La Sirenetta bruttina
L’Autrice
FLAVIA MARCHETTI
Scrittrice di bella presenza
Vincitrice del Premio Saffo Terzo Millennio XIX edizione, 2019, Flavia Marchetti dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard Ltd – København
©FlaviaMarchetti 2021
Normalmente in questa vacanza, non certo da globe trotter, mi porto il tablet sotto l’ombrellone.
Mi rilasso. Sogno. Fantastico. Le mie porkeriole prendono forma anche da qui.
Mi piace immaginare e scrivere tenzoni amorose e intrecci erotici, prendendo in prestito sirene e tritoni che vedo attorno. Che sguazzano in questa parte romagnola del Mare Nostrum.
Ora, però, finita la settimana del Ferragosto, mi sembra essersi assottigliata la schiera di soggetti a cui potrei affidare un ruolo nelle mie Porkeriole. Sul lettuccio non mi resta che sonnecchiare, piena di delusione.
Simona e Mamma sono rientrate a Bologna richiamate dal dovere. Il mio orgoglio mi ha fatto dichiarare di poter star bene senza di loro. Simona ha espresso qualche dubbio e a lei ho indirizzato un preciso… <e se dovessi mai sentire pruriginosi richiami, non farei fatica a trovare qualche bella prugna da rimorchiare>
Così ripensando alle ultime giornate di vacanza, lì, con Simona, mi viene in mente che ieri, primo giorno in cui ero rimasta sola, avevo finito per masturbarmi tre volte. È, pure, il pensiero per farmi accorgere che è venuta ora di pranzo. Debbo trovarmi un ristorante. Chiedo lumi alla barista:
<Se vuoi ti posso fare io una buona insalata di pesce.>
<Perché no.>
La ragazzina si ritira nella cucinetta. Io sfoglio un po’ di giornali.
<Ecco qua… guarda che bella! – appoggia il piatto con l’appetitosa fantasmagoria di pesciolini – <Anche se mi hai rivelato di essere rimasta sola, ho aggiunto il mix di spezie afrodisiache che metto solo alle clienti che mi ispirano sensualità>
<E io ti ispirerei quella roba lì.>
<Oh, sì. Da quando poi, col caffè, ci scambiamo i dettagli delle nostre performance d’amore…>
E’ l’abitudine che ho preso al mattino. Mentre lei mi volta le spalle per trarre dalla mastodontica macchina le poche gocce di caffè, mi diverto a domandarle maliziosamente:
<Com’è andata ieri sera con Augusto? [il fidanzato]>
Mi diverte vederla voltarsi, rossa in viso per il pudore violato ma che, senza remore, mi racconta
<Ieri sera – tanto per citare lo scambio di questa mattina – non avevo proprio voglia di sentire il suo gingillo andare su e giù dentro di me. Così gliel’ho preso in bocca e ho pompato finché non l’ho sentito ridotto ai minimi termini. Ho ingoiato. L’ho baciato. Rimandato, sereno, da mamma sua.>
Và da sé che anch’io le racconti cose mie. È venuta a crearsi una confidenza tale che le racconti pure dei miei momenti più intimi. Quelli in cui sono io e le mie dita.
Torno all’ombrellone. Al lettuccio.
Adesso sì che ho i requisiti per un buon pisolino con, relativo sogno: i tre calici di Trebbiano di Abruzzo. Sono loro che mi conducono in un itinerario fantasioso a cui quello dell’Alighieri non fa un baffo. Tanto per non bestemmiare!
Pur se impegnata oniricamente avverto qualcuno accanto a me. Apro gli occhi e…
<Scusa se ti ho svegliata ma prima hai dimenticato al bar il portamonete> e me lo porge.
È Lory, la ragazzina del bar. È figlia del gestore. Sicuramente non ha ancora 18 anni. Non è un fiore: magretta. Scarsa di curve. Si affida molto all’espressività del volto e alla vivacità del dialogo per risultare attraente. E ci riesce. Con lei, senza che ci sia un particolare rapporto si è stabilita una sorta di empatia che ogni mattina mi fa chiacchierare a lungo con lei innanzi al caffè.
Adesso Lory è sulla poltroncina di fronte a me e dimostra serenamente il desiderio di far chiacchiere con me.
<Dì la verità che Simona ti manca.>
<Non metterti a dire cazzate… Ho tutte le risorse per stare una settimana da sola. E se avrò problemi stai tranquilla che saprò dove trovare la giusta compagnia.>
<Magari con qualche ditalino in più, come hai fatto ieri.>
“Stamattina le ho proprio raccontato anche quant’ho pisciato” Dico tra me.
<L’ho fatto come lo faccio tante altre volte. Anche quando c’è Simona… A me piace da matti sgrillettarmi.>
Lory mi sorride con una punta di malinconia. Guarda qua e là nel dirmi, come fosse la confessione di un peccato:
<Piace anche a me menarmela da sola.>
<Non devi vergognarti. Hai dato a te cose che possono essere solo tue>.
Sembra che il mio comento le abbia riversato una scarica di energia. Si leva in piedi e quasi grida.
<Non mi vergogno affatto… Però è sempre un casino.>
<E perché mai dovrebbe esserlo?>
<Perché me la son menata pensando a te…. E so che adesso sarà sempre così>
L’istinto sarebbe quello di abbracciarla e di piantarle la lingua in bocca ma alle 15 del 16 agosto nel cuore del Bagno Anita… non si deve fare. Le prendo una mano. Gliela sfioro con le labbra. si agita. Percorsa da fremiti.
Sono in topless e se qualcuno avesse gli occhi sui miei capezzoli, avrebbe notato quando questi si siano pronunciati.
È lei a suggerire un ipotesi per uscirne:
<Dai… Facciamo una bella nuotata assieme …>
<Vado a cambiarmi costume… Questo lo perderei, nuotando.>
Lei: <Magari!>
La osservo con maggior attenzione: “Non è poi solo quel ‘manico di scopa’, così come la dipingeva Simo, ogni volta che la vedeva”.
<Girati.> le chiedo. Lo fa provocandomi. Si gira e si piega. Ai lati dell’esiguo tanga vengono visibili porzioni della fichetta e del buco del culo.
“Non è una Venere… e se ne può sempre trarre momenti di piacere.”
<Vado nel vecchio spogliatoio. Lascio la porta accostata>
Non faccio in tempo a mettere piede nella baracca che Lory quasi mi travolge per entrare.
Tra noi non ci sono più parole. Solo il suono delle lingue che fanno sbavare le bocche. I gemiti che le labbra provocano strusciando sul collo.
<Sei deliziosa, cucciola!>
<Se mi lasci appoggiare la bocca alla Figa, te la centrifugo>
Mi appoggio alla parete a Figa aperta.
Quello che provo non è descrivibile.
Quando sto per venire la tiro su. Si stringe a me. Tra le cosce infratta una delle sue. La fighetta aderisce alla mia. È bavosa.
In me cresce il senso di colpa. Ce le strusciamo a lungo. Appena sento le fiche mature, mi lascio scivolare a terra portandomela dietro. Capisce subito che deve cadere su di me a rovescio.
Le fiche si sincronizzano tra di loro e… al 12esimo slinguettamento esplodono ognuna con il proprio squirt.
Il pavimento della baracca è la sabbia della spiaggia. Stiamo bene lì sdraiate. Una sopra l’altra. Io sto sotto. Innanzi al mio naso le sue esili chiappette. Mi sposto un po’ per arrivare a lambirne il buco del culo.
<Sicuramente non c’è essere al mondo che possa far godere un culo meglio di quanto sai fare tu, Flà>. Mi ha detto più volte Simo, nel godere. Così a questa bruttina, tanto generosa, vorrei darle il meglio del repertorio. Se lo merita pur se non è una strafica.
Prendo a stuzzicare in punta di lingua i bordi dell’apertura. Ne faccio alcuni giri e appena la sento sussultare le fermo il bacino e la penetro di lingua.
La sua fighetta si mette a sbrodolare. La mia già lo stava facendo. Ce le lecchiamo in tutta esuberanza, godendoci un altro orgasmo.
Baci e coccole ci illanguidiscono e la bruttina si mette a fare discorsi più grandi di lei.
<So che non potrai mai amarmi. Io invece lo sto già facendo. Dimmi solo se un po’ di bene riuscirai a tenere per me.>
<Ma non hai Augusto, il fidanzato, fico e ricco. Che dice a tutti di volerti al più presto sposare?>
<A lui la do ormai da due anni e non mi è mai venuto da amarlo. A te, mentre cercavo di dartela, lo stavo già facendo.>
Quasi si mette a singhiozzare. Ho già ricoperto la Figa con lo slip. Lei capisce di dover fare altrettanto.
Sborrate e sudore si sono impastati. La nostra pelle con la sabbia su cui ci siamo rotolate.
In breve: siamo orrende nell’aspetto e maleodoriamo a starci vicino.
Decidiamo per una nuotata assieme.
Dalla riva alla secca ci saranno sì e no 50 metri. La sirenetta bruttina compie il tragitto. Torna da me per accertarsi che non abbia problemi. Va e torna ancora da me per compiere, a me di fianco, l’ultimo tratto.
<Dimmi la verità. Ti son piaciuta prima?>
<Come innamorata, tanto. Come porca, hai un po’ da imparare.>
<M’insegnerai ad essere come tu preferisci? Porca, mi pare d’aver capito?>
Le sue gentilezze mi infastidiscono. Oltretutto sono sfinita. Vorrei lasciarmi andare. Mollo con le bracciate e vado giù. Vado sotto. Torno su. Qualcuno mi afferra. Sono le sottili braccia di. Lory che tentano di tenermi a galla. Mi agito. Scalcio. Torno ad andare sotto. Anche stavolta è sempre Lei a spingermi su.
Appena sbuco dall’acqua vengo afferrata da braccia robuste. Lory mi tiene a galla. Le altre braccia robuste mi issano su qualcosa di rosso. Penso di essere in salvo. La testa mi gira. Mi accascio. Perdo i sensi.
Sdraiata sul ripiano del moscone rosso ho di fianco la sirenetta e un distinto signore che mi sta auscultando.
<Avendo bevuto quasi nulla, direi che abbia bisogno solo di rimettersi dallo spavento.> È il responso del medico intervenuto.
Lory non mi molla. Mi accompagna all’ombrellone. Insiste perché mi sdrai sul lettino. Si siede di fianco. Mi tiene una mano… Mi fa sentire ben protetta. Mi addormento in tutta serenità.
Mi sveglio che la spiaggia si sta svuotando. Lory mi è sempre di fianco. Inganna il tempo chattando. Non credo di esserle stato di buona compagnia. Le sorrido.
<Mi hai salvato la vita. Tesoro! >.
<Tu me l’avevi appena fatta ritrovare. Non potevo rischiare di riperderla>
So già che sarà complessa tenerla sulla leggerezza e impedirle di dire cazzate.
<Come ti senti?>
<Protetta da te: bene.>
<Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere sapermi qui di fianco. Credimi, ho avuto tanto da te.>
Scorro con lo sguardo ancora una volta tutto il suo efebico corpo. Oltre alla figa, l’altra cosa di femminile che ha, sono le labbra. Tumide. Spesse. E che sa usare bene. Con passione. Per il reso, è come portarsi a letto un ragazzino di 16 anni.
Non mi resta che decidere
<Stiamo assieme stasera?>
<Per far che?>
<Per festeggiare che abbiamo ritrovato la vita tutte e due.>
<Ci sto… Cosa potremmo fare?>
<Ti porto a cena con me. Poi a casa mia.>
<Solo se mi desideri.>
<Ora non ti desidero ma ti sfido a farti desiderare.>
<Sfida raccolta.>
In spiaggia, oramai, non c’è più alcuno. Lory protende le labbra verso il mio viso. Mi aggancio con la bocca alle sue grosse labbra. Ce le succhiamo. Ce le mordicchiamo. Prima di lasciare campo libero alle lingue. Le sue mani riversano la loro attività sulle mie tette.
L’eccitazione mi spinge a cercare gli efebici capezzoli con le labbra
Al porto-canale, lei ha scelto un ristorantino per innamorati. Tavolo appartato in un angolo. Lume di candela. Spesso il mio piede scalzo finisce sotto il suo vestito. Tra le cosce. Il suo slip si bagna. Lo stesso succede al mio.
Il desiderio è ben vivo in ognuna di noi
Lei mi racconta tanto di lei. il suo strano ménage con il fidanzato… Rampollo della famiglia più ricca della Città… E, ancora il rapporto che la fa ostaggio della sorella più giovane di mamma sua. Una bella 25enne… Ha la sua foto nel telefonino … che da 3 anni deve succhiargliela ed essere slave dei suoi riti Bondage.
Il modo in cui racconta è sensuale. Il sottovoce, con le coloriture che Lei dà ai sussurri, incidono emozionalmente sui miei sensi. La danza che compiono le labbra per questa narrazione mi tiene incollato lo sguardo al suo viso. Il normale viso d’un’adolescente che ha spalmato troppo rossetto sulle labbra. La trovo già carina. Un ulteriore tentativo di toccarmi la figa con il piede produce un animato subbuglio nel mio basso ventre.
Mi muovo verso di lei con il viso le sue labbra si accostano. Ci baciamo.
La proprietaria del ristorante che è nei pressi… ahimè, nota la scena: <Nel mio locale, questo tipo di atteggiamenti non sono tollerati>.
Pago il conto. Ci buttiamo tra la movida notturna.
Poche centinaia di metri e siamo a casa mia
<Posso andare a far pipì?>. Le mostro il bagno. Accendo le luci in terrazza. Dieci minuti. Lory mi corre tra le braccia col suo corpicino nudo.
<Stai ferma. Voglio spogliarti io. Sono io la puttana, stasera.>
È lei che mi ordina di sdraiarmi sul lettino. Che mi infila un cuscino sotto le chiappe.