Invito a cena con intrigo
Flavia dal 2005 pubblica con l’editore Enstooghard
del dr.Hans Stortoghårdt in Borgergade 9, 1300 København
La calcolatrice dopo la rituale performance di Adolfo sugli unti e bisunti tasti, diede il suo responso: 40.000 lire. Risata fragorosa di quell’omone: «Vedi che da me più mangiate e meno spendete» e prima di inondare il piccolo ambiente, ancora, con la sua grossolana allegria appoggiò sul tavolo una inelegante bottiglia di un anonimo digestivo dallo scuro colore con due dozzinali bicchierini «Questo lo offre la Ditta alla peggior clientela» E tornò ad echeggiare nel locale quella sgraziata esplosione di risa.
Tlìc colmò i bicchieri e ne spinse uno verso Sylvie.
Il cin cin dei vetri e una smorfia sul volto del ragazzo, fecero il paio con la bella Sylvie sconvolta da un violento scoppio di tosse: «Accidenti! Farà anche digerire ma è soprattutto disgustoso!»
Si era così concluso quel primo approccio alla città di Bologna. Tlìc aveva voluto far conoscere alla fidanzata le persone e i luoghi che lui abitualmente frequentava.
Nella casa che li ospitava in quella settimana bolognese avevano lasciato Rosy, la sbarazzina sorella di Sylvie, tutta intenta a preparare il primo esame universitario dal momento che si era aggregata loro, proprio, per iscriversi all’Alma Mater.
«Ma guarda te, oggi, chi mi tocca di salutare? – Baldanzoso era entrato un giovane, più o meno la stessa età di Tlìc, stessa corporatura, analogo look. Filippo all’anagrafe, Pippa per gli amici. Fotografo pure lui. Specializzato nel ritrarre arredamenti e interni di lussuose abitazioni. Nulla a che fare con i portrait tlìcchiani. – Ma non ti eri fatto romagnolo per amore?»
«Eh, Pippa l’amour… l’amour! Mo Luntan da Bulåggna an s pôl brȋsa stèr[1]. Ho solo voluto far conoscere alla mia fidanzata questa meravigliosa Città. Lei è parigina.»
«Però!» Fece Pippa con un certo sussiego.
«Ma adesso vive qui, in Romagna» chiarì Tlìc
«E in Romagna, adesso, ci sei andato a vivere anche tu»
«Proprio così: viviamo assieme felici e contenti… e innamorati. Dai Pippa siediti con noi. Abbiamo già pranzato ma possiamo sempre farti compagnia con un buon dolcetto.»
Era un po’ che i due amici non si erano frequentati e così colsero l’occasione per aggiornarsi reciprocamente su come se la passavano. Tutto in grande allegria.
«Così tu, Pippa, riesci ancora a non accasarti?»
«Beh, sì accasano tutti e io ne approfitto. Vado di casa in casa, nelle case di quelli che mettono su casa. Piaccio e mi invitano a pranzi e cene. Così sono sempre in baracca.»
«Nelle case e a volte anche nelle mogli.» maliziosamente Tlìc.
«Per natura quando sono richiesto non mi tiro indietro, ma se la cucina è di buona qualità mi basta quella.»
Sylvie partecipava divertita a quella conversazione che soprattutto era fatta di aneddoti e ricordi di bravate architettate dai due amici. Con l’argomento ’pranzi e cene’ a Tlìc venne un’idea di cui con grande discrezione chiese consiglio a Sylvie sussurrandogli qualcosa nell’orecchio. Lei si mise a ridere e annuì.
«Visto, Pippa, che Sylvie è un’ottima cuoca e quindi non corro pericolo di corna, perché non vieni a cena da noi stasera? Puoi venire anche senza un’accompagnatrice, visto che ne abbiamo una noi da farti conoscere, molto carina. Anch’essa parigina.»
«Sento nell’aria un tentativo di incastro. Però il rischio mi solletica.»
«Ti aspettiamo alle otto. Via della Zecca 3. Sul campanello c’è Martinelli. Siamo ospiti della mia ex fidanzata.» Tlìc e Sylvie si alzarono e uscirono da quella trattoriaccia che marcava gli avventori con il fastidioso odore della sua cucina.
«Il pregio di una città vivace è che le notti non le devi programmare… Ci pensa lei a organizzartele.»
Così Rosy aveva poi commentato la notizia che ci sarebbe stato un ospite a cena quella sera. E dalla borsa di libri che si era portata appresso estrasse un prezioso volume edito dalla casta dei barman e sommelier parigini. Rosy aveva frequentato stage e corsi presso la loro esclusiva confraternita:«Sylvie dice che è un tipo brillante, divertente e di bell’aspetto. Voglio fare la mia bella figura.» E volle anche essere lei a dargli il benvenuto al citofono con la sua strascicata cadenza francesizzante.
«Pippa? Che strano nome per un fotografo che voi dite essere uno di fama internazionale.» chiosò poi all’orecchio della sorellona
Pippa come suo stile si dimostrò splendido nell’approccio portando due deliziosi bouquet per le ragazze e una robusta bottiglia di rhum per la serata.
Rosy, neanche il tempo delle presentazioni prese possesso del ’palcoscenico’ elaborando un fantasmagorico aperitivo.
Pippa assaggiò, trangugiò e con grande soddisfazione della preparatrice, chiese se ne poteva avere un secondo. L’orgoglio rese Rosy ancora più spumeggiante. Le si gonfiarono le tette, si indurirono i capezzoli che presero ad emettere piccole pulsazioni. Ed iniziò tutta una sua danza in onore dell’ospite.
Pippa apprezzò moltissimo quel riguardo e ricambiava la ragazza con sguardi colmi di libidine. Anche se a dire il vero, non era difficile, visto l’essenziale allestimento con cui aveva coperto il proprio corpo.
Tutti a tavola e Tlìc con fare da perfetto cameriere portò i piatti che Sylvie aveva preparato.
Rosy aveva accompagnato Pippa a gustare il panorama che si gode dalla terrazza al piano di sopra. Dove lui, trovando una macchina fotografica carica abbandonata su un cassettone, le aveva scattato qualche posa sullo sfondo della Torre degli Asinelli. Ma erano anche scesi immediatamente.
Diventò ben presto una cena frivola e scoppiettante ricca di provocanti battute quasi sempre a sfondo erotico. Tlìc e Pippa si lasciarono andare al racconto di passate avventure e conquiste amorose. Le due sorelle non si stupirono certo di imparare che avevano accolto nella loro famiglia un impenitente libertino. Ma di ciò, oltre che esserne consapevoli ne erano orgogliosamente fiere perché quello era lo stile di vita a cui sin da fanciulle avevano aspirato. Il buon vino aveva creato la giusta atmosfera e oramai le ragazze condividevano la seggiola, o per meglio dire le ginocchia, con i loro rispettivi partner.
Rosy, stando sulle ginocchia di Pippa gli presentò con grande sincerità uno schematico quadro di sé stessa: «Non sono più vergine e sono anche un po’ lesbica. Per tre anni ho vissuto con la mia maestra di danza. E, qualche volta l’ho anche data non per amore ma solo perché mi tirava.»
«Sono un fotografo mica uno psicologo.»
«Perché mi tira anche adesso»
«Me ne ero già accorto visto l’alone che stai lasciando sulle mie braghe.» e le infilò la lingua in bocca, tanto perché non si arrovellasse in astruse scuse. Rosy allargò solo le cosce ed emise un eloquente sospiro quando le dita di lui la penetrarono.
Con tutto l’affetto della fratellanza, Sylvie, abbracciata al suo Tlìc, osservava le smorfie sognanti che si susseguivano sul volto della sorellina che finalmente era incappata in un maschietto che, almeno al momento, pareva sapesse gestire dignitosamente il preriscaldamento.
Rosy stava già volando e Sylvie stava andandole dietro, dal momento che Tlìc aveva già un suo capezzolo fra le labbra e lei, seduta sul di lui grembo aveva già percepito che sotto quella braca / non c‘era certo voglia di lumaca (come ebbe a verseggiare, a suo tempo, il poeta[2]).
A Rosy era capitato quel brutto inconveniente a seguito di non essersi voluta mettere gli slip, ipotizzando un eventuale assalto brutale dell’ospite, dipinto da Tlìc come un irruente amatore. Nulla di più falso dal momento che il Pippa stava comportandosi in maniera delicata e carezzevole. E solo accorgendosi dell’alone che la libera passera aveva impresso sui suoi chiari calzoni di lino, aveva violato le bramose cosce della ragazza.
Si era agitata assai la bella Rosy sotto l’effetto delle fantasiose falangi delle dita del Pippa.
«Al liceo – le avrebbe confidato Tlìc il giorno dopo – ha sditalinato tutte le nostre compagne dalla prima “B” alla maturità. Per quella sua virtù se lo sono passate l’una con l’altra, sia che fossero fidanzate che no. Addirittura ci fu chi, golosa, ebbe a chiedergli un intervento nel giorno che precedette il proprio matrimonio»
Quando Rosy decise di salire di livello si svincolò dal ragazzo per andare a chiedere consiglio alla sorellona, come era solito chiamarla, che, con le tette fuori stava godendosi la lingua del suo amato e che non poté che essere d’accordo con lei: «Nello stato in cui ti vedo ora, se non la dai stasera a lui, poi vieni ad elemosinare che ti presti Tlìc per qualche brivido. Dai mò portalo di là così lasci liberi anche noi di combinare qualcosa di più sostanzioso.» E spinse con maggior vigore le poppe contro le labbra del fidanzato.
Pippa si agganciò alla mano di Rosy e si lasciò condurre nella sua cameretta. Quella col letto singolo.
Unico suo cruccio, l’impronta delle grandi labbra della ragazza sui calzoni crème, spianati quella sera stessa. Sicuramente mamma sua avrebbe cercato di conoscere il nome e soprattutto il censo di colei che aveva marcato con quella inequivocabile sorta di sindone i calzoni del proprio figliuolo.
Il clic che richiudeva la porta della stanza fu il segnale che Sylvie attendeva: si tolse completamente la camicetta, la gonna e si tirò su per sdraiarsi sulla tavola, in un angolo libero da vivande e masserizie. Si lasciò andare sdraiata con le braccia sotto la testa in attesa delle prodezze di Tlìc. E lui trovandosi così a un palmo dal naso dal provato slip della sua ragazza, lo abbassò con rispetto e di fronte al fulvo ciuffo della figa non poté che immergervisi con il volto.
Era proprio quanto lei si aspettava. Sollevò un po’ una coscia per agevolare una più consistente penetrazione della lingua e cominciò a modulare il ritmo che imponeva quella vivace propaggine.
In quel contesto Sylvie si sentiva libera di esprimere come meglio credeva il proprio godimento. E si mise a urlettare lasciando spazio a quanto le suggeriva la fantasia. Ne saltò fuori una colonna sonora che avrebbe fatto invidia ai migliori gruppi musicali allora in voga. In quel contesto successe che l’altra coppietta percepì quei gemiti come suscitati da malore o qualcosa che stava andando male. Se ne preoccuparono e addirittura interruppero la loro danza d’amore per vedere cosa stesse succedendo.
Completamente nudi sortirono dalla loro alcova.
Nulla mutò con la loro apparizione: Tlìc, non interruppe i propri ludi linguali. Sylvie, sollevò leggermente il capo per lanciare uno sguardo agli intrusi esclamando: «Però!» all’indirizzo dell’esibito fallo del Pippa, continuando poi a gorgheggiare il godimento che stava provando.
A Tlìc non sfuggì lo spontaneo apprezzamento di Sylvie al membro dell’amico e trastullandole con delicato gioco di dita la clitoride le domandò inaspettatamente: «Dì la verità, Sylvie, che non ti dispiacerebbe che il gingillo che hai appena veduto facesse un giro turistico anche nella tua crepa?»
«Puoi giurarci amore mio, ma se tu adesso passasti a qualcosa di più importante potrei ricredermi dal momento che riporteresti alla mia mente come si comporta un buon cazzo in una rovente figa» E Tlìc spronato da quel lieve rimbrotto infilò nell’anelante pertugio il suo uccello, che più grosso ed eretto di così non poteva presentarsi.
«Cazzo, Tlìc! Non ricordavo di averlo sentito così l’ultima volta. – erano solo passate tre ore – Che caro! Hai sempre delle novità da farmi scoprire. Questo sì che è amore!» Aveva aggiustato la posizione e mentre lui era impegnato nella sua danza, lei con movimenti circolari aggiungeva fremiti alla propria clitoride per poi aggrapparsi con forza ai fianchi di lui e contraendo tutta la muscolatura, era venuta. Sempre accompagnata da qualche gorgheggio. Il tavolo aveva scricchiolato sonoramente ma aveva retto. Fiotti di sperma colmarono la rigogliosa vagina di Sylvie.
Tutto questo innanzi agli occhi dei due giovani colombi che erano alle prime fasi della loro reciproca conoscenza.
Rosy guardò speranzosa il Pippa, lo prese per il prepuzio e lo riportò nella cameretta. Lasciando però, questa volta, la porta aperta. Tanto per far sentire alla sorellona che avrebbe saputo urlacchiare i godimenti ben più forte di lei.
Sylvie e Tlìc decisero invece di stemperare i postumi del piacere con baci e carezze sugli ampi cuscini di pelle del monumentale divano Frau accanto alla porta della cameretta. Rilassati e appagati dopo ben poco si addormentarono abbracciati. Ognuno con le dita attorno al sesso dell’altro.
Dalla cameretta una nutrita sequenza di gemiti e sospiri, che però non andarono a turbare il riposo degli altri amanti, già gratificati dal piacere.
Palazzo per la seconda volta aveva battuto la mezzanotte. La filodiffusione diffondeva Charlie Mingus che con Flamincus cullava i sogni di Sylvie e Tlìc.
Dalla cameretta proveniva un cicaleccio fatto di risatine e frasi spezzate. Stando ai rumori che veleggiavano nell’ambiente si poteva dire che i piaceri della carne avessero steso un velo di serenità su quel nido d’amore nel cuore di Bologna. Il profondo silenzio che stava protraendosi faceva intendere che i falli avessero cessato di svolazzare e giacessero sgonfi e rilassati sui ventri dei rispettivi detentori.
Senonché, all’improvviso echeggiò un grido acuto. La voce era quella di Rosy che vi aggiunse un concitato vomitare di parole molte delle quali, almeno dal tono, erano improperi.
Anche altri rumori destarono i due sul divano, che percependoli come inusuali, se riferiti ad un incontro amoroso, se ne preoccuparono. E, Sylvie, con un balzo fu in quella stanza proprio nel momento in cui la sorellina gridava al suo partner tre volte «Porco! – e altrettante – Ti odio!» Il resto era tutto un andar e vieni di costei molto disordinato.
In un angolo accanto alla finestra il Pippa la guardava sconcertato tenendo una mano sull’uccello come volesse proteggerlo: «Dai Rosy, hai detto tu “Vai avanti che sento già che mi piacerà”.»
Cosa aveva rovinato quella fantastica notte di passione cominciata con i migliori auspici con il ditalino scientifico di lui e la sindone della pippa di lei sulle brache di lui?
In quel talamo non si erano negati nulla. A cominciare dagli approcci orali: qualche bacio e un po’ in bocca a lei. Una fotonica piluccata di gnocca da parte di lui aveva portato la bella Rosy a crogiolarsi nel primo orgasmo della nottata. C’era poi stata la Prima, che aveva stemperato tutto il desiderio accumulato durante il pranzo. Un crescendo di energia che ognuno aveva immesso nell’altro corpo.
Da quando aveva preso in mano il cazzo del Pippa, in Rosy era esplosa una tempesta ormonale che l’aveva centrifugata in un vortice di libidine. Volle infilarselo lei stessa e aggiungere alle spinte del suo partner la sua energia così che quello che poteva essere un romantico atto d’amore divenne una indiavolata danza che ben poco si rapportava alla musica soft che proveniva dalla filodiffusione.
Ci volle la Seconda per far sí che quei due forsennati corpi assaporassero le delizie di baci e delle carezze assieme ai fremiti del loro copulare. Qui fu l’orgasmo di lui a dare il la a quello di lei.
Ma quella notte la voracità di Rosy era incontenibile e ne volle ancora, e subito! Senza dar tempo al Pippa di recuperare le forze e ritemprar l’uccello.
La Terza la volle comandare lei stessa ponendosi in sella sopra di lui, cavalcandolo con ritmo galoppante. Il Pippa, con l’angoscia di perdere l’erezione, dovette ricorrere a tutta la sua riserva di energie per far fronte a quella bramosia sfrenata. Ci volle tempo poi una copiosa sborrata finalmente fuoruscì dall’oca del Pippa per unirsi agli umori della fregna di lei.
Rosy separandosi a malincuore da quell’uccello, reso ormai striminzito, volle saggiare con lingua e labbra gli umori scaturiti da quel godimento.
Il Pippa navigato frequentatore di talami, con un’occhiata valutò che l’euforica ragazzina non gli avrebbe dato tregua e sicuramente avrebbe preteso altre prestazioni. Per cui con un paio di moine le fece allargare le cosce, lì, innanzi alla sua bocca. Grazie ad essa non avrebbe certo corso rischio di deluderla con una ipotizzabile cilecca.
A dire il vero, lui, teneva moltissimo alla fama che si era costruito attorno all’uso erotico della bocca: una vera macchina del piacere, sempre pronta ad entrare in azione. E quella sera il suo buon funzionamento faceva proprio il caso suo. Partì con piccoli toccamenti, colpetti qua e là con la punta di quel saettante organo, quasi tutti indirizzati alla parte superiore della figa. Un vero e proprio tiro a segno al vistoso clitoride.
Le grandi labbra si gonfiarono e l’ambiente ritornò ad inumidirsi. Intanto la larga bocca del Pippa copriva quasi per intero lo spacco di quel fighino e al suo interno la lingua poté eseguire tutto il suo repertorio di danze. Furono proprio alcune di queste ardite figure a mandare in visibilio la pulzella che non trattenendosi più indirizzò a quel fenomeno di mandrillo/leccatore profferte di eterno amore e giuramenti di fedeltà. Il Pippa sapeva di non doversi fermare e puntare allo sfinimento della partner. Quel punto in cui lei, con gli occhi pieni di lacrime di gioia lo avrebbe implorato: “Sono esausta, Pippa, fammi dormire. Te la ridò domattina.” Ma il discorso venne articolato in maniera un po’ diversa: «Sono tutta un bollore, Pippa, dai, mettimelo dal di dietro. Come dite da queste parti, “alla pecorina”. L’ho provato solo una volta e l’ho trovato meraviglioso. Dai. Adesso! Domattina sarebbe un’altra cosa.» E con un’agile piroetta si era messa sulla sponda del letto nella giusta posizione.
Quella richiesta assieme alla visione delle marmoree natiche che facevano da cornice alla villosa prugna, produsse un rinnovato turbamento nel Pippa, tanto che non poté che constatare il reinturgidimento del fallo. Mica poteva tirarsi indietro!
Con fare sbarazzino quel culetto scossò in maniera invitante alcune volte: «Hai un culo che è una bomboniera! – disse il Pippa in piena eccitazione sfregando la cappella fra figa, perineo e culo. – bisognerebbe farci un giro turistico.» La figa prese a colare.
Ma il “Vai avanti che sento già che mi piacerà” detto da Rosy nel bel mezzo di un profondo sospiro creò l’equivoco.
Una mano sul fianco sinistro, l’altra teneva contro il bocchello del deretano, caldo e palpitante il glande ben scappellato.
Quell’ «Allora?» detto con impazienza da Rosy, che si aspettava ben altra gioia da ben altra parte, fecero precipitare gli eventi.
Fu un unico colpo secco a spingere tutto il membro nelle segrete del suo culo, con grande dolore della carne. Da qui l’urlo, le invettive e l’inevitabile lite.
Ancora, ben un anno dopo!, agli intimi con cui era in confidenza che glielo rammentavano, rispondeva mostrando sgomento. Concludeva poi con: «Una prova durissima che però ha avuto il pregio di cementare il nostro amore.»
A dire il vero, in quel frangente l’amore fu salvato dalla perspicacia della sorellona e dal fascino che Tlìc non ha mai smesso di suscitare nella futura cognatina.
In quella difficile situazione Sylvie si sentì investita del ruolo di sorella maggiore, che seppe svolgere toccando tutti gli appigli che si collegavano con i migliori sentimenti della ragazza… E la ragazza era di grande cuore e nobili sentimenti!
Venne tirata in ballo la mamma, che tutti sapevano quanto fosse contraria a quella dolorosa pratica: lei stessa per anni vittima di un marito culattino prendente ma soprattutto viziosamente dante.
«Quando riterrai che sia il momento di farle conoscere lo stato del tuo “bombardino” ci penserò io a farle digerire la pillola. Vedrai che non ti toglierà la sua benedizione.» M.me Marie Claire, la maman e le due figlie erano molto credenti, nonostante le recenti vicissitudini.
Rosy diede segnale di essere disponibile a lasciar sbollire la propria incazzatura e a quel punto poté intervenire Tlìc con i consigli per lenire il dolore che ancora opprimeva il budello violato.
Anche Tlìc, suo malgrado, apparteneva alla categoria dei culi rotti. A lui era bastata una settimana di collegio nel seminario della curia per divenire la bella Rosina per preti e sagrestani. Insomma, era piaciuto! Fortunatamente era poi riuscito a fuggire.
La fece sdraiare prona e con grande delicatezza le allargò le chiappe. Lo spettacolo che gli si presentò innanzi fu impressionante: il buco del culo era ridotto a una sanguinolenta piaga. Il colpo secco inferto dal membro in entrata e i successivi affondi vibrati con tutta l’energia della libidine avevano operato uno scempio fra quelle natiche e anche in quel momento stavano sanguinando.
Fu così che l’aitante fotografo improvvisatosi infermiere con una certa perizia provvide a dare sollievo al martoriato boffice con un impacco di banale Crema Nivea. Che però funzionò egregiamente. Anzi Rosy dimenticò ogni sofferenza patita e fece con i glutei qualche mossetta tanto per richiamare l’attenzione del gingillo che oziava fra le gambe del suo salvatore.
Rosy aveva una vera attrazione per il fidanzato della sorellona. Era stata lei ad adocchiarlo e aveva fatto carte false per farsi da questi sedurre. Di lui ne aveva parlato in maniera idilliaca alla sorellona: «Un uccello così elegante, ben fatto e imponente è difficile da immaginare.» e questa si era incuriosita ed era andata a vedere per poi dargliela, praticamente davanti a tutti.
Fra le due sorelle non c’erano segreti e l’intimità era molto forte. Si era così instaurato una sorta di fidanzamento a tre, senza ombra di gelosia. Ogni volta che ne sentivano il bisogno avevano un punto fermo a cui potersi rivolgere a. A volte lo stuzzichino fioriva contemporaneamente ad entrambe ma Tlìc aveva sempre saputo trasformarlo in uno sfizioso gioco collettivo senza esclusione di performance: lei-lui, lui-lei, lei-lei. Il trionfo dell’erotismo famigliare!
Sylvie, molto in confidenza con la madre, M.me Marie Claire, un’avvenente quarantenne molto malinconica in quanto bistrattata dall’amore, ebbe a parlarle di questo ménage a troi e ne ricevette la sua benedizione. Non solo, in un paio di occasioni volle partecipare anch’ella a uno di questi riti dove Tlìc non mancò di farsi valere con tutte le partecipanti.
Il Pippa non sapeva dov’era capitato!
Lui, adesso stava confabulando con Sylvie che inizialmente l’aveva rimbrottato per la veemenza con cui si era approcciato al culo di Rosy: «Potevi anche incularla con tutta la [3]delicatezza del caso? Dovevi pure aver capito che per lei era la prima volta!»
«Ti giuro che quando l’ho sentito pulsare contro la mia cappella non ho più capito…»
Non dimentichiamo che quel colloquio era avvenuto improvvisamente nel cuore della notte, nel bel mezzo di una intensa tenzone d’amore che impegnava due coppie in calore. Per cui i protagonisti agivano in completo costume adamitico.
Il Pippa, intanto, aveva puntato il vermiglio pube di Sylvie. Il suo cazzo ne assorbiva tutto il fascino e di momento in momento stava risorgendo mostrandosi in tutta la propria prestanza a cui aggiungeva una certa originalità nella forma. Cosa che non appariva in precedenza in quanto la mortificazione della lite l’aveva reso Oca morta.
I due rigonfiamenti che natura gli aveva posto ognuno a un terzo del prepuzio avevano lo stesso effetto di certi ninnoli che oggi si trovano soprattutto in certi negozi specializzati del Nord Europa: generatori di particolari godimenti erotici. Sylvie ne immaginò immediatamente i fremiti che avrebbe prodotto all’interno della vagina. Ma provò anche ad immaginare lo sconquasso che possono arrecare nel verginello culo di una quasi adolescente.
Ne venne incuriosita ma non si azzardò a porre domande. Non aveva ancora la dovuta confidenza con l’amico del fidanzato. Si azzardò comunque a toccar con mano proprio quell’insolita prominenza. Il Pippa percepì quella carezza come l’avvio di un percorso di perdono verso quanto aveva combinato la sua precipitosa irruenza.
Calda era la mano, vivido fu l’approccio. Di conseguenza quel cazzo si erse in tutta la sua imponenza.
Sylvie non resistette a tale fascino e ci si buttò contro assaporandone la virgulta prestanza.
Nel lato opposto della cameretta, allo stesso modo Tlìc era turbato dalle forme delle natiche di Rosy. Più per dimostrare la propria vicinanza alla sofferenza che queste avevano appena patito che per libidine, si permise di sfiorarle con le labbra.
La ragazza che era in piena ripresa, memore della delusione dove un’agognata pecorina si era trasformata in una dolorosa penetrazione non richiesta, provò di recuperare lo svanito sollazzo:
«Oh, Tlìc! Sei sempre al passo con la tempistica.» e ripreso il giusto piacere alle piccole cose che la vita a volte offre, diresse spontaneamente la prugna verso la verga del Tlìc.
Le sua cantilena d’amore si fuse con quella che stavano interpretando Sylvie e il Pippa, in quel momento sull’orlo di un esplosivo orgasmo.
Stranamente dal Notturno dall’Italia, tramite la filodiffusione, andò marzialmente in onda la Marcia Trionfale dell’Aida
Era proprio il trionfo dell’Amore.
Se i cazzi dei due maschietti si misero a sborrare all’unisono una ragione doveva pur esserci!
©Flavia Marchetti 2019
Tutti i personaggi che avete incontrato in queste righe sono personaggi veri
che però hanno nomi di fantasia,
così come i luoghi citati
[1] Mo Luntan da Bulåggna an s pôl brȋsa stèr = Ma lontano da Bologna non si può stare
[2] Al Fatâz di Żardén Margarétta per attribuzione del Cesare Pezzoli
[3] Il racconto si riferisce a vicende consumatesi nel 1978 quando in Italia non era ancora una normale abitudine lo shopping nei porno-shop. I fatti descritti si sono realmente svolti ma non nei luoghi qui citati, frutto della fantasia dell‘autrice, inesorabilmente intervenuta su di essi come sui nomi dei protagonisti.