La quiete dopo la tempesta
L’Autrice
dal Diario intimo di Flavia
Vincitrice del Premio Saffo Terzo Millennio, XIX edizione, 2019, Flavia Marchetti dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard Ltd – København
©FlaviaMarchetti 2021
Per la quinta mattina consecutiva, Simona esce sbattendo la porta.
Non un beo tra di noi
È saltato l’orgasmino mattutino fatto con tutta l’arte delle nostre dita. Di ditalino cultrici, con lustri di esperienza sul campo.
Una sana abitudine sorta spontaneamente, già nel primo risveglio del nostro stare assieme.
Qualche strusciata di labbra sull’epidermide, mentre ci si stiracchiava nel risveglio. Il lingua in bocca. Fondamentale passaggio del primo mattino.
Quel primo giorno, intuendo le sue necessità, l’avevo presa per mano e condotta in bagno. Le avevo lasciato l’uso del water… io mi ero arrangiata nel bidet.
La doccia ci aveva fatto insaponare l’un l‘altra con abbracci e carezze.
Fresche profumate eravamo tornate in camera per vestirci.
Eravamo, invece rimaste, una di fronte all’altra, nude, a guardarci.
Ero stata io ad allungare la mano. A sfiorarle una tetta.
Il letto era lì..
Eravamo già abbracciate ad accarezzarcele.
Immemori di quanto ci eravamo date quasi fino all’alba, avevamo ripetuto i medesimi gesti per ritrovarci allegre e sorridenti con le mani scivolose dei nostri umori.
Ero scesa a preparare la colazione.
Simona mi aveva raggiunta qualche minuto dopo, già allestita per uscire. Io, mi ero mantenuta sempre nuda.
Era stata una colazione allegra. ero tornata a chiederle se era sicura di vivere come avevamo progettato nella notte, sognando tra un amplesso e l’altro. Ambedue, a mente fredda, avevamo riconfermato la volontà di vivere assieme. lei era poi uscita per andare da sua madre. L’aveva fatto, senza sbattere la porta.
Oggi, invece, succede che va senza che ci scambiamo una parola.
Questo il panorama di coppia a poche settimane dal Natale.
“Debbo assolutamente ripristinare il buonumore e la convivialità in questa casa”. Per farlo devo essere, io stessa in piena serenità.
Cosa di meglio che un allegro convivio amoroso.
Di fianco al nostro appartamento è venuta ad abitare una trentenne tedesca con la quale ho già avuto ottime esperienze saffiche: Angela che nella sua lingua diventa Anghela. Una bella troia molto spesso vogliosa.
Suono alla sua porta.
Ho fortuna. È appena uscita dalla doccia mattutina. Mi accoglie ancora avvolta nell’accappatoio, ma con tanto entusiasmo: <Ti pensavo proprio mentre mi facevo scorrere il getto d’acqua tra le natiche.>
Capito proprio a pennello. Il lingua in bocca che scambiamo mi rivela la sua eccitazione. Le slaccio l’accappatoio e sono già con le mani sulla pallida sua epidermide
<Wow! Che belle tette sode che mi presenti… Mi fai venire certe tentazioni!>
Con la sua cadenza teutonica, la risposta è quasi un ordine: <Cosa aspetti …Fattele venire. No?>
Ho già fra le labbra i suoi capezzoli. Lei accarezzandomi i capelli, mi trattiene in quella posizione.
Tutto in un attimo. I nostri accappatoi sul pavimento. Le nostre voglie a stemperarsi sul divano: <Dio, che sante dita da ditalino!> Mi sussurra sbrodolando sulla mano. <Mi sciacquo e mi vesto. Sono a pranzo da una amica da cui prevedo qualcosa di più. Già tu sei stata una bella improvvisata. Sarà una giornata scoppiettante!>… E si ritira a vestirsi.
Anch’io mi sarei aspettata di più. Magari un 69, come sanno ben fare le tedesche della nostra età.
Torno sui miei passi: cerco ospitalità al piano di sotto da mamma… Non è possibile: Sta litigando furiosamente con papà. Per fortuna che siamo in clima natalizio, dove tutti dovrebbero essere sereni e più buoni. Non mi resta che cercar conforto da Oscar. Abita nell’altra scala.
Mi attacco al telefono. Lo ricopro delle avversità che stanno soffocandomi.
<Sono messo come te, Tesoro. Milly mi ha piantato in asso. Ho solo oggi per recuperare. Se le lascio fare quello che s’è messa in testa non l’acchiapperò mai più. senza di lei non potrei proprio stare… No, no, no. Oggi non posso che dedicarmi a questo.>
Sarei curiosa ma non gli chiedo altro.
Una cosa e l’altra, s’è fatta ora di pranzo. Uscirò. Farò qualche acquisto.
Pranzerò alla solita trattoria. Hanno buon vino e la cameriera sta al gioco delle mie avances. Sono sicura che prima o poi me la darà… Fosse mai oggi!
Si lascia mettere una mano sotto la gonna, palpo la coscia… non dice nulla… Sorride. Ma quando le chiedo cosa fa dopo il lavoro, ha impegni per tre giorni. “Merde!”
Sconfitta, torno incazzata a casa… Con il vino ci ho dato dentro e ho solo voglia di dormire
Così faccio: rabbuio la stanza, mi spoglio, mi corico.
Chissà quanto tempo ho dormito? È una musica quella che mi sveglia. “Cazzo! È ‘Au clair de Lune’. Il mio brano preferito. Quello che intona sempre Simona quando ha voglie da placare. Quando la esegue, passa quasi subito a un roboante finale per sfogare la libidine che la romantica musica fa crescere in lei.”
Non capisco più niente. Così, in intimo come sono, scendo la scala. Mi metto in una poltrona dietro di lei senza farmi scorgere
Come al solito, Lei mentre suona si eccita. Si agita.
M i ha confidato che vorrebbe eseguire quel brano con me tra le cosce. Ma la dinamica che lo strumento richiede, non lo permette.
Sempre quella volta aveva finito di dirmi che quel famoso brano non l’avrebbe mai più eseguito se non in mia intima presenza: <Credimi, è un mio s.o.s. d’amore>. Tralascio quel ch’era seguito.
Oggi, al centro del più importante litigio della nostra convivenza, non mi sembra più, solo un bel brano per pianoforte, ma il suono potente della campana dell’Arengo che annuncia la fine d’una guerra.
Se le note di Beethoven sono un richiamo, raccogliamolo!
Mi detta le mosse la vibrazione interiore che suscitano in me quella musica che recepisco con il cuore.
Mi faccio dietro di lei… prendo ad accarezzarle i capelli.
Lei ha sùbito una reazione: stona in alcuni passaggi… Smette di suonare… Si gira. Mi guarda sorridendo ma stizzita.
La trovo bellissima! Aperta… ma sempre con l’aria imbronciata. Segno che non ha ancora digerito l’incazzatura che ci ha tenute distanti per troppo.
Mi avvicino con il volto. Appoggio le labbra sul collo. Glielo stuzzico con la lingua. Freme. Sussulta. Sul volto l’espressione si fa serena. Il lingua in bocca ha la strada spianata.
Non ci diciamo nulla. Vale il ragionamento che stanno facendo le sue dita attorno all’elastico dei miei slip.
I Bukara, di fianco al pianoforte accolgono tutta la dolcezza del 69 che spontaneamente improvvisiamo per chiudere il nostro primo litigio.
Siamo molto prese nel darci il bramato piacere che ritroviamo tra colate di umori, schizzi e squirti. L’entusiasmo tra noi è tornato… ne approfitto per impossessarmi del suo profumo sfregando, più volte, tutto il volto sulla sua fradicia Figa, subito dopo l’orgasmo.
Ci baciamo a lungo. Decidiamo che stasera festeggeremo la riappacificazione in un buon ristorante. Poi… 69 a volontà
Abbiamo appena concluso le complesse operazioni di abbellimento che sempre si fanno prima di buttarci tra la folla della movida del sabato ser. Suonano alla porta. È mamma che ci invita a cena. Ha fatto pace con papà: <È stato impegnativo ma ce l’abbiamo fatta anche stavolta.> È Simona ad accettare con gioia l’invito.
<Mica si poteva rifiutare.> Commenta Simo appena mamma se ne va.
Io: <Peccato! Siamo proprio belle, così in tiro!>
<Il tuo fascino potrai sfoggiarlo dopo.>
<Quanti orgasmi mi concederai?>
<A sfinimento… troietta>
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O natura cortese,
son questi i doni tuoi,
questi i diletti sono
che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
è diletto fra noi.
[Giacomo Leopardi]