DANY.D.D. – Prepotentemente
Questo breve flash narrativo è la prima collaborazione tra Flavia Marchetti e Dany D.D.
Ognuno ci ha messo del suo
Il brusio di una notifica mi avverte che in chat c’è un messaggio. È Irene, quasi un grido di dolore: <Ho voglia di te> ….. e mi manda una sua foto. In cui ha ben poca roba addosso…. Dove i capezzoli che si distinguono, sono erti e prominenti. Rimbalzano lo sguardo alla figa, che s’intuisce bagnata: <Sta colando dalla voglia del tuo cazzo> precisa con un eloquente sospiro.
<Anch’ io ho voglia di te…> e le mando un selfie della mia cappella che troneggia sul marmoreo prepuzio.
<Mi sto masturbando come una forsennata – e mi arrivano dieci secondi della sua figa, con le due dita che le stanno momentaneamente consolando. Eccitatissima mi supplica – Perché non fai una follia e vieni da me?>
<Ma è già notte…> Tergiverso.
<Vieni ti aspetto a casa mia…>
Preciso: <Notte fonda!>
<La mia figa e il tuo cazzo non possono più aspettare.> Mugugna.
Cedo alla sua pregnante determinazione: <Preparati, arrivo>
<Sono già pronta!> Preme il tasto e mi arriva la clip con le sue cosce aperte e lei che sgrilletta il clitoride.
L’auto fila incurante degli autovelox…. È notte, sar anno spenti…
Ci ricolleghiamo. Al telefono, ci urliamo surreali porcate. Una specie di menù dei piatti forti che sarebbero stati serviti da lì a poco…
<Voglio morderti lo scroto finché non vedo le palle rotolare per terra … Bestia!>
<Ti sborro nelle orecchie finché non senti il fischio del treno>.
Più o meno così: fantasmagoriche… surreali… tanto per tenere in circolo l’eccitazione.
La porta di casa è solo socchiusa. Non c’è alcuna luce all’interno. Due passi dentro e il battente si richiude da sé. Forse, da sé.
Penetro il buio e la distinguo contro quell’uscio che ci separa dal mondo.
È nuda! Ha le dita nella figa. Mi assalta… mi bacia con foga. È assatanata come solo lei sa essere…. Mi spinge in una risega che è in quel corridoio. Strappa ogni bottone della camicia. Distrugge lo zip dei jeans. Ha già le mani sugli slip. L’uccello ne sente il magico calore: <Meglio se piscio>.
<Da qui non ti muovi> mi dice prepotentemente.
Con la stessa determinazione abbassa lo slip. Scivola in ginocchio. Apre la bocca. Infila un dito nel mio buco del culo sussurrando: <Pisciami in gola, dai…>. Gira il dito che mi ha penetrato. È la mossa giusta per far partire il getto di piscio. Lei ne intercetta e beve una buona parte. L’altra le scende lungo il corpo e le cola bella calda sulla figa…
La moquette sotto di noi diventa il giaciglio per un 69, dove la figa gocciola ancora del mio piscio….
L’atmosfera è assai surriscaldata: Si appoggia al muro con il palmo delle mani. Si piega divaricando le gambe. Gliele allargo per raggiungere con la lingua il buco del culo. Un paio di dita finiscono nella figa.
Irene è una femmina che gestisce una piccola azienda. È persona decisa. Abituata al comando. Fors’anche con modi prepotenti. Come quelli che mi sta imponendo: mi piscia sulla mano ordinandomi <Lecca e bevi tutto.> Non posso sottrarmi. Lecco! Lei gode urla e piscia.
L’odore dell’urina impregna l’ambiente. Stacco la bocca dalla sua fregna che sta ancora zampillando. Lei reclama godimento, agisco d’istinto. La penetro che sta ancora schizzando. Lei è all’orgasmo. Si agita. Trema tutta. Intanto entro ed esco col cazzo dall’indomita figa. Sta venendo e i suoi spruzzi si confondono e non distinguo più se squirta o piscia.
La nostra libidine è alle stelle. Lei rotea il bacino convulsamente. Una mossa avventata e la figa espelle l’uccello… Lo riafferro. Sto per reintrodurlo e noto che sopra la figa sta pulsando, come un faro, il buco del culo: bello, aperto e invitante.
Accetto l’invito e glielo riempio.
<Così… Così… È così che ti voglio! Inculami di brutto!> Sono parole che lasciano il segno… Qualche stantuffata ben assestata e mi svuoto nel più profondo del suo culo.
Sembrerebbe finita ma non è così: Irene non si sazia mai. Sfila lei l’uccello dal culo per carpirlo con la bocca. Vuole e riesce ad assaporarne un buon po’.
L’abbraccio che ci lega, segna l’inizio della quiete che segue la tempesta sensuale che ci ha accomunato. Si conclude con un suo bacio, ovviamente richiestomi con la sua abituale prepotenza.