costato.

Già quando la professoressa aveva risposto al citofono la musica che contornava la sua voce faceva intendere cosa mi potevo aspettare.

Malvina Bonaccorsi, tanto per non far nomi, mi aveva accoglie con un sorriso che squarcia il suo volto da orecchio ad orecchio: «Che cara, ad accettare il mio invito! E grazie sai… Sono arrivati nel pomeriggio. Sono meravigliose! I miei fiori preferiti.» In un prezioso vaso di vetro di Murano era lì ben disposto il bouquet di Zantedeschia aethiopica – calle – da cui mi ero fatta precedere.

Malvina: «Ci diamo del tu, vero?» Dice subito.

È una ben tenuta quarantenne ma molto meno ben ispirata nel vestire. Quando non è professionalmente in attività, ama presentarsi come una vamp della provincia americana fine anni ‘50: poppe in primo piano – e ne ha tante! – gonna molto stretta, molto corta in una fantasia coloratissima.

Convenevoli d’uso e si inizia con l’aperitivo: due Martini, uno dopo l’altro, ben fatti, mi conciliano con il mondo in cui si crogiola la mia ospite: dal look indossato all’arredamento della casa. E’ come essere in un set cinematografico anni 50. Sul costoso divano ricavato da sedili di una Cadillac cabriolet d’epoca, lei torna sulle paranoie che mi hanno portato al suo studio psicoterapico e mi aveva chiesto se dopo il nostro colloquio ero ancora convinta di soffrirne. Le rispondo in tono scherzoso dicendole che adesso darla via mi sembra più un atto dovuto alla piacevolezza della persona che avevo accanto. Lei ne approfitta per chiamarsi in causa. La stoppo con una semplice carezza a una guancia che, visibilmente, le procura un fremito. E ci mettiamo a tavola.

Cena fredda di solo pesce. Con l’antipasto: ostriche e altre conchiglie, Malvina torna sui disagi della mia psiche: «Anch’io ebbi problemi analoghi finché mi sono ostinata a cercare orgasmi nel cazzo di mio marito contemporaneamente alle vulve delle mie migliori amiche. Liberata da lui – Pensa che ha avuto il coraggio di portarmi davanti al tribunale ecclesiastico come ‘figa di legno’. Il porco! – mi sono dedicata esclusivamente alla figa e ho recuperato tutto il mio equilibrio. Dovresti anche tu iniziare un percorso analogo: o lui, o noi.» Curiosamente si era espressa al plurale. Mentre succhio una mazzancolla le faccio segno di aver capito e che ci avrei riflettuto sopra: “Non si deve parlare con la bocca piena”.

Intanto penso intensamente a quanto mi sarebbe piaciuto in quel momento avere in me il barilotto di vigorosa carne di Oscar e spero di trovarlo ad aspettarmi al mio rientro. Alla crepa di Simone ci avrei pensato il giorno dopo. Che, in quanto domenica il di lei marito la trascorre sempre dai genitori a Mantova. E noi come al solito ce la saremmo spasseremo: alcol e sesso a gó-gó.

Sono talmente presa dal mio fantasticare che non mi accorgo che Malvina ha spostato la seggiola di fianco alla mia. La sua mano è sul mio seno. Mi piace e ricambio. Gli sguardi si incrociano e la cena finisce lì. Nella stessa sala c’è un immenso divano che diventa il ring del nostro match.

Appaiono le sue immense poppe. Hanno capezzoli proporzionati alla grandezza delle tette ed è un godimento spingerli con la lingua fra i denti e il palato. La sento urlare di piacere. Poi, al grido di «Fammela leccare, troia!» mi spoglia per piazzarsi a bocca aperta sulla mia fighetta.

Devo dire che sì, ne ho voglia, ma le sue movenze brusche e un po’ teatrali non mi entusiasmano. Tant’è che non le propongo il 69. La mia passione. La lascio sbizzarrirsi con labbra e lingua, poi concentrandomi e tenendola per i cappelli, ferma sulla figa, sono venuta. Come plucca–plucca non è una gran cosa. La lingua di Simone ha una miriade di sfaccettature in più che fanno impazzire di godimento. A Simone, quella sera stessa gliel’avrei raccontata con un WhatsApp.

Visto che ha catturato la pollastrella, Malvina non molla e mi tampina finché non mi sono commossa e le ho praticato uno dei miei ditalini. Quelli che Simone definisce come i meglio-delmeglio-del-mondo. Esplode urlando sconvolta e devo soccombere a raffiche di baci con foga su tutto il corpo. Anche qualche morso, che detesto!

Mi salva la sua vescica: deve andare. Qualche minuto in cui posso rivestirmi. Recupero la borsetta e quando sarebbe riapparsa le avrei detto che ero troppo emozionata per quello che è successo tra noi. Non mi sento bene. Sono confusa e ho bisogno di aria fresca.

Quando riappare si presenta indossando uno strap-on che esibisce un simulacro di fallo nero di notevoli proporzioni.

Moscow Mule

Ne sì, ne ma: guadagno la porta di casa. Mi sento tranquilla solo quando mi ritrovo in strada, una delle più frequentate vie del Centro, fra la chiassosa folla che si spinge in Città per lo sballo del sabato sera.

Passando innanzi a Grunt bar famoso per i suoi Moscow Mule, decido che uno di questi mi potrebbe giovare.

E’ strapieno di gente. Ognuno si gingilla il suo cilindro di vetro succhiando l’alcolica pozione con colorate cannucce. Mi faccio largo fra quella calca per sentire calore umano, dopo l’orrore di quello smisurato fallo di materiale plastico che avrebbe preteso di insinuarsi fra le mie carni.

Se la folla mi rincuora, l’alcol rigenera in me la voglia di spassarmi una serata nella migliore della tradizione di Flavia Marchetti, scrittrice di bella presenza. Guardandomi attorno devo constatare che di gente ce n’èra tanta ma sono tutte coppie e non danno segnale alcuno di aspirare a momenti di trasgressione. Quella che a me sarebbe piaciuta avere a portata di mano, ora che sono a fuggire da un momento, sì! di trasgressione, ma troppo volgare per i miei canoni.

Insomma, non vedo attorno a me nessuno che si fosse accorto o accorta di me. Che mi punta e venga alla conquista della mia compagnia. Sicuramente questa sera gli avrei dato tanto!

Così mi ritiro in un angolo e, iPhone alla mano, cerco Oscar. So o che è a Cesena per un match con la sua squadra ed è un orario in cui la partita è già conclusa: «Allora, com’è andata?… Ah, avete vinto… E adesso siete a cena… Ti vedo?… Ho capito, fate baracca… Quindi andate a puttane…Ah, solo in discoteca… Domani?… No domani no. Non mi cercare.» E chiudo la conversazione.

Un po’ con le pive nel sacco riprendo la strada di casa con la prospettiva di una scialba serata di Netflix e forse qualche ambigua chat. Più probabile qualche lettura. Di scrivere non ho ne idee ne voglia.

Autumne Lives con S.O.S.

Mi attira un gruppo jazz che in strada fa dell’ottimo manuche e la buona musica riaccende in me la sensazione che quella serata non sarebbe finita con lo squallore con cui era iniziata. Così mentre ascolto alcune belle improvvisazioni su Autumne Lives do uno sguardo all’iPhones: “Cazzo, tre chiamate da Simon!” Fra me e lei le tre chiamate consecutive sono un’urgenza. Una cosa importante. La richiamo subito. Ha la voce stravolta. Al limite del singhiozzo. Ha litigato duramente con ‘il porco’. Lui l’haveva menata di brutto e se n’è andato. Da quello che Simon presuppone non sarebbe tornato che il giovedì successivo: «Dovresti avere ancora le chiavi di casa mia. Rifugiati subito da me. Fra dieci minuti sono lì anch’io.»

Il bel volto di Simon è gonfio e tumefatto. La delicatezza dei suoi lineamenti è manomessa da una sequenza di schiaffi del Commendatore Belpane, il coniuge. Non posso neppure abbracciarla perché ai ceffoni si sono accompagnate percosse a tutto il corpo e quindi ovunque dolorante. Lui se n’era andato solo quando l’aveva vista a terra che gli chiedeva di smettere.

Abbiamo fatto quello che si doveva fare: la Questura. Proprio dietro casa. Un’ora fra esposizione dei fatti, verbale e denuncia. Poi il Pronto Soccorso: “Di rotto non c’è nulla”.

Siamo di nuovo a casa mia che è quasi l’una. Prima siamo passate da casa sua a prendere un po’ di roba per vivere da me per qualche giorno.

Lei non ha cenato e preparo in furia qualcosa e, visto che si è un po’ tranquillizzata la tiro su di morale raccontandole dello strap–on della psicologa. Non le avevo dico che un po’ ci ho messo del mio eccitandola. Simone è un tantino gelosa della nostra affettività. Purtroppo per lei io sono un po’ più troia. Ovvero, la mia carne è debole.

La descrizione di quanto capitatomi boccaccescamente le ridà un minimo di serenità e sul suo volto martoriato riappare il sorriso. Adesso possiamo coricarci. Ed è quanto io bramo. Era poi stata lei a prendere il gioco in mano dicendo: «Sai che mi farei volentieri una doccia.»

«È a tua disposizione, Simone.» e venendomi a mente i giochi che abbiamo sempre fatto in quell’esiguo spazio del box un leggero sorriso ha inarcato le mie labbra. Ma forse, quella sera, con tutto quello che era successo….

«Ti aspetto là» Il messaggio è ricevuto.

Sotto lo scroscio rigeneratore, il corpo di Simon non mi pare così martoriato quanto il volto. Ha sì un largo ematoma su un fianco, lasciato dal calcio d’addio del suo seviziatore ma per il resto il suo corpo mantiene tutto quel fascino che non mancava di entusiasmare chiunque ne può godere la vista. Io poi che ne posso godere anche le pulsioni …!

Mi accosto a lei e in un attimo dimentico che merda di serata sto vivendo.

Smetto di accusare la stanchezza della giornata mentre chiudo lo sportello del box. Il vapore e l’acqua calda hanno fatto il resto.

Simone si fa contro di me e io la stringo forte scatenando il suo pianto liberatorio. Le lacrime si fondono con le gocce d’acqua che ci piovevano addosso. Prova a dire qualcosa. Non glielo permetto. È la mia lingua a parlare per me, assieme alla mano infrattata fra il pelo del suo basso ventre: «Per Dio, allora mi ami… Non me lo vuoi mai dire ma è così… Vero?» E sento le sue dita farsi largo nella mia figa. La sua passionalità conferma che ha ripreso completamente il controllo di sé. E’ tornata ad essere ‘la mia Simon’. L’ultima delle mie conquiste al femminile. Quella che mi dà il massimo dell’eccitazione e che me la fà rispendere tutta sul suo corpo. Un corpo che conservava il tono e la dolcezza di una ragazzina di vent’anni.

Poi c’è un mio accidentale movimento in quella forsennata danza che colpito il miscelatore delle acque della doccia che fa abbassare repentinamente la loro temperatura: da 40° a 10°. Un urlo rimbomba in quell’ogiva di vetro. I brividi non sono più di godimento ma di smarrimento: «Cazzo, ma cos’è sto gelo!»

Come abbiamo riso all’impazzata l‘anno prima quando sciogliemmo il 69 in cui lei mi aveva tirato, così ci mettiamo a ridere, lì, in quel giorno appena nato, dopo quel getto gelido che ha interrotto quella bella leccata alla mia figa.

«Che si fa adesso?»

«Portami a letto Fly – mi chiama così – Ho bisogno di addormentarmi fra le braccia di qualcuno che mi ama. Tu mi ami, vero Fly?»

A questo non rispondo. Detesto questa sua ansia a voler essere rassicurata sul mio sentimento verso lei. E questo succede quasi ad ogni nostro orgasmo.

«Ci facciamo un goccetto prima?»

«E’ quello che ci vuole dopo il tuo gelido spruzzo.»

«Se no eri ancora lì a succhiare. Porca!» Mi da un bacio.

L’ambrato Agricole della Martinica, nell’elegante bottiglia di cristallo è stato distillato un po’ prima che io e Simon nascessimo.

***

Oscar ci ha ripensato

Le due non sono mai un’ora notturna per un sabato a Bologna. Anche sotto la luna la città si esprime e sprigiona la sua tradizionale allegria. E di tutto questo sto compiacendomi guardando dalla terrazza i portici e la strada sottostante. Quella che nell’impero romano era il decumano dell’allora Bononia. Mi passa pure innanzi agli occhi un flash fantastico che mi fa vedere la strada con ingorghi di bighe e gente in pallium, toga o tunica. Pura fantasia.

Invece, nonostante i dieci piani mi giunge musica manuche e il brusio di una città che non vuole addormentarsi. Sono gli stessi buskers che mi sono soffermata ad ascoltare quando Simone ha lanciato il suo sos. Mi sembra nell’altro secolo. Eppure sono solo passate poche ore. Quelle in cui abbiamo fatto la denuncia in Questura contro le percosse del marito. Poi il pronto soccorso e il rientro a casa mia. La salutare doccia che ci ha riconciliato con il mondo e dato qualche sprazzo di godimento. Protagoniste le nostre dita. Il letto ha provato ad alimentare la nostra passione ma il dolore che Simone prova ad ogni movimento mette in secondo piano il desiderio che arde in noi. Così non si è compiuto il nostro “fare all’amore” che altro non è che il solito 69. Meraviglioso amplesso che ci fà esternare quel genuino fraseggio di sospiri e mugugni che tanto ruolo ha nel godimento.

Simone preferisce rimanere immobile, avvolta nell’accappatoio di ciniglia, a guardare il soffitto. E forse meditare su quello che sarebbe seguito alla sciagurata lite coniugale.

Per un po’ sono rimasta accanto a lei a guardarla in silenzio, soffocando il desiderio che quei momenti di petting, consumati sotto la doccia, hanno stimolato.

La notte non è fredda. Così la terrazza mi attira con una buona sigaretta.

L’ho appena spenta quando suonano alla porta. Non è una scampanellata da basso, ma già alla porta dell’appartamento. Con tutta la prudenza del caso accendo il videocitofono e controllo chi mi cerca a quest’ora: “Cazzo, è Oscar!” Apro senza curarmi se ho allacciato l’accappatoio. “Ma tu non eri a caccia di gnocca in discoteca a Cesenatico?”

Sicuramente l’accappatoio non è allacciato. Le sue dita si allargano sul mio corpo e si muovono con precisione verso ben definite mete. Fremiti mi invadono non appena la sua lingua lascia la mia bocca e incomincia a fare il suo dovere lungo il collo e giù, attorno e sui seni. Una sua mano va dritta fra le mie cosce.

E’ un vortice, il ragazzo!

Senza perdere tempo e senza dire un beo entra in me sul divano. Sento sul fondo della figa che con una velocità sorprendente risolve il suo desiderio. Con gli ultimi due colpi che mi assestato gli vado dietro anch’io.

Ridiamo con gioia. Proprio stata una bella improvvisata. Che lui ha voluto perfezionare con una delicata leccata alla, ancora bollente, figa.

Brividi, sobbalzi, contorsioni e tutto quello che avviene in situazioni del genere che lasciano poi spazio al dolce dialogo dell’appagamento. Se appagamento ci fosse stato.

«Non ce la facevo più a star lontano da te, Flà. – e intanto si palleggia l’uccello, ancora ben in arme – Pensa, anche ieri sera che ero invitato a cena dai genitori di Milly per conoscermi, ho cenato sperando di sbrigarmi in fretta e aver un po’ di tempo da passare con te. E invece, avevano invitato anche le famiglie di due zii con cugini e animali domestici. Alla fine una tavolata di quindici petulanti individui. Anche la povera Milly ha dovuto accontentarsi di una sveltina in piedi contro la pulsantiera dell’ascensore. Quando sono rientrato che erano quasi le due, non me la sono sentita di disturbarti a quell’ora.»

L’ho guardato intensamente negli occhi: «Chiavami ancora, Oscar» e mi sono riofferta al suo brando. Ne salta fuori una trombata molto garbata. Mentre si muove in me, con quell’affanno che fa da cornice alle dolci chiavate, Oscar trova modo di confessarmi che il suo sentimento verso Milly è sicuramente meno intenso di quanto prova per me. Milly però la sente come la persona con cui avrebbe attraversato la vita. Di lei mi aveva racconta la grande attrazione che ha nei miei confronti. Tanto che lo aveva supplicato, adesso che sono fidanzati, di non troncare il legame fra me e lui. Lei non vede l’ora di ripetere quella comunanza di corpi e godimenti che si era venuta a creare fra noi solo qualche giorno prima.

A questo punto mi è venuto in mente che c’era anche Simone, che sicuramente per tutti i nostri mugolii aveva intuito chi fosse il pellegrino che aveva bussato al convento. Lo dico a Óscar e: «Simon?… Simon?… Ah, sì… Quella gran figa che sta al piano di sopra il mio e che ha per marito quel cafoncello che si dà tante arie. L’altra settimana vi ho viste assieme e vi ho anche fotografate. Eravate meravigliose! Quando mi tiro su te la faccio vedere nell’iPhone. L’ho anche stampata e se la convinci a darmela ne incornicio due copie e ve le regalo

«Ecco, quel marito da stasera non dovrebbe più averlo. È tutta nostra.» E gli racconto tutta la vicenda del pestaggio e anche che da un anno siamo amanti.

«E adesso dov’è?»

«Di sopra che sta cercando di riprendersi dalla brutta avventura.»

«Posso salutarla. Mi farebbe piacere entrare nel vostro giro. Forse anche a Milly piacerebbe

«Dai, vieni mò su.»

«Mi rivesto un po’

«No, vieni così come ti ha fatto mamma. Che sei bellissimo.» E siamo saliti.

La porcona finge di dormire. Sbadigli, stiramenti, voce appannata: «Mi ero appisolata. Avevo capito che ne avreste avuto fino a domattina

«Avremmo pensato che stanotte Óscar potrebbe dormire con noi. Ti secca?» Ho azzardato.

«Visto il pedigree – gli occhi di Simon hanno puntato il basso ventre del ragazzo – posso solo dire “ben venga”… Se non avessi tutto questo malanno addosso avrei detto: “diamoci dentro”.»

«Bene! Oscar, tu dormirai fra me e lei. Come vedi lo spazio c’è.»

«Posso darvi un bacio?» Con me è  solo affetto. Con Simone si muovono anche le lingue.

Spengo la luce.

Io mi sono sdraiata senza alcun che addosso, Oscar ha tutto al piano di sotto e Simone per adeguarsi alla compagnia apre l’accappatoio. Oscar, con mossa da navigato gentleman, rende omaggio a quella nudità con un bacio, appoggiando leggermente le labbra fra l’ombelico e l’inizio del vello. Il dorato pelo di Simone! Lei ha avuto un impercettibile fremito ma tutto si ferma lì.

Inutilmente cerco di appisolarmi ma la situazione, quella notte, è troppo eccitante per dormirci sopra. Purtroppo dagli altri non viene alcun segnale di vivacità e così mi impegno a ricercare nei meandri del cervello quel genere di pensieri che agevolano il sonno.

E quella intricata giornata pare conclusa. Invece no.

Dopo un po’ mi pare che il respiro di Oscar si sia fatto pesante e qualche momento dopo arriva un sussurro: «Oh, Flà, hai una manina che ci sa veramente fare!»

«Si dà il caso che la manina sia la mia.» Simone, tanto per precisare. Non c’è stato tempo per la polemica… quel glande che lei, per un po’ ha trastullato, si è messo a schizzare. La stanza si è riempita di una risata liberatoria che ha completamente trasformato quella notte.

Se si deve ballare e si balli !

Subito le labbra di Oscar sono fiondate sulla bionda topa di Simone. I pratici insegnamenti che avevo speso con lui, la fanno esplodere di piacere. Si mette a gridare: «Fly dove sei?» E non smette finché non calo la figa sulla sua bocca. Il resto lo lascio all’immaginazione del lettore.

Con un sabba di quell’intensità l’uccello di Oscar raggiunge dimensioni e consistenza da primato. Vuoi lasciarlo così? Ridendo come due matte io e Simon ce lo giochiamo alla morra – sia io che lei siamo provette bocchinaie –. Ed è lei ad aggiudicarselo. Io resto appoggiata alla testata del letto a godermi quell’eccitante spettacolo: le labbra che lo carpiscono, lo coccolano mentre la lingua gli dà il benvenuto. Poi, fuori dalla bocca, la lingua lo rincorre per stuzzicarne il glande che intanto, lei, con sapienza, riesce a portarlo in primo piano. E così via, proprio come grandi maestre hanno da sempre consigliato l’approccio al bocchino. Prosegue con succhio e risucchio fino all’esplosione in loco con conseguente ingoio (obbligatorio).

Non sono spettacoli che lasciano indifferenti per cui nonostante quanto mi era già stato dato non posso esimermi dal gratificare la mia farfalletta di qualche ulteriore brivido genuinamente fornito dalle mie dita.

Con l’esplosione, dalla cappella di Oscar sono uscite quantità indescrivibili di sperma. La povera Simone si è trovata in difficoltà nel deglutire il tutto e lascia colare da un angolo della bocca parte di quel bene prezioso a lei donato con tanta sincera generosità.

Simone poi ha voluto andare oltre e non ha staccato la bocca da quel corpo finché non ha omaggiato con la lingua i contorni del suo buco del culo.

«Piaciuto lo spettacolo?» Mi ha chiesto non appena si è tolta quel cazzo dalla bocca. Non le ho risposto perché stavo assaporando l’orgasmo che mi stavano dando le dita. Ma ho accolto con piacere le sue labbra ancora lorde dell’intimo succo del mio amante.

Dopodiché ci consegnamo alle prime ore del nuovo giorno per il dovuto riposo.

***

Ed è già mattina

Sto sorbendomi una bollente tazza di caffè quando mi raggiunge Simone. Il dormire le ha indubbiamente giovato. Le si è ridotto il gonfiore del volto e i segni delle sberle, così come l’ematoma sul fianco sinistro. E’ tornata “il mio tronco di figa” come mi piace ricordarle quando ci lecchiamo. Glielo dico e con questo ci attacchiamo, lì, innanzi al frigorifero. «Vedo che ti stai riprendendo. Avrà forse giovato anche quello che ti ha sgocciolato in gola il giovanotto.»

«Quanto meno mi ha riconciliato con il genere maschile. Era un po’ che non ne facevo uno e sono contenta di averlo fatto al più bel cazzo che abbia veduto in questa mia attuale esistenza – Simone crede nella metempsicosi – Pensi di tenertelo o di trattarlo come di solito fai con i maschi: lo sfinisci poi lo getti. O hai fatto ipotesi serie su di lui?»

«Ipotesi seria nessuna, anche perché ho brigato per fidanzarlo e questo è avvenuto qualche giorno fa. Lui dice di amarmi e non poter fare a meno di me. La cosa curiosa è che anche Milly, la morosa, dice la stessa cosa e lo sollecita a rimettere in piedi un incontro per un ‘ciappino’ a tre.»

«Lei è lesbica?»

«Vorrebbe esserlo. Lo è stata una sola volta. E c’ero io. L’ho vista trombare con Oscar e mi è sembrato che le piaccia più il cazzo del pane fresco. Tant’è che stanotte, Oscar nel raccontarmi un po’ di cose, mi ha detto che dopo che lei gliel’aveva data la prima volta – e questo è successo davanti a me – hanno trombato ogni giorno con foga. E oggi, che i genitori di lei sono a Mantova ad un matrimonio di parenti, lei trasformerà la casa in un ambiente iper-sensuale e gli darà il culo in maniera rituale.»

«E com’è la ragazza?»

«Ha un visetto da brava ragazza, forse un po’ immaturo in relazione al corpo, polposo, ricco di curve e deliziosi spigoli. Il grande pregio è che ha diciotto anni. E’ troia e da grande vorrebbe anche fare la lesbica.»

«Un’idea: “Perché non gli diciamo che il rito della prima inculata potrebbero farlo qui e io e te potremmo esserne le sacerdotesse saffiche che lo celebrano. Con la tua fantasia non dovresti metterci molto a costruire una trama con precisi riscontri storici da raccontarle.»

Mi è sembrata che avrebbe raccolto il favore di tutti. Alla buona idea non abbiamo brindato come facciamo di solito – anche perché sono solo le otto del mattino – ma ci siamo messe con entusiasmo la lingua in bocca. Ci è venuto spontaneo sospirare e mugugnare… poi quando le bocche hanno di nuovo parlato sono stata io a fare la proposta: «Comodo sul letto della stanzetta, o grezzo e vigoroso sul tappeto davanti al divano?»

«Va bene grezzo, però io sto sopra: ho ancora qualche doloretto che si fa sentire nella schiena.»

Ed è partito il nostro 69. Il primo della giornata domenicale.

«Non vi date proprio tregua. – E’ Oscar che svegliatosi viene a vedere se c’è un goccio di caffè per lui – bevo un sorso e mi tuffo con voi anch’io. Ho dormito talmente bene che me lo posso permettere.» E’ la giusta frase a cui posso agganciarmi per fargli la proposta del sabba Inculador ipotizzato fantasticamente: «Tu è meglio che ti risparmi. Visto l’impegno che hai nel pomeriggio. Non vorrai rischiare una brutta figura. – Si ferma di fianco ai nostri corpi aggrovigliati e si accarezza l’uccello che, anche a uno sguardo distratto, dice quanto può essere contento di entrare in azione. Oscar si gratta la testa e conviene: «Vedi Simone quando ci si ama… l’amore ti mette a disposizione anche una segretaria… Credo tu abbia ragione. Anche se so di perdere tanto a non essere la sottiletta Kraft del vostro toast.»

«Non disperare. Mi viene un’idea: perché quel rito non lo fate qui con noi. Noi due potremmo essere le sacerdotesse saffiche e recuperare un’antica tradizione dell’Arcadia in cui dovevano essere sante mani di sacerdotessa a preparare le principesse dei regni a divenire spose.»

«Fantastico. Mi piace tanto l’idea che telefono subito a Milly anche se so che sta ancora dormendo.»

E qui azzardo un’ipotesi con pseudo riferimenti storici: «Dille che sarebbe bene che i protagonisti fossero digiuni. Così era nella tradizione. Per cui se facciamo tutto attorno a mezzogiorno, dopo possiamo riempire lo stomaco senza fare sgarri storici. Perché poi è così che finivano queste cerimonie.»

«Non solo ne è entusiasta ma mi ha chiede se ci sono riferimenti storici sul colore degli indumenti da indossare…. Io l’andrò a prendere attorno alle 11, così abbiamo il tempo per fare conoscenza con Simone. Tu ricordi, vero Flà, che la ragazza è alquanto timida?» Confermo.

Il rituale sacrificio di Milly

Non appena Oscar esce, Simon va in farmacia a far rifornimento di oli lubrificanti e unguenti lenitivi per agevolare la deflorazione del culo di Milly: un gran bel culetto!

Lascio fare tutto a lei che mettendo di tanto in tanto il proprio culo in palio ne conosce tutti i risvolti. In quel campo non posso certo metter becco essendo io, lì, ancora come mamma mi ha fatto.

Mi occupo invece di dare sensualità agli ambienti, soprattutto alla stanza dove si sarebbe celebrata la cerimonia: odori esotici da spezie che avrebbero bruciato in piccoli bracieri. Schermo alcune lampadine per ottenere un’atmosfera più delicata. Un bel vassoio di frutta fresca a disposizione della vittima sacrificale durante la funzione. In un vaso di terracotta vuoto il vino che avrebbe suggellato l’iniziazione della fanciulla. Al resto avrebbero provveduto le nostre mani, le nostre bocche e la mia fantasia.

Mentre attendiamo la defloranda e il defloratore racconto a Simon la fantasmagoria che avrebbe supportato quel rito fasullo spacciato come riesumazione di un’antica tradizione arcadica. Il rito Dell’Inculadora, deriverebbe dalla consuetudine nell’antica Grecia di preparare le figlie femmine dei re a divenire spose. Questo succedeva appena le regine si accorgevano che le principessine erano divenute donne. In quel momento si spargeva la voce e si sceglievano fra sette guerrieri del reame quello che avrebbe dovuto far saltare il primo sigillo che in quel caso era la violazione della bocca. – Con Milly non si sarebbe potuto fare perché Oscar aveva già avuto la gioia di un inesorabile ingoio da parte di lei. E che lui aveva divulgato, oltre a me anche agli amici della balla. – Stessa cosa avveniva per il secondo sigillo che era il buco del culo. In questo caso il rito era molto più importante e doveva essere consumato sulla riva del mare che quel giorno doveva essere calmo e liscio come l’olio e con i maggiorenti del popolo che avrebbero partecipato osservando dall’alto di un’attigua collina. Officianti, due sacerdotesse in attività presso il tempio di Venere.

Io e Simone ci immedesimiamo atteggiandoci in maniera seriosa. Addosso, sulla nuda pelle solo due tuniche bianche e a piedi scalzi. Nessuna musica di sottofondo.

Milly e Oscar entrano in quell’atmosfera. Le presentazioni sono state molto stringate, a parte la lingua in bocca che subito Milly mi mette. Dimostra invece rispetto e soggezione verso Simone che affascinata da quel suo corpo, sì esile ma ugualmente così ben carrozzato, con dolce amorevolezza la prende per mano per accompagnarla nel bagno dove sarebbe avvenuta la preparazione.

Subito le toglie ogni abito immondo, per portarla alla purezza del corpo ignudo. Qui, superato lo stato di soggezione verso Simone, Milly esplode in un assalto alla sacerdotessa e l’abbraccia. Intuendo poi che sotto la tunica il suo corpo è nudo, preme forte le sue bollenti carni contro questo, mentre le labbra percorrono ogni lembo del lungo collo della sacerdotessa. Simone, che non se lo aspetta, vacilla nella sua interpretazione sacerdotale ma, seppure con grande sacrificio, riescr a resistere: «Non adesso… Angelo mio… – deglutendo – solo quando sarai divenuta un angelo potrò lasciarmi andare con te e anche con Oscar – aveva voluto precisare –. Adesso sarebbe sacrilegio» ed era iniziata la preparazione.

Appogiatola al lavandino, la fa mettere ad angolo retto…. Una ditata all’unguento lubrificante e via: fra le sode chiappe e attorno all’orifizio.

«Ma è bellissimo!» sussurra l’offerta in stato estatico.

«Ssst! – La rimprovera la SacerdotessaNon turbare le molecole ancestrali. Anche gli unguenti sono pieni di arcadiche proprietà. Dai tempo al tempo. Vedrai, quando risorgerai monda, quanto e come potrai esprimerti fra sospiri e aneliti.» E il dito vince la contrazione del primo muscoletto anale. Il dito vaga un po’ per i meandri dello sfintere per ritirarsi e tornare in compagnia di un secondo dito.

«Mmm!» sfugge a Milly, esprimendo gradimento. E Simone l’asseconda massaggiando con cura l’ambiente che stascoprendo.

Fatte uscire le due dita, Simon, aveva saggia la possibilità di infilarne tre. Vi riesce grazie anche alla collaborazione della vittima che si prodiga in ogni modo purché qualcosa la penetri. Quando ritira la mano, Simone, è visibilmente eccitata e non resiste. Con un’arcadica scusa si mette con il volto fra quelle chiappe e raggiunto il foro del desiderio infierisce con la lingua su di esso. Facendosi forza per non spaziare nell’attigua figa che sta colando umori a tutto spiano.

Milly frigna finché non può baciarla.

«Adesso sei veramente pronta per la funzione.»

E qui la ragazza esprime un timore: «E se mentre m’incula mi viene da cagare?»

Pronta Simone, tirato fuori un’arcadica menzogna: «Zeus non lo farà succedere

La preparazione di Oscar è per me molto meno brigosa. L’abbiamo fatta in terrazza sotto il tiepido sole.

Óscar non aveva visto l’ora di spogliarsi e di mettermi in mano il virgulto arnese. Anche se devo trattenermi dal mettere in pratica certe idee, espleto velocemente l’unzione. In quel momento la cappella, ben unta come è, riluce in quello scorcio dove la si vede accostata alla Torre degli Asinelli. Almeno così appare nel selfie che scatto.

Simone che interpreta la parte della Sacerdotessa Superiora, prende i due ragazzi a braccetto per condurli al luogo destinato al rito.

Non sarebbe stato il bagnasciuga di un azzurro mare come sarebbe risultato dalla mia fantasiosa scrittura ma la camera da letto, attrezzata per l’occasione.

Io, che svolgo funzione di ancella mi ero prodigo a sistemare alcuni cuscini sotto il ventre di Milly, per attutire l’impatto della penetrazione. Milly mostra serenità e dopo essersi adagiata sui cuscini, in tutta allegria si mette a spiluzzicare frutti dal vassoio.

Oscar stringe con orgoglio il fallo e con lo sguardo tiene d’occhio il punto, fra i glutei, in cui lo avrebbe indirizzato.

Simone fa colare qualche goccia di succo spremuto da alcuni litchi, frutto dell’amore cinese e questo è il segnale che la penetrazione può iniziare.

Le mani di Oscar tengono scostate le dolci natiche. Il glande, in tutta la sua prestanza, si appoggia al bordo del foro:

«Quanto è bella calda! –sospira Milly. Per poi emettere un secco – Cazzo!» Al primo colpo: Oscar entra in lei per un terzo. Simone ferma il particolare sul suo iPhone. Io ho nella mia bocca la lingua della vittima che mugugna. Oscar con decisa irrequietezza, assesta gli altri due colpi. Quasi una pausa, poi il rumore del suo bacino che colpisce ritmicamente i glutei di Milly. Lei lasciata la mia bocca grida al mondo intero la gioia di quella sua prima volta. Oscar tiene il ritmo ancora per diverse fondate per scaricarsi in lei osannando quel suo primo culo e lasciandosi andare su di lei sussurrandole stremato: «Erano più di sei mesi che lo bramavo

Quando lui libera il condotto, Simone immortala ancora, quel culo che, rigurgita parte di quanto lasciato dal suo primo visitatore.

Dall’otre di coccio il fresco vino suggella la completezza del rito. Simone quale medico e sua madrina, verificato lo stato fisico di quel culo verga su una sua vignetta intestata il seguente referto con tanto di data e ora: “Riscontro l’ano in buono stato e pronto al riuso dopo una mano di unguento lenitivo” Firmato, Dr.ssa Simone Brancacci.

Un’ora dopo grattugio parmigiano su un abbondante piatto di tagliatelle. Nessuno di noi parla. Gustavamo la prelibatezza che ho voluto preparare per festeggiare l’avvenimento. Milly ed Oscar sembrano due sposini in viaggio di nozze. Lui le riserva gentilezze che non sono proprie del suo carattere: sbrigativo e un po’ scontroso. Io e Simon li guardiamo con l’occhio delle zie che vedono crescere con gioia i propri nipoti. Ma le zie hanno ben altri turbamenti. Hanno la necessità di essere sole e potersi congiungere nella loro intimità. Più o meno lo stesso problema ha Milly che guarda noi, ragazze, con un buon tasso di morbosità. Quindi fatto onore alle tagliatelle è cresciuta una sorta di eccitazione collettiva ed è la saggezza del più giovane, Oscar, a trovare la quadra: «E se adesso ci facessimo un bel 69 collettivo, qui sul tappeto? Quello che io e Flà abbiamo battezzato tappeto delle sane porcheriole.»

«Intercambiabili, suppongo.» Un consiglio di Milly.

«Perché no.» Approva Simone e subito la prende per mano. Io, intanto mi avvicino ad Oscar suggerendogli «Se io vengo cavalcioni su di te, potremmo farci una bella trombata qui sulla seggiola. Al 69 ci pensiamo dopo.» Oscar lo tira subito fuori. Io calo gli slip.

Con il sonoro del godimento delle nostre amiche io e il bell’Oscar ci involiamo alle piacevolezze dei nostri orgasmi.

Fra tutti noi nasce una grande intesa. La famiglia si è espansa e così il 69 gira su ognuna di noi e ognuno condivide piaceri e godimenti con tutti gli altri.

Il pomeriggio continua fra lazzi e sollazzi: giochi di carte e di società. Approfittando della diffusa nudità è superfluo descrivere affettuosità e carezze. Insomma quella libera e spontanea allegria che già io e Simone ci eravamo prefigurate immaginando una comunità allargata e molto free.

E viene ora di cena. Questa volta è Milly a voler essere lo chef della serata: con un’improvvisata omelette gigante con tutto quello che trova all’interno del frigo.

Un successo. Applausi e Oscarprova a calare il perizoma alla cuoca per infilarglielo dal di dietro. Non ha successo e, il ragazzo, leggermente avvilito si consola fra le braccia di Simone che l’accoglie con entusiasmo, aprendogli le cosce. Da qui iniziano ragionamenti riguardanti questa neonata comunità: come mantenere questo spirito e come educare i suoi componenti a rifuggire da ogni tentazione di gelosia. La prima idea la tiro fuori io: cambiare spesso il partner all’interno della comunità e quando gli altri due scopano, gli altri dovrebbero scopare serenamente, loro accanto. Così Milly prende per mano Oscar, una strizzata d’occhio a me, e via, su, verso il grande letto. Approfittando che i piccioncini hanno, all‘improvviso, deciso di iniziare con un’entrée sotto la doccia, io e Simone, riusciamo ad occupare la miglior posizione nel grande letto e senza preamboli a mettere in opera la nostra delizia. Ovvero il 69. Era stata una giornata ricca di momenti ad alta intensità erotica ma quello che mi mancava proprio era un momento di godimento con Simone. La mia dolce Simone! Bella più che mai quando si eccita. E mentre la sdraio la trovo al massimo della sua magnificenza. Così non posso che far danzare selvaggiamente la lingua nella sua figa. Simone, dal canto suo sa bene con che contraccambiare. Consumato sulla più alta vetta del godimento i nostri orgasmi, abbiamo gioiosamente rotolato in lungo e in largo per tutto il grande letto avvinte l’un l’altra con braccia e gambe, per concludere il nostro gioco con affettuosi bacetti e colpetti di lingua qua e là. Il seguito è il sonno: abbracciate l’una all’altra con l’illusione di riuscire a condividere lo stesso sogno.

 Avevamo già spento la luce senonché fanno il loro ingresso i due piccioncelli innamorati.

«Ssst – si esprime Milly sussurrando – Stanno dormendo. Ne avranno fatto uno in fretta e furia e adesso si godono l’appagamento in tutta serenità… Come sei messo, tu, dopo la pompa?»

«Pompa? Mezza pompa… Non mi hai fatto venire. – Milly sogghigna con una certa soddisfazione – Come vuoi che sia messo? Se mi dai figa e culo hai solo fatto il tuo dovere»

E da come si era appoggiata sulle lenzuola capiamo che debbono concludere un po’ di ragionamenti che si sono posti sotto gli spruzzi della doccia.

Con qualche mossa, sempre fingendo di essere profondamente addormentate ci posizioniamo in modo da vedere da vicino la loro scopata.

Il tempo minaccia pioggia e la notte èra molto buia. Nonostante ciò distinguo perfettamente i corpi dei nostri compagni di letto.

Milly si offre nella più classica delle posizioni, sottolineando il desiderio, trastullando con veloci giochi di mano, lì dove sta la clitoride. Oscar, inizia l’approccio con uno dei pochi suggerimenti, da lui richiesti, che gli ho dato dopo la nostra ‘prima volta’: «Un bacio di passione alla bernarda, prima di consegnarla al gingillo, ricordati, è sempre apprezzato»

Poi c’è stata la bellissima scena della presentazione del glande: scappellando l’uccello davanti alla bocca per riceverne un bacio di incoraggiamento.

Il tutto molto romantico… molto eccitante. Anche per noi, indiscreto pubblico. Simone si mette a masturbarsi lentamente, mentre io riusco a penetrarle il culo con un dito

Concluse le presentazioni, Oscar scende con il cazzo fra le cosce che lei ha ben aperte, così come la gemma. Fa assaggiare la rossa ciliegia del glande alle tumide grandi labbra e Milly che da un po’ è in attesa, imprime al bacino un continuo ritmo sussultorio per accelerare la penetrazione. E quel billo, centimetro dopo centimetro, guadagna il fondo della figa, regalando fremiti e sensazioni a un’entusiastica Milly: «Pompami un po’ che fra un attimo vengo

Così come mi sta dicendo, con un anelito camuffato da sbadiglio, Simone: «Mettimi un altro dito in culo che voglio venire così.»

Sotto i colpi cadenzati di Oscar il letto prende a scuotersi e così anche noi due ci riveliamo, appena in tempo per assistere all’esplosione del loro orgasmo e di quello di Simone che fra dita in culo e in figa, lancia il suo cantico d‘amore: quando gode, la porca, gorgheggia!

Io bacio Milly. Simone prende in bocca la cappella del cazzo di Oscar.

Ci riporta con i piedi sulla terra il senso dell’onore del ragazzo: «Prima ho promesso a Milly che l’avrei fatta godere nel culo. Per lei è una cosa molto importante. Vi dispiace se lo facciamo in tutta la nostra intimità?»

Io e Simone non possimo certo opporci ed avevamo optamo per una benefica doccia.

Il tavolo della colazione presenta il triste spettacolo della nostra ‘famiglia free’ con un aspetto al limite della sopravvivenza. Nudi – come vuole il 5° comma del regolamento interno che regola la nostra comunità: “Alla prima colazione del dì di festa si può partecipare esclusivamente in costume adamitico” – ogni angolo dei nostri corpi appariva disastrato. Come fosse stato sottoposto a pesanti fatiche per diversi giorni: evidenti occhiaie sui volti, sguardi spenti e le tette di noi femmine, sgonfie. Così come l’appendice fra le gambe di Oscar che sarebbe stato più corretta definire striminzita.

Su quel letto gigante, quando siamo tornate dalla nostra lunga e bollente doccia è il momento in cui Oscar sfila l’uccello dal culo dell’amata, che giace bocconi e sfinita. Così come la vedo anche stamane al risveglio.

Oscar, invece presenta ancora un cazzo di tutto rispetto e questo ingolosisce Simone che con un’inedita danza di chiappe gli mette il culo sopra, spronandolo: «Dai spingi!» e vanno avanti finché da quel culo non cola l’ultima sborrata della giornata di quel generoso ragazzo. Come Milly anche Simone crollata e il baldo Oscar porta le sue carni svuotate fra le mie braccia per un platonico sonno rigeneratore. Che, decisamente non funziona del tutto.

Visto il greve spettacolo che sta andando in scena attorno a quel tavolo, do voce a un’idea: «Che ne dite, sempre in un processo di degelosizzazione, se mi faccio accompagnare da Oscar da un cliente a Riccione. Torneremo verso sera». Non c’erano state obbiezioni… Anzi:

«Se vuoi utilizzare la mia BMW, è parcheggiata dietro casa. A me oggi non serve e tu, figa come sei… con il segretario giovane e ganzo, con quella, sbrocchi.» Per quel ‘ganzo’, Oscar le frulla la lingua in un orecchio ma l’appagamento che era in lei non le smuove che un leggero sorriso. L’unico riferimento alla bollente notte arriva da parte di Milly: «Tu però Simone, prima di andare in ambulatorio me la spalmi, vero, un’altra passata di crema nel buchetto?… che quel porcello ha sfondato senza remissione.»

«Ti ese na gran móna» echeggia dall’alto di un’impalcatura dove stanno lavorando alcuni muratori veneti mentre armeggio con il telecomando per aprire l’elegante coupé di Simone. Oscar si è sentito in dovere di reagire, ma l’ho dovuto trattenere: «Stai fermo che qualcuno che ti conosce poi va in giro a dire che eri con una tarda, tirata come una troia.»

«Io a uno così gli spacco la faccia!»

«Com’è che hai questi istinti cavallereschi? Non sempre in uso in quelli della tua generazione.»

«Sai… mamma e papà che sono due professori di liceo un po’ all’antica –e intanto allaccia la cintura di sicurezza – ci hanno educati, me e mia sorella, a non essere mai volgari e, a me soprattutto, di aver rispetto ed essere sempre gentile con l’altro sesso. Vero, che son sempre stato gentile con te?» e sento una sua mano già fra le cosce.

«Gentile e rispettoso, stò câz! Ogni volta che mi vieni vicino mi fai bagnare – e per l’ennesima volta – Piccolo porcello» eravamo già fuori Mazzini . A destra c’è un posto auto libero e mi parcheggio lì per mettergli la lingua in bocca e stringergli il pacco tornato in tutto il suo vigore.

130… 140… 150… ecco. L’auto sfreccia sulla corsia di sorpasso ch’è una bellezza. Un camion dopo l’altro li vedo sparire dai miei retrovisori. Oscar tiene permanentemente le sue dita fra il pelo della mia vulva e intanto mi intrattiene un po’ sui primi scatti erotici che aveva sperimentato, a suo tempo, inquadrando tette, culo e figa di sua sorella Anna, di tre anni più avanti. «Ha una grande propensione a prendere cazzi. Il mio se lo infilò anche in bocca, una volta, ma venimmo disturbati dall’arrivo di mamma e dovemmo ricomporci. L’altro mese ha detto a mamma di essere pregna e che quel coglione di Gennaro, suo più recente fidanzato, la sposerà a giugno. E’ stata lei ad insegnarmi a fare i ditalini alle ragazze. Vero che ci so fare con le dita?»

«Sei un grande esperto della materia…»

«Però non mi ha mai detto di leccargliela. Può essere che non le piaccia? Non me ne ha mai neppure accennato…» Le sue dita, veramente, conoscono il mestiere.

Sono tutta un bollore! Zigomi e volto, un fuoco. Le tette paiono esplodermi da un momento all’altro. “P 500 metri”. Mi infilo fra d due camion obbligandoli a frenare e… fuori, nell’area di servizio. Nel punto più lontano dal ristoro. Via le cinture di sicurezza. Giù il perizoma: «Oscar, leccamela!» Un imperio!

Caio Giulio Baldrati era nato sul famoso rivo – il Rubicone – dove Cesare aveva detto ‘sia tratto il dado’ per cui gli era dovuto lo stesso nome. Che fosse un guerriero, non aveva mai avuto occasione di darne prova. Aveva comunque costruito un piccolo impero. L’impero del tondino ferroso. Una delle più importanti aziende di Romagna.

Caio Giulio ci fa accomodare nel suo ufficio. Inaspettatamente molto ben arredato e ricco di preziosi oggetti di design. Non molto alto, tarchiato, brilla negli occhi di luce porcella. Una caratteristica di cui, io, subito mi accorgo. Ho sì un abito non troppo castigato e che lascia vedere più che intendere. Ma lo sguardo interessato non è affatto rivolto a me, bensì al bel Óscar. Debbo dire che non mi piace molto quell’attenzione al mio amante. In fondo mi sono allestita per fare colpo su quello che da quelle parti chiamano “E tundén” o, anche, “il re del tondino di Romagna”. Le attenzioni per il mio Oscarino si sono sprecate con l’aperitivo che ha fatto venire dal bar della vicina piazza. Nel porgergli il bicchiere gli trattiene in maniera anomala la mano. Con Oscar che restio a toccamenti maschili cerca in ogni modo e anche in maniera sgarbata, di allontanarlo. Nonostante ciò, quel checcone di Caio Giulio sottoscrive un contratto di collaborazione con la nostra agenzia per ben due anni, con la clausola che il servizio fotografico che avrebbe illustrato l’azienda, l’avesse fatto Oscar. Scelta che lo lusinga dal punto di vista professionale, mentre lo inquieta il pensiero che avrebbe avuto addosso il Caio Giulio per tutto il tempo della presa delle immagini.

Un turbamento che lo rende cupo e silenzioso per gran parte del viaggio di ritorno. Finché non gli accenno all’idea che forse avrebbe salvato capra e cavoli: « Sai, Ciccio mio, cosa può tenerti un po’ a distanza il manesco tondinaro? Se tu vai con un assistente, che potrebbe essere Milly. Che ne dici?»

«Sì, forse potrebbe essere così. Conoscendo Milly so che se viene vuole essere pagata. È fatta così. L’ho già vista in altre occasioni.»

«Di questo non ti preoccupare perché il servizio fotografico nel suo insieme lo paghiamo noi.»

L’umore di Oscar cambia immediatamente e ricomincio a sentire fra le cosce le sue dita.

Per me la giornata è stata ben proficua e allora, perché non concedermi qualche distrazione.

Siamo già alle porte di Bologna.

«Sai cosa facciamo, ragazzo mio? Io e te, andiamo a trombare in albergo. Hai qualche preferenza?»

«Mi fa tanto piacere che tu me lo proponga. Io non mi azzardavo a chiedertelo. Però avrei tanta voglia di passare una notte, io e te. Soli.»

«Facciamo un po’ di cose alla svelta. Poi ti invito a cena. Pago tutto io. Torniamo in albergo e ci diamo dentro finché ne abbiamo voglia. Io e te. Soli.»

«Se dico Hotel Corona d’oro, dico troppo?»

«È perfetto. Proprio a due passi dal Pappagallo dove dopo andremo ad abbuffarci»

Mi appoggio completamente a lui che mi bacia da dietro sul collo. Sento contro la mia schiena la sua erezione. Mi toglie, lembo dopo lembo ogni abito e, lui, ancora con il giubbotto addosso, bacia ogni angolo del mio corpo.

«Dai, Ò, spogliati. Ero già bagnata quando sono entrata nella hall… Da quando ho te non riesco più a resistere. O fra le tue braccia o debbo masturbarmi».

«Questa sì che è una bella idea. Fallo che ti sto a guardare.»

«Porco!» Ma non riusco a non obbedirlo. Mi metto in ginocchio sul letto e mi mostro con le dita nella figa mentre mi danno il godimento. Roteo il bacino e mi stringo convulsamente il seno. E lui, vestito di tutto punto osserv con espressione libidinosa quella mia erotica danza. Quando questa comincia a farsi più coinvolgente si toglie la cravatta e si slaccia il colletto della camicia. In me galoppa il godimento. Ò, è già a torso nudo. Scchiudo gli occhi per concentrarmi sull’orgasmo che sta impadronendosi di me e quando, fra un fremito e l’altro li riapro mi trovo innanzi il suo procace uccello. Scivola in me mentre la figa si squassa con i brividi dell’orgasmo. Non c’è ne breck, ne coccole, ne riposino. Tutto d’un fiato: mi ribalto all’indietro affidandomi completamente alla sua voglia. Che è tanta!

Il ciap-ciap dei nostri corpi che si scontrano, zittiscono il soffuso tappeto musicale che aleggia in ogni ambiente dell’Hotel. Gli aggiungo i sospiri del mio piacere, gli incitamenti e le benedizioni al più bell’uccello, senza piume, della mia vita. “Oh Oscar, quanto ti amo!” Ed è vero.

Siamo a un elegante tavolo del Pappagallo, quasi centenario tempio della cucina bolognese: lasagnette, cotoletta petroniana, zuppa inglese.

«Mio padre dice sempre che se vince alla lotteria nazionale, la prima cosa che fa è di andare al Pappagallo a farsi lasagnette, petroniana e zuppa inglese…»

«E tu, pensa, ci sei arrivato solo dando due colpi a una bella gnocca.»

«Che mi adora e che io amo come nessun altra cosa al mondo» e mi guarda intensamente.

Ho gli occhi bagnati quando chiedo al cameriere qual’è lo champagne che meglio si accompagna a un pasto proprio bolognese.

«Mia Signora, non ci sono indicazioni precise, noi serviamo questi.» E mi porta la carta dei vini aperta alla pagina giusta. La passo ad Oscar: «di queste cose non ci capisco un cazzo.»

«Succede anche a me da quando ti ho vicino»

©Flavia Marchetti 2019


[1] Cinno/a a Bologna è un bambino/a

[2] Asinelli, Torre degli Asinelli – Le due torri, Bologna

[3]Mo sóccia interiezione del dialetto bolognese

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