Le porkeriole di Flavia

diario e fantasie di una scrittrice di bella presenza

Ben oltre le gioie del virtuale

I personaggi:

L’Autrice

FLAVIA MARCHETTI
Scrittrice di bella presenza

Una storia che avrei potuta vivere io ma che l’ha vissuta Giusy, una scatenata amica siciliana. Tanto amiche di chat che ci siamo dichiarate. Lei, oggi, è la mia fidanzata puttana on line. Ma confido che presto mi raggiunga per divenire la mia puttana

Dal 2005 Flavia pubblica con l’editore Enstooghard Ltd – København

©FlaviaMarchetti 2021

I personaggi:

MORENA la bella cinquantenne

GIUSY, la curiosa ventiduenne

L’ex fidanzato di Giusy diciamo che si chiamasse ALFIO

Margareth Johnson è una suddita del Regno Unito che casualmente ha viaggiato di fianco a Giusy sul Catania-Roma

ARTURO è il marito di Morena.

ARMANDO, il primo cliente

Il rag. MERLANTI, un altro cliente

Decisamente, farsi leccare la figa in chat sul computer di Alfio è tanto meglio.

Il monitor è molto più grande e la cam ad alta definizione.

È qui che mi sono rifugiata per chattre con Morena.

Lui non c’è. Non tarderà molto ad arrivare e dovrò chiudere il collegamento.

Peccato, oggi con Morena è tutto un godimento idilliaco!

Cam puntate sulle nostre fighe, ce le siamo menate con furore, eccitandoci all’inverosimile. Dio, quanto mi rende più porca, il sentirmi dire: <Adesso ti rompo il culo con lo strap-on, Piccola puttana!> e nel monitor vedo inquadrato il cazzo artificiale che mi penetrerebbe.

Lei, in tutta l’autorevolezza dello strap-on large che le fa volgere all’alto tette e capezzoli.

Punto la mia cam sul buco del culo. Mi rilasso mentre percepisco tutto il piacere dell’inculata, godendo anche del gridare di lei che ad libitum è un susseguirsi di: <Troia….. puttana….. troissima….. voglio spaccarti in due.>

Mi agito. Godo da matti e l’incito ad incularmi sempre più a fondo. Orgasmo.

Morena è una donna dolcissima. Mi coccola a lungo e sa placare ogni mia eccitazione leccandomi la Figa.

La sua lingua entra in azione con dolcezza. Delicatamente mi riempie di un piacere raffinato che si diffonde per tutto l’alveo della Figa. Tracima e va ancor oltre…

Morena: <Sposto la lingua dalla Figa al perineo.>

Giusy: <Sìììì che mi piace tanto.>

Morena: <Ho innanzi alla punta del naso il tuo buchetto… Una delizia!>

Giusy <Daai!… È lì che ti voglio – Ma poi. Bestemmiando – Merda! Scusa Morena. Debbo staccare e rivestirmi in fretta e furia … Sento nel cortile l’auto di Alfio>.

Un paio di altF4 e…: Messenger sparisce. Facebook, chiuso. Addirittura, internet disconnesso.

Sul desktop un innocuo PDF con le ricette per le torte di Rosy Musumeci.

Infilo il camicione che ho a portata di mano e, come ogni volta, vado, gioiosa e sorridente, incontro al fidanzato.

Morena, con cui da qualche tempo chatto intimamente, sa che Alfio mi ha vietato di utilizzare la chat in sua assenza.

In linea di massima sto al suo volere, se non per gli appuntamenti che ho di soppiatto con Lei: Morena, la mia grande attrazione virtuale.

L’ho intercettata su facebook… Morena… una bella cinquantenne che mi ha colpito subito per le riflessioni sulle limitazioni che hanno le donne nella nostra società e la profondità di come interpreti quello che lei chiama l’Immenso Amore. L’energia di un sentimento che deve superare soprattutto gli ostacoli di genere.

Alfio, a cui vado incontro, mi si presenta gagliardo più che mai. Strepitoso è il lingua-in-bocca, appena siam riparati da eventuali sguardi, con cui mi partecipa il desiderio che gli suscito. Nell’ascensore non dà tregua alle mie piccole ma sensibili tette. La restante sua eccitazione, me la riserva in casa contro la porta d’ingresso socchiusa. La sua mano scoscia e mi da brividi con le dita in Figa.

Alfio, vive da solo in un monolocale mansarda, sopra la strada principale.

<Sono tua! > gli dico ostentando passione: mica posso spegnere sì tanto entusiasmo.

La verità è che lo sbordellare nell’ascensore mi ha fatto cogliere l’erezione che trattiene tra le gambe. Non c’è miglior dimostrazione di gradimento che si possa fare nell’accogliere una donna col pisello effervescente.

Lui mi dice come vorrebbe interpretare il mio “Sono tua”.

Vado a sedermi sul pavimento sotto la finestra che guarda la strada principale. La schiena contro la parete esterna. Pochi centimetri sopra il mio capo, il davanzale.

È su questo che Alfio si appoggia, dopo aver sfilato boxer e jeans e lasciato l’uccello, nel suo virgulto stato, nelle mie mani.

Lo accarezzo… Questo ne aumenta il turgore… Ne snocciolo il glande a cui faccio sentire la delicatezza delle labbra.

Lui si appoggia al davanzale a rimirare, sereno, il passeggio serale. Sa che con me può avere solo un intenso godimento. Sa che io adoro avere un cazzo in bocca.

Emette solo un profondo sospiro quando la punta della lingua compie il giro esplorativo della cappella.

Mi lascio andare a quanto mi suggerisce l’arte del pompino.

Un’esperienza che si avvae dei consigli dell’amica Flà, bolognese doc. Cultrice e divulgatrice del bocchino alla bolognese. Una nobile arte che ancor oggi, in quella Città, viene tramandata dal XVIII secolo, di madre in figlia, di qualunque classe sociale.

Una fellatio che quando vede il cazzo ben alloccato in bocca, nega ogni atto o mossa alle mani. Tutto si giocherà tra cazzo, lingua, mascelle, labbra.

Delle mie mani non posso far altro che aprire le chiappe di lui e infilargli un dito in culo.

Si agita il ragazzo… gode… pur sempre osservando attentamente la movida locale. Poi: <Succhia… Troia!>

Do le pompate richieste. Mi ritrovo ad inghiottire una quantità enorme di sborra. Estrae giusto in tempo per liberare l’ultimo schizzo sul mio volto. Sono impiastricciata fin tra i capelli.

Lui dimostra di essere appagato e si lascia andare lungo e sfinito sul letto. L’uccello dà un’immagine di sé ben poco entusiasmante.

Non c’è più ragione che io resti. Meglio se raggiungo il mio modesto note-book e… chissà se ho la fortuna di ritrovare Morena.

Morena c’è. Mi dice cose bellissime tra cui che il mio è il più bel culo che ha spaccato con lo strap-on in virtuale. Non riesco a resistere alle profferte che seguono. Seppure con tutti i miei limiti di scarsa fotografa mi scatto un selfie, molto ravvicinato al buco del culo e glielo invio. Balbetta nell’inviarmi la risposta:

Morena <Ti vo-oo-gliooo. Tu-tta… tutta mia… Troietta.>

Giusy <Tua! Tua! Sono la tua giovane puttana… Ti posso dare tutto quello che vuoi>

Morena: <Voglio la tua bocca… la figa e il tuo culo qui… qui da me.>

Giusy: <A Roma?>

Morena: <Non posso certo fare io una fuga d’amore… Ho un marito!> Lo dice con angoscia.

Tra noi un dialogo serrato. Da parte mia, incerto. Da parte sua: appassionato. Accorato.

Lei… la donna forte che mi affascina on-line. Quella che ho conosciuta per caso in un giro esplorativo del social a cui avevo dato l’amicizia dicendo tra me: “Che schifo. Con post così intelligenti… solo 75 follower…”. <Lasciala perdere questa – aveva detto Alfio andando a pisciare – questa non te la fa vedere… È, anche, in là con gli anni.>

Ci divertiamo così, io e Alfio. In chat a cercar d’intortare, maschi segaioli o vogliose tardone lesbiche, perché ci mostrino le loro intimità. Avremmo ricambiato con qualche selfie delle nostre. Una scusa per intercettare qualcuno a cui fosse gradito un amplesso virtuale, mentre tra me e il fidanzato si consumerebbero reciproco e alternato petting.

Di Alfio comincio ad averne abbastanza. Di Morena ne ho sempre più bisogno.

È notte. Sono le cinque e mezza. Non ho smesso un attimo di pensare a lei. Un dormiveglia terribile… Una voglia struggente di Lei… Ma la vorrei qui! Debbo assolutamente potermi tuffare sul suo corpo… Coglierne i più segreti odori… Assaporarne ogni umore.

Mi tolgo dal letto e accendo il note-book. È un orario impossibile ma debbo connettermi assolutamente con Morena.

Giusy <Ci sei?> A quest’ora la chat è velocissima nella risposta. Mutano velocemente tutte le icone di comunicazione. Cazzo, qualcuno c’è!

Morema <Cosa fai, in chat a quest’ora?>

Giusy <Ti sto cercando… Non smettevo di pensarti.>

Morena <È quello che è successo anche a me… Forse perché…> Non voglio leggere le sue conclusioni ma piango di gioia.

Giusy <Se è come dici tu… è un bel casino!>

Morena <Soprattutto se tu non ti decidi>

Giusy <Ma io ho già deciso.>

Il tono di Morena si fa severo

Morena <Se mi tiri un bidone ti perseguiterò in ogni angolo del web… Per me non è semplice ritagliarmi una settimana da Gustavo> e torna la femmina appassionata che mi squaglia ogni proposito.

Morena <Dai… accendi la cam e fammi vedere se hai la Figa sincera>.

Non ho remore: eseguo.

Giusy <Tu?>.

Ed ecco la sua bella pelosa innanzi agli occhi. Se la tocca. Qualche goccia l’irrora. La richiesta viene da sé:

Giusy <Ce la lecchiamo?>

Morena <Così di primo mattino meglio un 69. Ti và?>.

Giusy: <Sì Amore… Fammi star sotto così arrivo meglio a darti di lingua al buco del culo.>

Già percepisco la punta della sua lingua che…

Morena: <La lingua si spinge tra le labbra che apri vogliosa a caccia della clitoride>

Giusy: <Così… sììì. Sei già fradicia. Te la lecco proprio lì dove da poco è uscita la piscia.>

Morena: <Mi piace… Sii più porca che puoi>

Giusy: <Sobbalzi. Ti piace.>

Morena: <Mi stringi bene il capo tra le cosce bollenti>.

Il 69 va in crescendo assieme al mattino che si apre sul nostro godimento.

Ho la Figa bagnatissima: Morena e  le mie dita mi portano all’orgasmo.

Giusy: <Stacco, Tesoro… Debbo lavarmi.>

Morena: <Anch’io, Amore. Mi hai fatta schizzare come non mai. Ci sai fare in sto gioco, Troietta. Vedremo dal vero… Giura che quanto hai promesso lo farai questa mattina stessa.>

Giusy: <Mi dispiace, Tesoro che hai dubbi sulla mia promessa… Io, non vedo l’ora di morderti le chiappe per davvero. Più tardi ti lascerò in chat l’ora che l’aereo arriverà a Fiumicino>

Dalla finestra aperta la luce del nuovo giorno mi inietta tutta l’energia di cui avrò bisogno per la scelta che ho appena confermato a questa stupenda femmina che da un paio di mesi mi fa vibrare on line.

Non è una scelta facile quella che sto facendo: io, una femmina, nella realtà, non l’ho mai baciata. Neppure per trasporto affettivo. Ho sempre sognato e bramato baciare… farmi prendere da qualche maschiaccio. Magari anche baciargli il cazzo… farmi sborrare in bocca. Questo sì, mi è sempre piaciuto!

Eppure, Morena, mi ha attratta e portata al suo mondo di volta in volta. Anche se sta a cinquecento chilometri di distanza. Convincendomi che quanto percepivo dal suo narrare in chat, era solo l’inizio di un immenso piacere che avrei completato tra le sue braccia.

Il tutto si è svolto a tappe in questi ultimi due mesi.

Avevo iniziato a chattare con lei per l’intelligenza di alcuni suoi post.

Ero da Alfio. A dire il vero eravamo nudi entrambi… io in braccio a lui con il suo duro uccello tra le cosce.

Come al solito tentavamo perversi approcci sulle chat.

Morena l’avevo incrociata che Alfio mi stava facendo impazzire le tette con la lingua. Ci eravamo scambiate qualche battuta di cortesia. Io ero stata, poi, esplicita e sincera con lei:

Giusy: <Scusa se stacco. Sto facendo l’amore. E mi piace tanto> E mi ero lasciata andare alla lingua di Alfio… Sul seno, la trovo meravigliosa. Molto meno tra le spire della Figa: mi sembra incerta… Non in sincronia con le mie pulsioni.

Sulla mia chat, lei era tornata il giorno dopo:

Morena: <Quel tuo ‘E mi piace tanto’, mi ha detto che sei una ragazza dolcissima. Non ho potuto che desiderare di conoscerti meglio.>

Le avevo detto di me. Mi aveva detto tanto di lei: 50 anni, sposata senza figli. Vive a Roma. Mi manda una sua foto in due pezzi al mare: è una bella donna. Attraente.

Si finisce su argomento amore. Io bleffo.

Giusy: <Sono libera… Sì, qualche esperienza non entusiasmante…>

Lei si sbottona e mi parla della sua attrazione verso le femmine:

Morena: < È solo tra femmine che può nascere il grande amore. Io sto sempre cercandolo. Sono sicura che lo troverò.>

L’ascolto rapita. Condivido con tanto di cuoricino like tutte le sue argomentazioni… E mi arriva un selfie delle sue tette. Senza indugio le mando il mio seno.

Seguono la sua Figa… la mia. È poi la volta delle lingue… per ritrovarmi in un focoso 69 virtuale che mi fa orgasmare senza che me la debba toccare.

Succede… Non so neppure come e perché. È successo!

Da quella mattina vivo in un fantastico periodo virtuale lesbico. Sempre in crescendo….

Ora, sull’aereo vado, sicuramente, incontro alla mia prima esperienza reale. Il che mi riempie di nuovi turbamenti. Soprattutto quello di voler pensare in maniera saffica. Cioè: tutte le femmine piacenti che incontro, possono solo essere accondiscendenti ad avance lesbicheggianti.

Il primo riscontro ce l’ho proprio su quell’aereo.

Di fianco a me sta seduta una signora inglese. Elegante, trentacinquenne, di bell’aspetto. Una passeggera che non, sta ferma. È sempre dietro a cambiare posizione. Nel far ciò, per un paio di volte, struscia il ginocchio contro il mio. Alla seconda, interpreto il fatterello, con mentalità saffica: “non è casuale”. La guardo con accattivante sorriso. Mi accarezzo in maniera sensuale la parte strusciata. Scopro un po’ di coscia.

La risposta arriva: <Scusa. Ho fatto apposta – mi sorride – Posso continuare?>.

Sono imbarazzatissima. Sorrido anch’io. Non riesco a dire niente.

Lei continua.

Si mette ad accarezzare la parte di coscia toccata e con disinvoltura spinge la mano tra le due cosce… me le palpa con grazia. Sempre per il pensare Saffico allargo le gambe. Mi lancia un sorriso compiaciuto.

Voglio fare di più. mi alzo. Vado in bagno a sfilarmi gli slip.

Quando torno faccio cadere sulla mia vicina l’indumento. Lei se lo sfrega sul volto. Mi risiedo e riallargo le gambe.

I suoi polpastrelli non tardano a scorrazzare sulla mia pelle… Fremiti mi pervadono. Il piacere saffico è proprio un gran cosa! …Si districano sul Monte di Venere. Le labbra della Figa si ingrossano. I polpastrelli sanno come coccolarle. La Figa sbava. Le dita le allargano. Mi penetrano. Sono agili. Calde. Ci sanno fare: il piacere mi prende.

È un semplice ditalino, ma lì, su quell’aereo a seimila metri, mi pare qualcosa di più.

Getto la giacca sulla mano profanatrice, tanto per toglierla da eventuali sguardi curiosi. Chiudo gli occhi. Mi rilasso contro lo schienale. Lascio che il godimento mi accompagni al dovuto orgasmo.

La mano va in crescendo. Un ritmo sempre più veloce una mia mano agguanta un lembo della giacca che indossa. Lo stringe spasmodicamente per non urlare…. Per non gridarle: “porca!… puttana!… troia!

Roma è sotto di noi quando la mia Figa distilla sborra su questa mano. Lei se la lecca. L’asciuga nel leggero foulard che porta al collo e lo rindossa.

L’aereo è fermo sulla pista di Fiumicino dove mi attende Morena. Nell’aereo siamo in fila nel corridoio in attesa che si apra il portellone. La voce dello steward ci informa del tempo che troveremo in Città. La mia vicina di poltrona mi è di fianco. Mi porge un suo biglietto da visita. Si chiama Margareth Johnson e c’è un indirizzo londinese. Dietro, ha scritto a mano un hotel romano. Mi spiega: <Per questo e il prossimo mese mi trovi qui. Ti aspetto… Ti chiami?>

Balbetto <Giusy… Giuseppina>

E mi accorgo di essere già nel mondo saffico in cui mi aspetta soprattutto Morena.

Nel gate affollato procedo lentamente guardandomi attorno alla ricerca di un volto amico.

<Sei più figa di quanto risulti sul monitor – un sussurro dietro le spalle. Un brivido mi coglie – Adesso posso ben dire che tu mi piaccia davvero… Vedi, era importante che ci trovassimo davvero.> Mi giro e lei mi stampa un fiocco in bocca, lì, tra tanta gente – Come vuoi iniziare la tua vacanza romana, Piccola… Vuoi cenare?>.

Balbetto qualcosa. Sento tutta la sua dolcezza nel dirmi come la vedrebbe Lei.

Mi sta bene. La seguo.

In auto un altro bel fiocco. Questa volta fatto come si deve. Lingua in bocca. Sul collo. Le mani a far conoscenza con le tette.

Trattoria nei pressi di Piazza San Silvestro: <Per rinfrescarci con un buon vinello bianco. Per conoscerci live. Brindare alla nostra luna di miele.> Lei.

Alla trattoria mangiamo fuori. Aleggia un ponentino che rinfresca l’aria. Si sta bene. Comincio a rilassarmi.

Non siamo di molte parole ma di lunghi sguardi. Il viso di Morena dimostra molti meno anni di quanti ne abbia. Sono contenta anch’io di essere qui a toccarla con mano. Glielo dico. Sorride.

Sento qualcosa che mi tocca il ginocchio e va oltre.

Mi prende e stringe una mano quando sente che non ho mutande.

Allargo le cosce. L’alluce penetra un po’. Muove il piede su e giù. Godo. Il cameriere porta qualcosa. Lei ferma il piede ma resta dentro. Spingo il bacino verso quell’estremità dalle unghie laccate rosso.

<È un supplizio restare qui.> Ce ne andiamo.

A due passi l’albergo dove Morena ha fissato la mia residenza per questa nostra fuga d’amore. Non lontana da casa sua e pertanto comoda per il nostro stare assieme. Funzionale ad accentuare tra noi la passione.

Una stanza luminosa con terrazza al quinto piano. In quell’ala non è stato installato l’ascensore.

Le consegnano il pass per aprire la stanza e lei si muove consapevolmente in tutta libertà. Sicuramente lì è di casa.

Mi prende per mano e s’inerpica per la scaletta. Al primo ballatoio mi ha già messo una mano tra le cosce e palpato la Figa: <Con il piede non avevo percepito bene… Ce l’hai ancora stretta! È quello che speravo.> Gli altri quattro piani li faccio con le sue dita tra Figa e culo.

Spero di rilassarmi quando saremo in camera. Al momento sono imbarazzatissima. In fondo è la mia prima volta. Anche se mi sento già entrata nel mondo saffico: Margareth sull’aereo mi ha fatto godere e a lei ho lasciato in pegno i miei slip. Mi sono ripromessa di rivederla. La salita di questi cinque piani diventa un accumulo di fremiti. Le dita di Morena tra Figa e culo hanno lavorato sapientemente. Sto diventando vogliosa.

Appena in stanza mi bacia… mi palpa con decisa libidine. Piombo in un turbine di emozioni. Quando si placa la sua foga mi ritrovo a tette nude contro la porta del bagno e lei che mi fa: <Se devi pisciare…falla adesso… – poi – Non chiudere la porta.>

Sono ordini e questo mi dice che la parte più viva del gioco è iniziato e sarà lei a condurlo in ogni minimo particolare. Mi fa sentire la pivella che sono e questo un po’ mi imbarazza.

Comunque, la porta del bagno la lascio aperta.

Mi aggiro tra water, doccia, bidet senza decidermi a fare la pisciata liberatoria consigliata. Sto interrogandomi su come uscirò da quel bagno. Potrei anche uscire completamente nuda e gettarmi tra le braccia della mia amante…

La porta si apre e:  <Dai ePiccola… fammi vedere come pisci… Mi eccita da matti  una ragazza che piscia.>

Sollevo la gonna e faccio per sedermi: <No. Leva la veste… Falla da in piedi.>

Eseguo come mi chiede.

Preciso, il mio zampillo dorato, centra il water. Morena si denuda anche lei…: <Lasciatela sciacquare dalle mie mani.>

Non me l’aspettavo. Sul bidet le sue dita vanno ben oltre il risciacquo della pisciata. Mi bacia. Sono entusiasta! Quando si stacca dalla bocca le agguanto un avambraccio e voglio essere io a condurla al letto.

Sono aperta al massimo. Il cespuglio volto al cielo. Mi aspetto un irruento attacco di lingua. Forse doveva essere così. La mia reazione sul bidet le ha fatto mutare strategia.

È inginocchiata al mio fianco. I suoi occhi scorrono ogni angolo del mio corpo: disteso, aperto, arreso.

<Così giovane e bella… – mi sorride. Mi appoggia un bacio sulle labbra. Un altro sussurro – Sei tutta mia.>

Apro le labbra per accogliere la sua lingua. Questa le disdegna e s’invola al capezzolo sinistro. Lecca e s’attacca ad esso. Puppa.

Un immane piacere mi avvolge. Si dirama al ventre. Ancora il suo sussurro: <Tutta mia!> Mi vuole leccare la sudata ascella. I fremiti si fanno più profondi. Mi agito. Scalcio.

Morena la sa lunga. Ci sa fare. Mi tiene sulla corda. Mi fa sbavare. O meglio: è la mia Figa che sbava. Lascio traccia sulle lenzuola.

La sua eccitazione è pari alla mia. Dalla mia tetta che sta palpando, sposta la mano sul suo grilletto, sfregandoselo con vigore.

Per la stanza si diffondono gemiti e mugugni.

La contrazione dei muscoli del ventre accompagna il tragitto della sua lingua sulla mia epidermide verso la meta: il piccolo cratere dell’ombelico che lei tratta sensualmente colmandolo di saliva.

Chissà se questo piacere che sto assaporando… tanto prepotente… mi porterà ad un altrettanto prepotente orgasmo. Un turbine che mi proietti in quel nirvana che lei mi ha decantato con tanto entusiasmo e simulato virtualmente nella chat.

Un brivido ben più elettrizzante degli altri, mi squassa.

La lingua ha raggiunto la parte alta della Figa. Lì, dove il Monte di Venere si spacca. Le labbra, rigonfie da un bel po’ l’attendevano. Si schiudono, invitandola. Una leggera schiumetta affiora sbarazzina a darle il benvenuto. Ne lecca tutto il percorso più volte. Sbiello! Mi apro più che posso e mi appresto a reggere l’impatto con tutta l’energia della libidine che mi sta dimostrando.

Invece non sarà così.

Qualche colpo di ganasce. Della Figa succhia tutto quello che c’è. Per poi mettersi lunga su di me.

Le nostre Fighe combaciano. Tutte e due socchiuse. Labbra contro labbra, spurgano i flussi dei reciproci piaceri. Non conosco il rito. Dovrebbe essere godurioso. Ne ho solo sentito parlare in rete. Spingo sulla Figa di Morena. Ruoto in un senso e nell’altro il bacino. Morena si stringe a me. Appoggia la bocca sulla mia. Apro e mi passa quanto ha succhiato in precedenza dalla mia Figa: <Senti un po’ il tuo sapore … Che merdaccia… dopo facciamo il confronto con il mio… Può darsi che se vieni ..: ti addolcisci.>

Subito tira fuori la sua esperienza lesbica. Sono presa dalla danza che la sua Figa esegue coinvolgendo la mia. Le Fighe si incastrano… sbavano all’unisono. Si agitano in quello struscio in crescendo che ci sta portando a un bel godimento, da Lei incitato:
<Sfrega veloce, Troietta, che proviamo a venire così> Spinge la sua sulla mia e la fa scorrere contro la coscia. Mi spiega la corretta posizione. La mia perspicacia ad apprendere è fulminea. Le Fighe aggiungono le loro colature. I corpi si confrontano in un ambiente ideale.

È veramente una gran figata!. Siamo abbracciate al centro del letto. Voracemente la mia pelosa è agganciata alla sua e assieme rincorrono il più alto godimento con velocissimi strusciamenti che generano abbondanti schizzi intimi. Io e Morena ci stringiamo forte. Ci baciamo… Ci succhiamo il collo… Lingua dentro le orecchie. Le fighe, surriscaldate cedono un godimento che va crescendo.

Mi rendo conto che la Figa di Morena è prossima all’orgasmo. Ho le sue unghie piantate nella schiena. Stranamente ne provo piacere.

<Ti piace, Puttanella? Ti aspettavi un servizio così? –Non è più un sussurro. È un rantolo. –  Aumenta la spinta…. La velocità… Sto venendo… Se ti fermi ora ti strozzo. Troia!>

Un suo morso mi fa sanguinare il lobo dell’orecchio. Glielo dico. Mi lascia l’impronta dei denti s’una spalla. Mi sforzo ad aumentare velocità e intensità dello sfregamento.

<Ci sono… Vengo… Troietta>

<Ci sto anch’io> Non mi va di insultarla. Mi sembra di non avere ancora la dovuta confidenza

Lei invece: <Godi anche tu… puttanaccia schifosa. Baciami. Apri quella bocca di merda>

Eseguo…. Lei mi sputa in gola e mi bacia,

Stiamo ancora galoppando freneticamente. Sulla mia coscia scorre un rivolo dei suoi umori.

Le mie solite tre contrazioni di quando vengo. … E sborro.

Mi accascio sfinita.

Anche Morena è venuta, ma…..

Imparo così ad apprezzarla per quello che è:

Un’ingorda di sesso!

Pertanto anche se s’è sfogata nell’orgasmo che ha inscenato con contorsioni, sussulti e gemiti ben riconoscibili, mi sta intimando di non muovermi dal letto. Ha ancora voglia di me:

Nei brevi momenti che ci siamo dedicate dopo l’orgasmo, le ho detto della mia verginità lesbica. Questo la scatena: <Ti farò piangere per quanto hai perso. –  Si ricarica – Debbo berti. Troietta.> Vorace si getta tra le mie cosce e quanto combina tra Figa e paraggi non riuscirò mai a raccontarlo. Tanto sono intense le sensazioni che accende in me.

Non riconosco più me stessa. È come essere un’altra. Lei ha fatto saltare ogni mia inibizione. Anch’io ora voglio giocare con tutto quanto può portare godimento tra i nostri corpi: l’accetto con tutta la libidine che è in me. Abbraccio con le cosce il suo volto arrappato dall’odore forte della mia Figa. Non vedo l’ora che entri di nuovo in azione. Torna con il centellinare di ogni approccio precedente la tumultuosa sforbiciata. Con tanta delicatezza che non ci penso due volte a schiudere le labbra della Figa. È un unico suo dito a penetrarmi. Affonda più che può in me. Lo ritrae cosparso della mia linfa. La sua lingua è impegnata con la clitoride. Fremiti prolungati mi deliziano. Il suo dito, sporco del mio intimo piacere, me lo spinge in bocca

<Senti che buon sapore hai in Figa – e non manca di sottolineare… – Troia!> Tutto ciò mi eccita tantissimo. Per i capelli la porto con la bocca sulla Figa: <Lecca, vecchia figa slabbrata! Fermati solo quando sentirai la mia sborra colarti nella gola.> Faccio pressione sul suo capo che combacia perfettamente alla bagnolosa Fica.> Il godimento prende a impossessarsi di me.

<Che Dio ti benedica!> Trovo la forza di sussurrarle esausta. Dopo essermi dimenata e aver scalciato sotto i suoi precisi colpi di lingua. Che non si fermano neppure  quando i miei spruzzi le si abbattono sul viso.

La sua è una leccata profonda che va anche dietro… Mi fa impazzire. Un piacere così non lo avevo mai provato. Nuove sensazioni: caldo e brividi assieme. Un effetto fantastico!

Emozioni che vive pure Lei:

<Che bella troia ho trovato stasera – e mutando il tono – Di Figa ne hai già leccata?> Si accorge che le sue sono parole al vento. Comprende che l’appagante sfinimento ha, in me, seccato ogni eccitazione: continuare non ne vale la pena:

<Vengo a farmela leccare domattina. Ti sveglierà il buon odore della mia Figa appena pisciata… Ora vado a farmela leccare da Arturo (il marito)>

Si riveste. Il sonno mi sopraffà. Non la sento andarsene.

Ho vissuto proprio una giornata intensa.

Mi giro in posizione supina. Le mani stropicciano gli occhi.

Prepotente il sole ha invaso l’ambiente, dando un’aura di nobiltà a quella modesta stanza.

Ho dormito come un sasso. Chissà che ore sono? Non sono così brava da leggere l’ora nei raggi del sole.

Sono però brava nel fare tante altre cose. E mi sa che stanotte abbia dato una buona prova di me stessa. Immediatamente, la mente fa un ripasso del vissuto. Credo di essermi comportata bene e di aver ricevuto le medesime soddisfazioni. Quando se ne è andata Morena ha promesso che mi avrebbe svegliata lei, stamattina. Invece sono stata più brava io. Mi sono svegliata da sola. Mi giro su di un fianco per riprendere il sonno, interrotto dal mattutino sole. Dal bagno, il rumore dello sciacquone che butta acqua. “Cazzo! Lo segnalerò domattina al portiere.” Ma ecco che da quella porta esce Morena, tutta nuda.

<Te l’avevo detto, puttanella, che ti avrei dato il Buongiorno.> si sdraia di fianco a me.

Faccio quanto non mi è venuto di fare in tutta ieri per la confusa eccitazione che mi ha soggiogato: non l’avevo osservata attentamente. Lo faccio ora.

È una bella cinquantenne. Un corpo ben tenuto. Non una smagliatura. Non un filo di grasso. Tette sode. Una terza… Non molto alta. Capelli corti. Castani. Come gli occhi. Culo ben modellata. Figa nature. Una lingua che sembra una serpe.

Non ci diciamo nulla. Lei mi sfiora le tette e si mette a stuzzicarmi un capezzolo. Io continuo a fissare nella mia memoria questo corpo di femmina a cui ho voluto darmi. È lei che rompe il ghiaccio: <Mi dicevi… che non hai mai leccato una Figa.>

<È così, Tesoro>

<Dovrai imparare>

Non ho il tempo di pronunciare che sono ponta a cominciare da Lei che mi trovo la sua Figa, spalancata sulla bocca. Lei, mi è a cavalcioni sul volto. Qualche goccia del suo intimo me ne anticipano il sapore.

Con quanto mi ha dato la sua lingua stanotte mi sento inadeguata ma non mi tiro certo indietro. Cerco sicurezza ricordando quanto ricevuto e rifacendolo con l’entusiasmo che mi viene da questa iniziazione. Lecco… succhio… stuzzico la clitoride. Lentamente. Con foga passionale.

Lecco di punta… lecco a lingua spiegata come, fosse una vela… Il mare c’è. È il piacere che non tarda a raggiungerla. Sopra il mio viso si scatena la danza del godimento che la Figa tutt’aperta esegue con sussulti e sensuali movenze assieme al buchetto del culo. Un più marcato sobbalzo anticipa lo schizzo orgasmico che mi copre completamente il volto.

Non è finita. Lei mi lancia un ordine preciso: <Continua a leccare, Troietta.> Si piega in avanti e porta la bocca sulla mia Figa.

È festa grande per me. Partecipo al primo 69 al femminile della mia vita! Urliamo di gioia tutte e due… ci incitiamo… emettiamo gemiti… ci insultiamo. Viene un momento di grande concentrazione tra di noi.

Non siamo più nel primo mattino. Il sole che si è allargato in tutta la stanza ha reso ben calda l’aria attorno a noi. Il nostro movimentato amplesso la sta surriscaldando. La lingua di Morena s’è messa a curiosare attorno al mio buco del culo. Le sue dita si sono aggrappate alle chiappe per tenerle scostate. Un suo sputo centra con precisione il buco…. Una mano lascia la chiappa per accarezzarne il bordo. Lei mi fa: <Apriti… Troia…Rilassati.> Seguo le sue dritte. L’aiuto,,, Spingo come per cagare. Un dito scivola per metà nel culo: <Ti piace, puttanella>Non le dico nulla…Il dito si fa inghiottire completamente dalle lisce carni…Qui non riesco a trattenere un gemito di piacere. Lei pare infuriarsi. Urla: <E allora dillo. “Mi piace”… Troia!> Dito tutto dentro. Prende a scoparmi con quello.

<Sì,- Sì… Sììììì. Mi piace troppo.>

<E allora, vieni. Puttana!> Torna a gridarmelo.

<Vengooooo>!

Il sole spara i suoi raggi sul letto. Ci piace immaginare essere su due lettini in una spiaggia esotica sulla curva centrale del globo. Sicuramente là sarebbe tutt’un’altra cosa… Non abbiamo il canto dello sciacquio e il profumo salmastro. In compenso abbiamo quel buon odore che le nostre dita e lingue hanno estratto dalle reciproche fighe. <Un profumo più che esotico.> Specifica Morena, scorreggiando. Ridiamo di gusto.

Stiamo tropo bene lì. Decidiamo di non muoverci da quel letto. Oltretutto, fino a quel momento tra noi ci siam scambiati gemiti, mugugni, sospiri e qualche insulto di passione. Poche le parole. Più che altro han dialogato le nostre sudate fighe. Che ora sembrano volersi solo coccolare per conto proprio.

Siamo su di un fianco. Abbracciate. Le cosce incastrate in modo che le fighe si tocchino. Il folto pelo di lei mi trasmette un piacevole contatto che non potevo prima immaginare. Siamo serene. Abbiam voglia di parlare. Di conoscerci. Lei mi racconta del malanimo con cui si dà al ricco marito che le fa comodo avere. Tanto le lascia fare quello che vuole. Mi chiede di Alfio. Come mi dà il cazzo. Le racconto i particolari dei bocchini che gli faccio.

Il bocchino la eccita. Mi prende in bocca una tetta per far sentire come la sua lingua sbocchina le cappelle dei cazzi. Pretende poi da me la stessa dimostrazione. Finisce che ci facciamo un ditalino incrociato che, succhiandoci le tette, diventa eccitantissimo. Veniamo assieme, gridando.

<Adesso vediamo che livello di troia sei: lo prenderesti in bocca da uno sconosciuto?>

A qualcosa del genere non avevo mai pensato. Sicuramente non l’avrei mai fatto ma a Lei, ora che l’avevo conquistata, anche nel mondo reale, non potevo che dirle di sì. Una questione di orgoglio. Lei tira le conclusioni:

<Oggi ti porto al mare. Ad Ostia. A metà strada c’è un parcheggio…. lì ci fermeremo e staremo in auto abbracciate. Dopo poco vedrai che arriverà qualcuno a chiedere una prestazione sessuale. Tu dirai che fai solo pompini per 30 euro. Ti farai pagare, poi glielo farai. Dopo, io potrò considerarti una vera troia. Dormiremo ad Ostia e stanotte ti farò il mio regalo da vera troia.>

Il parcheggio è quanto più squallido si possa immaginare. Tre, sono in questo momento le auto ferme in cui si notano movimenti nell’abitacolo. Morena, ferma l’auto nel lato opposto. Mi abbraccia. Una mano sotto la gonna e me la tocca. Mi piace. Le dico <Dai…> Guadagno solo un-lingua-in bocca. Non passa un minuto che due nocche battono al vetro: <Ci ho 30 da spennere… Che se può fa?>

Come ha consigliato Morena, cerco di essere più professionale possibile:

<30 senza ingoio.>

<Se c’era l‘era méjo… mò se non se può… famo senza… Però mé fai venì>

Avrà una quarantina d’anni. L’aspetto è di uno che è in salute nel corpo ma non nel portafogli.

Mi sento di andargli incontro<Se vuoi ti faccio vedere le tette.>

<Anche toccare? Gratis?>

Morena, che mi sta seduta a fianco, sconsiglia. Faccio un compromesso: <Quello, solo una palpatina prima.>

<Fa vedé…> Intanto allunga il denaro. Inizia a slacciarsi i jeans. Io la camicetta. Morena mi appoggia una mano s’una coscia per solidarietà. Un provvidenziale marciapiede fa che non debba aprire lo sportello. Tutto può avvenire dal finestrino.

Cazzo! Armando… dice di chiamarsi così… a cazzo sta molto bene: di lunghezza normale ma di notevole grossezza. Avercelo in figa dovrebbe dare un grande sballo. Deglutisco.

L’uccello è tra le mie mani. Lo scornacchio. La cappella mi si presenta in tutta la sua autorevolezza delle forme… Gioia nelle tinte.

Il primo istinto che mi viene è quello di baciarlo. E così faccio, mentre fò scorrere su e giù la pelle del prepuzio. Armando dà il primo segnale di apprezzamento.

Lo infilo a fatica in bocca. È veramente grosso fuori misura!

Decido che il pompino glielo farò settore per settore.

Prendo in bocca prima il glande: corpulento ma che mi lascia il dovuto spazio ai movimenti della lingua. La punta di questa va a stuzzicare la corona che separa il prepuzio dal glande. Armando trema tutto. Le labbra sigillano la bocca attorno al cazzo. Lo pompo con decisione: <Maiala, ciuccia >.

Lo faccio con ritmo sempre in crescendo. La lingua imperversa sulla cuspide della cappella.

Cinque e diciassette secondi è quanto occorre ad Armando per emettere il primo schizzo di sborra (Cronometrato da Morena).

Prima che mi affoghi me lo tolgo dalla bocca e lo faccio sgocciolare sull’asfalto menandoglielo.

Con la prima marchetta incassata, sono anch’io una vera troia. Proprio una di quelle che ama aver accanto Morena.

<Mi hai fatto felice, Stella.> aggiungendo con uno sguardo ancor più intrigante – Ma io ti voglio ancor più vera. Come vorresti essere tu se avessi il coraggio di chiederlo…> Mi spiega che ad Ostia per noi non ci sarà la spiaggia… il mare. Ma una camera d’albergo in cui avverrà l’affinamento per divenire il top delle troie.

<Adesso però ci togliamo da questo lurido parcheggio. Vedo che laggiù si sta organizzando un manipolo di maschiacci. Non sarebbe una cosa tranquilla venire da questi circondate e cadere nelle loro mani. Soprattutto per due ragazze di buona famiglia come noi.> Ci ridiamo sopra. Accensione. Il buon rumore del motore che reagisce e ci avviamo all’ultima fase del suo progetto.

Dal mare spira fresco il ponentino. Sono sudata. Lo è altrettanto il corpo suo che sento dietro di me. Sono appoggiata al davanzale. Scruto la notte e mi godo l’ultimo atto dell’iniziazione Stringo le mascelle dal piacere che sto provando. Morena, quell’aggeggio sa veramente come usarlo. Mi ha appena fatto provare il massimo nella Figa ed è voluta andare oltre.

Anche questa per me è una novità. Me ne aveva parlato un’amica, forse lesbica. Mi aveva proposto un approccio virtuale Morena stessa. In ambedue i casi ne avevo disdegnato l’utilizzo. Innanzi al suo sguardo magnetico, pieno di libidine, mi ero sentita di dovere accettare.

In una pizzeria avevamo mangiato qualcosa svogliatamente. Lei era eccitatissima: voleva completare il percorso che mi avrebbe consacrata a essere una Vera Troia. Non vedeva l’ora di essere in albergo.

In stanza si era subito spogliata e preteso che lo facessi, subito! anch’io. Non un minimo di corteggiamento. Da un involucro che si è portata dall’auto, aveva tirato fuori uno strap-on: <Voglio chiavarti da uomo> mi aveva preannunciato.

Le dico che mi piace. Lo strap- on non l’avevo mai provato e, sinceramente, non essendo carne viva, pulsante, non mi attirava.

Mi attira, invece lei, con il suo ghigno e sguardo libidinoso.

Mi ero sdraiata. Lei se l’era infilato in Figa per poi venire su di me a farselo leccare. improvvisando un’ipotesi di 69. La sua lingua era andata in profondità convincendomi che sarebbe stato un viaggio godurioso anche con quello strumento artificiale. Mi ero aperta aspettandola.

<Voglio averti in pecora…Troia> e aveva sistemato cinghie e ganci che la rendevano ermafrodita. Mi aveva fatto piegare sul davanzale e mi aveva infilato il suo coso. Una donna straordinaria. Incisiva anche quale maschio, facendomi passar sopra al fatto di ricevere piacere da un cilindro di plastica. Le sue mani non erano rimaste inerti. Dai fianchi si erano trasferite alle tette limonando con passione. L’orgasmo l’ebbi assicurato.

<T’è piaciuto… puttana. – Faccio per baciarla ma lei severa. – Le puttane non baciano chi le chiava. E tu sei una puttana.>

Non capivo se fosse una pantomima oppure, avendo fatto il pompino allo sconosciuto, mi ero giocata la sua attrazione e relativo desiderio. Sto rimuginando questi pensieri che le sue mani mi spingono ancora nella posizione ad angolo retto contro il davanzale: <Ti faccio il culo. Ti pago e me ne vado>

<Il culo no. È vergine.>

<Non dirmi che Alfio non l’ha mai avuto>.

<È così. Insiste sempre ma non gliel’ho mai dato. Neppure con le dita. – Con un certo orgoglio – Io nel suo, quando glielo succhio, metto sempre il pollice.>

<Vorresti negarlo anche a me?>

L’avevo guardata con tutta l’angoscia che era in me, sperando in un suo bacio tranquillizzante.

Niente.

Uno schiaffo s’una natica e un morso s’una spalla per dirle:

<A te non posso negare niente. Prendimi come più ti piace.>

L’avevo sentita, veramente, dominante:

<Chiedimelo come va chiesto.>

<Inculami!> Mi ero piegata in avanti.

<Apriti… Troia> Avevo tenute, io stessa aperte le chiappe con, le mani. La sintetica cappella si era appoggiata al mio buchetto.

Avevo obbedito ai suoi ordini. Lo strap-on aveva conquistato centimetro su centimetro, il mio culo. Non mi ero lamentata del dolore e Lei aveva pienamente goduto i piaceri dello strap-on:

<Adesso puoi dire di essere una vera troia o puttana, se preferisci… Vieni… leccamela… che ho goduto anch’io> Si era sdraiata a gambe aperte.

Que sto mi aveva illusa che tutto sarebbe stato come il giorno prima. Che il resto della notte l’avrei trascorsa in coccole tra le sue braccia.

Mi ero impegnata e la mia lingua l’aveva fatta urlare a lungo di piacere. A quel punto aspettavo il bacio di ringraziamento. Normalmente avviene tra femmine che si leccano: il bacio del godimento avvenuto

Non era arrivato e Lei aveva cominciato a rivestirsi.

Alle mie rimostranze aveva risposto: <Le putane non si baciano. Si pagano.>

Sul tavolino aveva lasciato cento euro.

Il ragionier Merlanti aveva tirato su i boxer. Sistemato l’uccello. Io, dopo che glielo avevo sgocciolato… glielo avevo ripulito con la carta igienica. Erano state solo poche gocce. D’altronde non era poi tanto giovane. Era stata un’impresa farlo venire.

Aggiustato i calzoni, se ne va. Contento di aver speso bene i suoi trenta euro.

Posso continuare a dolermi dell’abbandono da parte di Morena. Era stata Lei, che per addolcirlo aveva divulgato nell’albergo il mio nuovo ruolo di puttana.

Il rag. Merlanti era stato il primo Mi manda Morena che aveva bussato alla porta.

Le Ferrovie Regionali di Roma mi stanno riportando in Città. Rovistando nella borsa mi capita tra le mani il biglietto di Margareth. Adesso che son proprio una puttana, ho tutte le carte in regola per andare ad offrirmi. L’obbiettivo: una comoda compagnia per finire la settimana a Roma.

Nella hall dell’Hotel Napoleon, Margareth mi punta da lontano e m’invita a pranzo con lei:

<Vedi – e mi mostra una confezione contenente un ovetto vibrante – stamattina sono uscita a comprarmi questo. Se no finisce che scoppio… Se accetti di stare con me fino a quando resterò a Roma, questo non dovrebbe servirmi più… Che ne dici?>

Non le rispondo. Prendo dalle sue mani la confezione dell’ovetto e lo infilo nella mia borsa: <Credo che di questo non ne avrai bisogno.>

Un brindisi e saliamo nella sua stanza per un confronto pratico tra le vibrazioni dell’ovetto e quelle della mia lingua.

<Mi starai accanto finché sarò in Italia?>

Accetto baciandola e sfilando le due dita con cui le avevo fatto sussultare il culo. Gliele faccio leccare e il nostro patto diventa operativo.

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